La Romania (ri)scende in piazza contro corruzione e crisi economica

Ai primi di ottobre, il Parlamento Europeo terrà una sessione plenaria per discutere sullo stato di diritto in Romania. Tale decisione, raggiunta dalla Conferenza dei Presidenti dei gruppi qualche giorno fa, arriva in risposta alle proteste che hanno infiammato diverse città rumene lo scorso agosto, svoltesi senza intoppi ovunque tranne che nella capitale, dove le forze di sicurezza hanno caricato la folla, provocando più di 400 feriti.

Queste manifestazioni sono solo l’ultimo esempio di un’ondata di proteste che anima il Paese da inizio 2017, qualche mese dopo la vittoria del Partito Social-Democratico (PSD) alle elezioni parlamentari. Da subito, il nuovo esecutivo (una coalizione tra PSD e liberali dell’ALDE) si è contraddistinto per alcune misure controverse, come la depenalizzazione o decriminalizzazione di reati quali corruzione e abuso d’ufficio e provvedimenti che limiterebbero l’indipendenza del potere giudiziario: per molti, in Romania e in Europa, si tratta di un tentativo di proteggere diversi esponenti politici dai procedimenti a loro carico.

Il governo ha inoltre condotto una vera e propria battaglia contro Laura Codruța Kövesi, procuratrice capo della  Direcția Națională Anticorupție (DNA, l’autorità nazionale anti-corruzione), figura che aveva raggiunto un grado di popolarità straordinario e aveva già avviato indagini contro figure di spicco, tra cui l’ex primo ministro Victor Ponta.

La rimozione di Kövesi dal suo incarico, ordinata dal Ministero della Giustizia e avvenuta lo scorso luglio, non ha scoraggiato i manifestanti: sempre più voci, dalle piazze e dai partiti d’opposizione, si sono levate per protestare contro un sistema politico ed economico poco trasparente, che coinvolge tutti i settori della pubblica amministrazione a ogni livello. Lo scandalo tocca molto da vicino lo stesso governo, con il primo ministro, Viorica Dăncilă, ritenuta dall’opposizione un burattino del leader del PSD, Liviu Dragnea. Dragnea, già primo ministro, è attualmente presidente della Camera dei Deputati. È anche sotto processo per istigazione all’abuso d’ufficio e interdetto dalla carica di primo ministro per una condanna nel 2012.

Conflitti istituzionali

Le tensioni sono acuite da un acceso contrasto con il presidente della Repubblica, Klaus Iohannis: poiché la Romania è una repubblica semi-presidenziale, non è raro che si verifichino casi di ­divided government, in cui presidenza della repubblica e presidenza del Consiglio sono controllate da esponenti di partiti rivali.

Proprio in occasione delle proteste estive, in molti nelle piazze si aspettavano una reazione ferma da parte di Iohannis: egli, tuttavia, pur schierandosi con le opposizioni nel condannare l’intervento della polizia e auspicando un ritorno al dialogo, si è tutto sommato tenuto in disparte, limitandosi a un laconico post su Facebook, che appare del tutto insufficiente di fronte alla gravità degli eventi. Le circostanze degli avvenimenti del 10 agosto non sono ancora state completamente chiarite: la sindaca di Bucarest, Gabriela Firea (anch’essa del PSD) ha attribuito la responsabilità alla ministra dell’interno Dan, la quale sostiene invece che sia stato il prefetto della capitale, Speranţa Cliseru, a dare l’ordine.

Tra fragilità economica e insicurezza sociale

La corruzione sistemica non è l’unica causa scatenante delle proteste che periodicamente agitano la Romania; la crisi economica, che ha colpito il Paese nel 2008 e che ancora fa sentire i suoi effetti, esacerba il malcontento e la sfiducia nelle istituzioni.

Il PIL registra tassi di crescita superiori al 3% dal 2013, principalmente dovuti a un aumento dei consumi e della spesa pubblica; nel 2017 il tasso di crescita annuale ha sfiorato il 7%, mentre gli ultimi dati per il secondo trimestre del 2018 (YoY) si aggirano intorno al 4%. Le manovre espansive adottate dal governo, tuttavia, hanno provocato un aumento del debito pubblico e attirato l’attenzione della Commissione Europea, che potrebbe avviare una procedura d’infrazione contro Bucarest se il deficit fosse superiore al 3%. L’esecutivo è stato dunque costretto a ridurre – ma solo in parte – la spesa pubblica; anche i consumi, d’altro canto, hanno subito un rallentamento, rendendo le previsioni sulla crescita futura meno rosee che in passato.

A oggi, circa un quarto della popolazione vive in stato di povertà; questo è sicuramente uno dei push factors che negli ultimi anni hanno portato a un aumento esponenziale dell’emigrazione. L’Istituto Nazionale di Statistica rumeno stima che circa 2 milioni e mezzo di persone abbiano abbandonato il Paese negli ultimi dieci anni, prevalentemente per cercare impiego: il Paese ha perso il 20,6% della popolazione in età lavorativa, dato che sale al 26,6% per i laureati. Le rimesse della cosiddetta diaspora rumena (3,6 milioni di persone che vivono all’estero, stando ai dati ONU del 2017) ammontano a circa 3,5 miliardi di euro, quasi il 2% del PIL.

Il tasso di disoccupazione sorprendentemente basso (4,9% nel 2017) è evidentemente il prodotto di questo flusso inarrestabile, nonché di un tasso di partecipazione al mercato del lavoro (la percentuale di popolazione attiva attualmente impiegata o in cerca di occupazione) inferiore al 50%.

Pessimismo e fiducia nell’Europa

Ciò che più colpisce è la percezione che la cittadinanza sembra avere delle condizioni in cui versa il Paese. Gli ultimi dati dell’Eurobarometro, risalenti a marzo 2018, parlano di una popolazione scoraggiata, poco propensa a vedere una via d’uscita dalla crisi economica, soprattutto in confronto al resto dell’Unione Europea. Il 71% dei cittadini rumeni (contro il 47% della media UE) valuta la situazione economica attuale come “molto negativa”; le aspettative per il futuro sono altrettanto scarse, dato che solo un cittadino su quattro si attende dei miglioramenti, mentre il resto ritiene che la situazione rimarrà invariata (40%) o peggiorerà (34%). Proprio le questioni economiche – l’aumento dei prezzi, la disoccupazione e la situazione economica, seguite a breve distanza dalla sicurezza sociale – sono prioritarie per la popolazione rumena; l’immigrazione (tra i temi caldi dell’agenda di Bruxelles) si colloca in fondo alla lista.

 

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Fonte: Eurobarometro, marzo 2018

Mentre la sfiducia nelle istituzioni nazionali ha raggiunto livelli allarmanti (tre cittadini su quattro dichiarano di non nutrire fiducia nei confronti del Parlamento e del governo), le istituzioni europee godono di maggior stima: in controtendenza rispetto alla media europea, la maggioranza della popolazione (il 52%, contro il 42% nel resto dell’Unione) afferma di fidarsi dell’UE. Un dato che sembrerebbe accordarsi con gli slogan delle ultime proteste: una folla desiderosa di portare a compimento la “rivoluzione” del 1989, liberando il Paese dai lasciti della dittatura di Ceaușescu per legarlo indissolubilmente all’Europa e alla NATO.

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Fonte: Eurobarometro, marzo 2018

La strategia del PSD

Alle prese con una situazione economica e politica in rapido deterioramento, il PSD ha spesso attuato misure sociali destinate agli strati più deboli della popolazione, come i pensionati, dettate più da incentivi elettorali che da una pianificazione di ampio respiro: proprio queste spese gravano ora sulle casse statali, senza che, peraltro, i problemi strutturali siano stati risolti. Intanto, la battaglia politica per accertare le responsabilità del 10 agosto continua, con un ulteriore fattore d’incertezza: l’anno prossimo si svolgeranno le elezioni presidenziali, e Liviu Dragnea, incandidabile alle elezioni parlamentari, potrebbe però concorrere per questa carica.

In quest’ottica, resta da capire se il PSD, screditato dai suoi tentativi di riformare il sistema della giustizia e dalla performance dei suoi governi, riuscirà a recuperare il consenso perduto, e se le opposizioni saranno capaci di proporre un’alternativa credibile. Altrettanto importante sarà la diaspora rumena, che negli ultimi anni ha giocato un ruolo chiave nell’animare le proteste contro il governo: lo scorso agosto, migliaia di emigrati hanno fatto ritorno da tutta Europa e dall’oltreoceano per fermare quella che percepiscono come la deriva del Paese, vittima di una classe politica avida e disonesta. Alle elezioni, che si terranno a fine 2019, manca ancora più di un anno, ma la partita è già aperta. Il presidente uscente ha confermato che si ripresenterà alle urne: indubbiamente, lo scontro con l’esecutivo, alimentato dagli eventi di agosto e riaccesosi proprio in questi giorni sull’approvazione del bilancio, sarà il terreno di prova ideale per la competizione elettorale.

Fonti e Approfondimenti:

Balkan Insight, “Romanian Criminal Code Changes Intensify Rule-Of-Law Fears”, 19/06/2018

Balkan Insight, “Romanian Diaspora Plan Corruption Protest Despite Ban”, 20/07/2018

BBC, “Romania protests: Thousands hold fresh rallies after clashes”, 11/08/2018

Biziday, “Peste 120 de mii de persoane au protestat în toată țara. La București, manifestațiile au fost marcate de violențe extreme și bătăi de stradă. Jandarmeria a intervenit în forță.”

Business Review, “European Commission warns Romania for significant deviation of public deficit in 2017, demands measures to cap budget expenditure”, 23/05/2018

Commissione Europea, “Assessment of the 2018 Convergence Programme for Romania”, 23/05/2018

Cotidianul.ro, “Câți români au plecat de fapt din țară”, 18/05/2017

Euronews, “Romania protests ‘a failed coup’ says head of ruling party”, 22/08/2018

Politico, “Anti-corruption body slams Romania’s justice and criminal law reforms”, 11/04/2018

Politico, “Democracy under siege in Romania”, 13/08/2018

Politico, “Romanian diaspora’s anti-government protest turns violent”, 11/08/2018

Reuters, “European body says Romania court changes undermine independence”, 13/07/2018

Romania insider, “CVM report: Challenges to Romania’s judicial independence, serious source of concern”, 15/11/2017

Romania Insider, “EC leaders urge Romania to open up the debate on justice laws”, 25/01/2018

Romania Insider, “European Parliament discusses Romania’s situation in plenary session”, 07/09/2018

Știrile Pro TV, “Războiul declarațiilor în PSD. Ce spune Carmen Dan, după ce a fost acuzată de Gabriela Firea”, 05/09/2018,

 

Dati:

Dati macroeconomici:

Per i dati sull’emigrazione:

Per i dati sugli occupati:

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