Non è certo una notizia che il sistema economico americano basi la sua crescita esponenziale sui venture capitalist e che gli investimenti siano di conseguenza liberi di essere diretti ovunque ci sia profitto, spesso cambiando nel giro di pochi minuti. È sicuramente interessante però notare la direzione geografica che il mondo privato sta dando a questa montagna di denaro.
Se analizziamo in serie storica la direzione degli investimenti privati su una mappa ci sembrerà di vedere delle previsioni del tempo. Gli investimenti infatti sono sempre partiti da alcuni punti di maggiore ricchezza, New York su tutti, e poi si dirigono verso determinate aree dove si concentrano e formano dei “cicloni” di investimenti che influenzano una determinata area.
In passato, e in particolare negli anni ’80 e ’90, vi erano molti di questi cicloni sugli Stati Uniti. Quattro di questi erano sicuramente quello Californiano, con le prime industrie I-Tech, quello concentrato sulla Florida, quello su New York e quello che girava sul MidWest.
La regione dei Grandi Laghi era il centro dell’industria automobilistica americana e spingeva il progresso in particolare sotto il profilo della “ricerca e sviluppo“, infatti in questo luogo prima di tutti gli altri università e aziende hanno unito il proprio lavoro creando un fortissimo sviluppo. A partire dal 2008 però qualcosa è cambiato in questo afflusso di denaro.
La fortissima sofferenza delle aziende del Midwest insieme all’incredibile moltiplicatore che gli investimenti ricevono nell’area I-Tech in California e nella zona di New York con la finanza, hanno attirato tutte i venture capitalist verso le regioni della costa. Questo ha impoverito grandemente l’area che, di conseguenza, ha consegnato a Trump la casa Bianca. Cerchiamo di capire meglio gli altri fattori di questa situazione, analizziamo se il presidente ha cambiato qualcosa e quale può essere una soluzione.
Il tradimento del capitalismo
Il principio dei venture capitalist, come spiegano al Brookings Institute, ha sempre avuto al suo interno questo rischio. Quando non è il governo a controllare gli investimenti e a direzionarli ci si espone sempre a questa eventualità: se una compagnia per ogni dollaro investito ti fornisce un guadagno del 1000% in tre settimane non rimani ad investire in un’industria che ti fornisce un guadagno del 120% in 3 anni.
Le amministrazioni federali Obama nelle vicessitudini post crisi hanno puntato a rilanciare l’economia americana in toto e non guardando alle singole regioni. Per aiutare gli investimenti sono stati fatti sgravi fiscali e il cosidetto fiscal stimulus su base federale e non regionale e questo ha portato alla ricostruzione della fiducia dei venture capitalist. Sebbene gli investimenti siano ripartiti, questi investitori si sono fatti attirare dai progetti migliori lasciando in grande difficoltà alcune regioni.
La cosa forse più interessante però guardando i dati è che il Mid West resta comunque un grande produttore di ricchezza a livello nazionale e infatti fornisce moltissimo capitale a quegli stessi venture capitalist che lo tradiscono. Va infatti spiegato che la maggior parte dei fondi provengono dai cittadini, con i loro fondi pensione, dalle università, che hanno moltissimi fondi derivati dalle rette e dalle varie fondazioni, le quali sono tipicamente legate dalle company a proprietari terrieri. Per ricapitolare dunque i venture capitalist nonostante siano foraggiati costantemente dal Midwest esportano questi fondi in altre regioni americane impoverendo il territorio.
Va sottolineato infatti che la povertà portata da queste decisioni si fa sentire soprattutto sulle classi meno abbienti, sui giovani e sulla classe media. Coloro che hanno capitali e coloro che hanno dei forti sistemi di protezione privati, invece, approfittano della situazione perché gli investimenti sulle coste fatti dai fondi sono molto redditizi. Questo ciclo quindi aumenta ancora di più il vortice delle disuguaglianze.
E Trump che fa?
Nonostante gli operai della General Motors abbiano votato Trump allo stesso modo dei minatori di carbone, sembra non sia stata scelta un’ottima tattica per fermare il salasso dall’entroterra verso le coste. Il presidente possiamo dire che abbia provato a fare qualcosa, ma il suo team di economisti sembra aver sbagliato tutte le mosse.
Le due grandi riforme portate avanti dalla Casa Bianca sono state la riforma delle tasse e i dazi doganali. Le due misure hanno avuto dei risultati contrari a quelli che servirebbero per fermare questo processo. Il primo risultato è stato quello di detassare i fondi di investimenti fornendo ancora più capitale da investire, ma non si è in alcun modo disincentivato l’investimento verso le coste, che sia New York o che sia Cupertino.
I dazi invece hanno completato il dramma disincentivando ancora di più l’investimento nelle compagnie del Midwest. Le tariffe e la cosidetta guerra commerciale ha infatti creato molta insicurezza, gli investitori si sono dovuti chiedere che cosa fosse meglio tra posizionare capitale sulle coste dove i rendimenti si abbassavano ma restavano sicuri o investire nelle aziende della regione dei Grandi Laghi. Queste infatti avrebbero potuto godere di una più ampia fetta di mercato riconquistato alle firm straniere, tassate dai dazi, ma non vi è certezza e l’incertezza, si sa, porta rischio, il quale disincentiva gli investimenti.
Una possibile soluzione
Molti hanno cercato di proporre soluzioni a questi problemi, mentre soprattutto alla Casa Bianca, gli economisti che guidano i team del presidente, tutti provenienti dall’era Reagan, assicurano che il mercato si riquilibrerà da solo.
Alcuni centri hanno proposto invece soluzioni più incisive della mano invisibile di stampo liberista, la proposta più facile sarebbe chiaramente quella di un massiccio intervento statale per riequilibrare la situazione. Aspettarsi questo da un’amministrazione come quella di Trump è chiaramente improbabile e bisogna ammettere che, tolta una possibile amministrazione Sanders, difficilmente un presidente promuoverebbe un piano che incida così sull’investimento privato. Come si dice da quelle parti “sarebbe anti-americano”.
La proposta più seria e forse percorribile è stata quella del Fondo dei fondi del Midwest. Il ragionamento alla base di questa proposta è il fatto che tanti piccoli fondi non trovano molto conveniente investire nella regione dei Grandi Laghi perché gli interessi non sono al livello di quelli della costa. Qui si pone però una domanda: e se gli investimenti fossero così massicci da raggiungere e superare anche con un tasso più basso lo stesso livello di entrate della costa? La speranza dunque sarebbe di concentrare tutti gli investimenti, metterli in mano di broker esperti del territorio e farli fruttare arricchendo la regione stessa.
Nonostante le soluzioni complesse e le difficoltà di influenzare un sistema economico che vede alla sua base un principio liberista praticamente senza freni, va notato quanto il livello delle disuguaglianze a livello territoriale sia completamente fuori dalle valutazioni di tutti gli establishment di partito.
Il problema più importante a livello nazionale è infatti la totale concentrazione della politica economica sulla situazione delle companies e non sul continuo e inarrestabile impoverimento di queste aree.
Fonti e approfondimenti:
1) Brookings, John C. Austin, Midterms showed that Midwestern economic performance could decide 2020 race, 22 Gennaio 2019.
2)Brookings, Greg Bjork, Development of a strategic plan for a Great Lakes venture fund, 4 Giugno 2019.
3)New York Times, Kevin Rose, “Silicon Valley is over” says Silicon valley, 4 Marzo 2018.
4) New York Times, Mihir A. Desai, “Why You Should Root for the Uber I.P.O. to Fail“, 9 Maggio 2019.
5) Economic Policy Institute, John Schmitt, Elise Gould, and Josh Bivens, America’s slow-motion wage crisis, 13 Settembre 2018.
Be the first to comment on "Gli investimenti negli USA puntano il mare"