Ricorda 1879: la Conquista del Deserto e la fine degli indigeni argentini

Lo Spiegone

Il 14 agosto 1878, il presidente argentino Nicolás Avellaneda si presentò davanti al Parlamento della nazione per far sì che venisse approvata la Legge 23 agosto 1867. Questa legge mirava a realizzare l’occupazione della parte di territorio fino al fiume Río Negro per estendere, e in seguito delimitare, i confini dell’Argentina. Nell’ottobre dello stesso anno, il Parlamento autorizzò un investimento di 1 milione e 600 mila pesos argentini per finanziare la spedizione. Iniziava, così, quella che venne denominata Conquista del Desierto. Nel 1879, con la seconda spedizione del generale Julio Argentino Roca, si toccò l’apice della violenza.

A dispetto della denominazione, si presentò subito una questione, anzi due: quel territorio non era affatto desertico – in quanto ricco di risorse naturali – e tanto meno era privo di popolazione – in quanto abitato da numerosi gruppi di popoli originari. 

I precedenti

Il 9 luglio del 1816 l’Argentina, ancora sotto il nome di Provincias Unidas de Río de la Plata, dichiarava l’indipendenza dalla corona spagnola durante il congresso di Tucumán. Oltre all’assetto da dare al nuovo Stato, l’altro grande problema riguardava la definizione dei confini, non solo con quelli che sarebbero stati i futuri Uruguay, Cile e Paraguay, ma anche con le popolazioni indigene – i pueblos originarios – allora ancora numerose.

Tra il 1833 e il 1834, l’allora presidente Juan Manuel de Rosas iniziò la prima campagna contro i popoli indigeni. La campagna ebbe l’appoggio politico e militare delle province di Córdoba, San Luis, San Juan e Mendoza, ma soprattutto quello economico da parte dei grandi proprietari terrieri preoccupati dalle incursioni indigene nelle “loro” proprietà. Juan Manuel de Rosas strinse patti con alcune popolazioni indigene che lo aiutarono nella battaglia, fu brutale invece con quelle con non riuscì a convincere.

Secondo il report che lo stesso Rosas presentò al governo di Buenos Aires, il saldo contava 3200 indigeni morti e 1200 fatti prigionieri.

Per la consolidazione dei confini dello Stato nazionale, tuttavia, mancavano ancora dei territori. A nord – con la sconfitta del Paraguay contro Argentina, Impero del Brasile e Uruguay nella guerra de la Triple Alianza (1864-1870) – l’assetto del Paese si era stabilizzato. A sud, però, la Patagonia e la Pampa erano ancora abitate da numerose popolazioni originarie e il territorio era conteso anche dal Cile che ne reclamava i possedimenti.

Il governo di Nicolás Avellaneda (1874-1880), attraverso il ministro della guerra Adolfo Alsina, spinse affinché il Parlamento approvasse l’estensione della frontiera a sud della Provincia di Buenos Aires. Il piano di Alsina era di installare villaggi e fortini, costruire una linea telegrafica e scavare attorno a questi una grande fossa – conosciuta con il nome di “zanja de Alsina”, il fosso di Alsina – per evitare che gli indigeni riuscissero a portare via il bottino conquistato.  Quando Alsina era riuscito a conquistare 56 mila chilometri quadrati di territorio, morì lasciando il posto al giovane generale Julio A. Roca.

La Conquista del Deserto

Obiettivo dichiarato del generale Roca era quello di far arrivare la frontiera argentina fino al Río Negro, eliminando tutte le popolazioni originarie che si fossero opposte e sottomettendo le restanti al fine di “rieducarle”. Come abbiamo visto nell’introduzione, per finanziare la campagna vennero stanziati 1 milione e 600 mila pesos. Le incursioni iniziarono alla fine del 1878.

Nel 1879, Roca riuscì a riunire un esercito composto da 6 mila uomini organizzati in 5 divisioni che partirono da distinte zone dell’Argentina. La spedizione al Rio Negro si realizzò tra aprile e luglio del 1879. La prima colonna, inizialmente sotto il comando di Rocapartì da Carhué per convergere a Choele Choel. Anche il colonnello Nicolás Levalle partì da Carhué, ma con la sua divisione si diresse a Trarú Lauquen, nell’attuale provincia de La Pampa. Da Villa Mercedes verso Poitahué, invece, mosse Eduardo Racedo. Le ultime due divisioni erano capitanate da Napoleon Uriburu e Hilario Lagos.

Il 25 maggio 1879 si consolidò il fianco sinistro del Río Negro e da lì venne preparato l’ultimo atto della conquista. L’11 giugno le truppe di Roca giunsero fino ai fiumi Limay e Neuquén. Pochi giorni dopo Roca dovette tornare a Buenos Aires per chiedere al Parlamento rifornimenti per le proprie truppe; da lì a poco, inoltre, sarebbe stata  lanciata la sua candidatura da presidente alla guida del Partido Autonomista Nacional. Il confine, nel frattempo, era stato conquistato. Diventato presidente nel 1880, Roca lavorò per spingere la campagna anche a sud  del Río Negro. In questa operazione venne rimpiazzato al comando dai generali Conrado Villegas e Lorenzo Vintter che ottennero la resa definitiva degli indigeni nel 1885, anno in cui il capo Mapuche Valentin Saihueque entrò da prigioniero nella città di Buenos Aires.

Il report ufficiale della Comisión Científica che accompagnò l’esercito argentino dichiarò che  circa 14 mila indigeni erano stati uccisi o fatti prigionieri durante la campagna di Roca. Lo stesso Roca precisò che erano stati uccisi durante gli scontri 1300 indigeni, mentre erano stati imprigionati circa 10 mila e 500 tra donne e bambini; la stessa sorte era toccata ad altri 2300 guerriglieri. Altre fonti riportano numeri ancora più alti.

L’altra campagna

La conquista della frontiera non era il tema più urgente né il più importante del periodo. I popoli originari, nonostante qualche scorribanda al di là del fiume, vivevano nei loro territori con le proprie regole, senza pretese su ciò che, comunque, gli era stato strappato tempo prima.

Non è un caso, dunque, che per l’operazione della Conquista del Deserto – ovvero l’uccisione, la cattura e la “rieducazione” dei popoli originari – politici, giornalisti e grandi proprietari terrieri dovettero mettere in piedi una massiccia propaganda per giustificarsi agli occhi dei cittadini. E non è un caso che  il 1879 fosse stato l’anno più intenso dal punto di vista della bibliografia in merito – di carattere politico, militare, scientifico, religioso, giornalistico e fotografico.

Quella che venne chiamata Conquista del Deserto non si riduce solo all’avanzata di un esercito, ma include anche una campagna precedente che implicò diversi messaggi al Congresso nazionale. Discorsi, leggi, decreti, risoluzioni, messaggi e proclami ebbero probabilmente un impatto più forte delle azioni strettamente belliche.

C’è poi da considerare la serie di patti, trattati e accordi con le tribù che vennero sconfitte, tra di loro molto diverse: salineros, ranqueles, puelches, pehuenches, huiliches, manazaneros, tehuelces y onas erano solo alcune di quelle che vivevano tra la pampa e il territorio patagonico.

Questi patti rimandavano a loro volta a un sistema di redistribuzione di indigeni che lo Stato argentino ideò per i suoi prigionieri di guerra, durante e dopo la conquista. In qualità di prigionieri – indigeni combattenti, prigionieri non combattenti, indigeni consegnatisi volontariamente, famiglie di indigeni – rappresentarono più avanti una parte importante della popolazione della città di Buenos Aires.

Nei giornali del tempo – La Prensa, la America del Sur o El Nacional – non si discuteva sulla necessità di sottomettere o meno gli indigeni, ma sulle condizioni con cui questi indigeni dovevano essere “incorporati alla società”: come dovessero essere “civilizzati” e come doveva essere portato avanti questo compito. Questa “incorporazione” era, ovviamente, una forma di sottomissione, non di integrazione.  Per essere “educati” al mondo moderno, molti passavano per carceri come quella di Martín García, Valcheta o Chichinales. Qui venivano addestrati per lavorare nel diverse industrie o come addetti al servizio domestico.

Conclusioni

La Conquista del Deserto non fu una semplice battaglia per contendersi degli appezzamenti di terra, anche se ovviamente il fattore economico fu determinante per la scelta di intervenire. In quegli anni si ripeté lo scontro di civiltà già vissuto all’epoca di quella che viene erroneamente chiamata “scoperta dell’America”: i popoli originari che un tempo vennero sottomessi e quasi sterminati dall’invasione spagnola e portoghese, videro la storia ripetersi, con conseguenze che ancora si fanno sentire nella loro condizione del XXI secolo. 

Lo Stato argentino aveva finalmente concluso il suo passaggio verso la modernità. A pagare il prezzo più alto furono, ancora una volta, le popolazioni che a quei territori appartenevano.

 

Fonti e approfondimenti:

Claudia Torre, Literatura en tránsito: la narrativa expedicionaria de la Conquista del desierto, Prometeo Libros, 2010

La otra campaña del desierto contra los pueblos originarios

La verdadera historia detrás de la llamada “Campaña del Desierto”, AnnurTV, 17/07/2018

Conquista del desierto: ¿exterminio indígena?, Mapuch.info, 25/08/2004

Florencia Rodriguez, La “Campaña al Desierto”, conquista y robo, La Izquierda Diario 18/04/2018

Felipe Pigna, “La conquista del desierto”, El Historiador

Francesco Betrò, L’Altra America Argentina, Lo Spiegone 27/07/2019

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