L’intesa tra l’Unione europea e la Turchia sembra ormai un lontano ricordo. Nonostante le istituzioni europee si trovino in questi giorni a far fronte a una delle più grandi crisi della storia dell’Unione, quella originata dalla pandemia di Covid-19, un’altra emergenza proveniente dal mar Mediterraneo sembra destinata a causare non pochi problemi. Il governo di Atene ha denunciato l’intenzione della Turchia di perseverare nell’attività di trivellazione illegale all’interno della zona economica esclusiva (ZEE) al largo dell’isola di Cipro. L’annuncio è solo uno dei tanti campanelli d’allarme della Turchia che, negli ultimi anni, ha dimostrato di non dare peso ai richiami della comunità internazionale e alle minacce di sanzioni economiche, continuando la propria attività nel Mediterraneo orientale in violazione del diritto internazionale.
La Turchia torna a preoccupare l’UE. Gli interessi di Ankara nel Mediterraneo non si limitano alla zona orientale, come dimostrato dalla recente firma di un accordo con il governo di Tripoli di Al-Serraj. Contemporaneamente, la decisione del governo turco di rilasciare migliaia di migranti ai confini con la Grecia nei primi mesi del 2020 ha ricordato all’Unione e all’opinione pubblica che la gestione dei migranti provenienti dalla Siria è tutt’altro che sotto controllo.
La ZEE di Cipro e gli interessi della Turchia
Domenica 19 aprile, il ministero della Difesa turco annunciava senza mezzi termini che due navi perforatrici e due navi da ricerca battenti bandiera turca avrebbero continuato la loro attività nel Mediterraneo orientale. Sottolineandone la legittimità, il ministero ha evidenziato il fatto che la presenza delle navi in quell’area del Mediterraneo ha un valore strategico per la sicurezza, e che quindi né Cipro né l’Unione avrebbero dovuto interferire. La reazione europea non ha tardato ad arrivare e, attraverso una dichiarazione del ministero degli Esteri greco, l’UE ha condannato le azioni turche definendole illegittime e spregiudicate. Le aree di cui stiamo parlando sono quelle a nord-ovest di Cipro, in un punto in cui la ZEE e la piattaforma continentale di Cipro sono state concesse in licenza alle compagnie energetiche europee, Eni e Total.
La querelle tra l’Unione europea e le sue compagnie energetiche e la Turchia non è nuova e si inscrive in un quadro più ampio e complesso emerso quando, nel 2011, Cipro annunciò di aver trovato dei giacimenti di gas naturale nelle sue acque territoriali. Attualmente l’area è divisa in vari blocchi di sfruttamento delle risorse assegnati a compagnie europee, israeliane o egiziane, o di competenza esclusiva della Repubblica di Cipro. La controversia con la Turchia riguarda il versante settentrionale dell’isola e l’area marittima che l’isola condivide con la costa meridionale turca.
Secondo Bruxelles e Nicosia quella è parte della ZEE cipriota, e quindi i Paesi UE dovrebbero avere l’esclusiva sulle trivellazioni e la pesca. Invece, la Turchia ritiene che quell’area faccia parte della ZEE di Cipro Nord, la parte dell’isola il cui governo è riconosciuto solo da Ankara, e afferma quindi di avere il diritto di praticarvi attività come la trivellazione o l’esplorazione. Nel maggio 2019, la situazione è degenerata in seguito alla dichiarazione del governo di Ankara di aver ceduto in licenza la piattaforma continentale turca (che corrisponde con il blocco nord della ZEE di Cipro appunto) a una compagnia energetica turca, la Turkiye Petrolleri. Il governo ha anche dichiarato di considerare le azioni europee e gli accordi unilaterali tra Cipro e altri Stati come violazioni dei diritti dei turchi e dei turco-ciprioti.
L’avvio delle esplorazioni turche ha fatto infuriare Atene e Nicosia, stanche di dover far fronte alla minaccia turca senza un supporto concreto da parte delle istituzioni europee. Nel mese di giugno è stata allora diffusa una nota congiunta dei leader europei nella quale si condannavano le iniziative turche nelle acque cipriote e si sosteneva che l’Unione avrebbe preso dei provvedimenti seri se Ankara non avesse cambiato atteggiamento. A questo punto preme ricordare che la reticenza delle istituzioni europee a intervenire con misure drastiche contro la Turchia deriva dal fatto che l’equilibrio della zona è fondamentale per il piano di diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico dell’UE.
Tutti i tentativi di mediazione diplomatica dell’UE per convincere la controparte a rispettare il diritto internazionale si sono rivelati dei buchi nell’acqua. La Turchia ha continuato le esplorazioni e le trivellazioni nell’area settentrionale dei blocchi e Nicosia, stanca di doverla affrontare da sola (con il solo supporto diretto di Atene), ha annunciato che avrebbe imposto il proprio veto sull’ingresso di nuovi Stati nell’Unione finché Bruxelles non si fosse decisa a intervenire in sua difesa contro Ankara. In risposta alle pressioni, il Consiglio dei ministri degli Esteri ha approvato, l’11 novembre 2019, un pacchetto di sanzioni contro la Turchia. Tra le altre misure, il Consiglio ha approvato la precedente proposta di riduzione dell’assistenza preadesione di cui la Turchia gode in quanto Stato candidato all’adesione. Un altro passo indietro nelle relazioni tra l’UE e la Turchia, i cui rapporti non sono mai stati così freddi dal loro inizio, cioè dalla firma del trattato di associazione CEE-Turchia nel 1963.
La questione cipriota e la sua rilevanza nei rapporti Bruxelles-Ankara
La disputa tra Nicosia e Ankara sulle zone di esplorazione e trivellazione nel Mediterraneo orientale si inscrive nella più ampia questione cipriota, che dal 1974 esercita un peso notevole sulle relazioni euro-turche. L’isola è infatti divisa in due dalla cosiddetta “linea verde”, che separa l’area amministrata dalla Repubblica di Cipro, abitata dalla comunità greco-cipriota e riconosciuta dalla comunità internazionale, da quella della Repubblica Turca di Cipro Nord, abitata dai turco-ciprioti.
Da oltre 40 anni a Cipro convivono due governi, separati da una zona cuscinetto controllata da una missione di peacekeeping delle Nazioni Unite (UNFICYP), fortemente criticata per non aver avuto successo nel facilitare i dialoghi tra le due fazioni. Delle aree di influenza britannica sono ancora presenti, lascito dell’epoca in cui l’isola era di dominio britannico. L’ultimo tentativo di negoziazione nel 2017 è stato un fallimento, così come il grande Annan Plan voluto dall’ex segretario generale delle Nazioni Unite nel 2004. Da allora, Nicosia è l’unica capitale europea ancora divisa da un muro e da posti di blocco, una sorta di Berlino degli anni del Muro.
Oggi si sa che una risoluzione della questione avrebbe sicuramente cambiato le sorti della Turchia in Europa. Nonostante le trattative per l’ingresso della Turchia nell’UE vengano rimandate per tante cause, la normalizzazione dei rapporti tra Ankara e Nicosia sarebbe stata un incentivo positivo. Da quando il Consiglio europeo di Helsinki aprì formalmente i negoziati con la Turchia nel 2005, nessun governo o maggioranza ha mai deciso di sacrificare Cipro Nord e i turco-ciprioti in nome di ambizioni europeiste. Anche se da allora ci sono stati momenti in cui la riapertura del dialogo è sembrata possibile, come dopo l’elezione dei presidenti greco e turco-cipriota Anastasiadis e Akıncı (noti per essere leader ragionevoli e disponibili al confronto), il deterioramento dei rapporti è andato avanti inesorabilmente. Cipro ha più volte posto il veto sui capitoli negoziali della Turchia.
L’Unione europea deve ridefinire la propria linea nei confronti della Turchia
Da quanto detto finora risulta evidente che l’Unione debba necessariamente adottare una nuova strategia di dialogo con la Turchia, in nome della sicurezza del suo fianco orientale e di quella di tutto il Mediterraneo. Infatti, la crescente disillusione nei confronti del “sogno europeista”, il crescente autoritarismo del presidente Recep Tayyp Erdoğan e il suo cosiddetto neo-ottomanesimo hanno alzato uno spesso muro ai confini con l’Europa. L’Unione non può permettersi un vicino così ostile, soprattutto vista la sua politica di vicinato alla cui base ci sono pace e cooperazione multilaterale.
Le sanzioni contro le trivellazioni nella ZEE di competenza di Cipro (e quindi dell’UE) sono solo uno dei tanti richiami che Ankara ha ignorato dal 2010 in poi. Dopo aver dichiarato che la sua attività fosse un atto in difesa dei diritti dei turco-ciprioti, e dopo aver inviato altre navi, il governo turco si è rivolto alla Libia e in particolare al Governo libico di accordo nazionale (GNA) per firmare un trattato sulla gestione delle ZEE e la cooperazione militare .
L’accordo con la Libia, le attività di trivellazione in aree di competenza altrui, così come la recente e drammatica ripresa della crisi migratoria, dimostrano due cose: il governo di Erdoğan non ha intenzione di cedere nella sua lotta per l’egemonia nel Mediterraneo e l’Unione europea non può e non deve mantenere una posizione imparziale e ambigua. Il fatto che l’Unione abbia chiuso la porta alla Turchia sul fronte dell’adesione mentre le affidava la gestione della crisi migratoria ha creato delle dinamiche complicate che mettono a rischio la stabilità e la sicurezza del vicinato europeo e, di conseguenza, di tutti gli Stati membri. In conclusione, Bruxelles dovrebbe concordare una linea d’azione comune a tutti gli Stati membri, oltre a rivedere la propria politica migratoria.
Fonti e approfondimenti
Colombo, G. Dentice, Approfondimento: l’accordo Turchia-GNA sui confini marittimi, Focus Mediterraneo Allargato 12, ISPI, 21/2/2020
Bertoldi, R., La crisi Ue-Turchia sulle trivellazioni a Cipro, Osservatorio Balcani Caucaso, 17/7/2019
Baboulias, Y., Turkey Is Hungry for War With Cyprus, Foreign Policy, 21/5/2019
Colombo, M., Il matrimonio d’interesse tra Turchia e Libia, ISPI, 31/3/2020
Villa, M., UE, Turchia e migranti: verso la rottura? ISPI dossier, 17/3/2020
Olgun, M. E., Can Hydrocarbons Catalyse New Out of the Box Thinking on Cyprus? A Turkish Cypriot Perspective, IAI Commentaries, 2/2019
Ceremigna, J., Cipro-UE: veto sull’allargamento se non interviene sulla Turchia, Sicurezza Internazionale, 18/6/2019