Road to referendum: comparazione con Germania e Francia

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Il quesito referendario su cui i cittadini italiani saranno chiamati a esprimersi il 20 e 21 settembre può servire come punto di partenza per soffermarsi su una tendenza ormai innegabile che caratterizza il panorama politico di molte grandi democrazie europee, vale a dire il tentativo di limitare o ridurre i numeri nei Parlamenti nazionali. A questo punto, dopo esserci occupati della situazione italiana, è interessante analizzare due realtà che, seppur di natura differente rispetto all’Italia, possono generare valide riflessioni: Germania e Francia.

Germania: una riforma per evitare un Bundestag XXL

Il Bundestag tedesco, una delle camere più numerose al mondo, a partire dalle elezioni del 2021 potrebbe registrare una notevole limitazione del numero degli eletti, sulla base di quanto discusso e stabilito dai partiti della Große Koalition. È di poche settimane fa (25 agosto 2020) l’accordo, raggiunto dai conservatori di CDU/CSU e dal partito di centrosinistra SPD, che prevede una riforma elettorale con l’intento, tra le altre cose, di impedire un ulteriore allargamento del numero dei rappresentanti del popolo. L’intesa è stata dettata dalla presa di coscienza, da parte delle forze di governo, che un aumento dei deputati rischierebbe di rendere ingestibile il lavoro dell’organo legislativo. Il Reichstag, sede del Parlamento tedesco, conta ad oggi 709 deputati, nonostante il numero massimo sia di 598 membri. Questo surplus dipende, infatti, dal meccanismo di doppio voto in vigore in Germania, che non fissa rigidamente un numero di deputati prediligendo piuttosto il rispetto della giusta proporzione fra i partiti, calcolata sulla base di quanto espresso dai cittadini al voto.

Il sistema adottato prevede un impianto proporzionale, ma con metà dei deputati (299 su 598) eletta in collegi uninominali proporzionali. Ogni cittadino dispone di due voti: con il primo voto (Erststimme) esprime la preferenza per un candidato nella propria circoscrizione, con il secondo (Zweitstimme) assegna la propria preferenza al partito. Il numero degli eletti per ogni partito varia sulla base di una ripartizione proporzionale calcolata sul totale di 598 seggi. Con la preferenza diretta, invece, vengono eletti tutti coloro che superano una certa soglia di voti e, per rispettare la proporzione, vengono assegnati dei “seggi di compensazione” (Ausgleichsmandat) ai partiti che ottengono meno rappresentanti. Si rischia, con molta facilità, di superare il limite di 598.

Per comprendere pienamente il sistema, si possono prendere ad esempio le elezioni federali del 2017. In quell’occasione, CDU/CSU ottenne il 32,8% di voti relativamente alla preferenza di partito, guadagnando, di conseguenza, 188 seggi su 598, e vinse con il primo voto ben 231 collegi uninominali sui 299 a disposizione. In base a quanto permesso dalla legge elettorale, venne innalzato il numero complessivo dei deputati, assegnando dei “seggi di compensazione” ai partiti che avevano ottenuto meno voti nel collegio uninominale, ma rispettando la proporzione relativa al voto di partito.

Secondo le proiezioni degli specialisti, il risultato del prossimo appuntamento elettorale (2021) rischia di produrre una camera ancora più numerosa, poiché CDU/CSU potrebbe conquistare quasi tutti i 299 collegi uninominali, mantenendo contemporaneamente la stessa percentuale nella Zweitstimme rispetto all’ultima tornata elettorale.

Un Parlamento che superi gli 800 deputati non piace ragionevolmente a nessuno. In conclusione, dunque, la proposta, che potrebbe entrare in vigore già per le elezioni dell’anno prossimo – nonostante le tempistiche siano molto ridotte – prevede una riduzione della cifra dei collegi uninominale da 299 a 280, numero considerato adeguato affinché non si inneschi in maniera sovradimensionata la logica dei “seggi di compensazione”. Secondo le opposizioni democratiche (liberali, Verdi e Linke), per scongiurare il rischio di far scattare il meccanismo dei seggi aggiuntivi bisognerebbe compiere una riduzione ancora maggiore: arrivare a 250 collegi uninominali e innalzare il numero totale di deputati da 598 a 630. Ciò che emerge è che chiaramente il cammino della riforma ha avuto inizio. Spetterà ora agli interlocutori del dibattito politico il compito di raggiungere un risultato che sia il più ampiamente condiviso tra i vari partiti tedeschi.

Francia: la stagione delle riforme

Il 3 luglio 2017, il neoeletto presidente Emmanuel Macron annunciava, davanti al Parlamento riunito in Congresso, l’avvio per la Francia di una nuova stagione caratterizzata da riforme istituzionali. Tra queste, fondamentale rilevanza assumeva quella relativa alla riduzione del 30% del numero dei deputati e dei senatori (cui si sarebbe dovuta affiancare l’elezione del 15% dei deputati con metodo proporzionale e il divieto di più di tre mandati per i funzionari eletti, con alcune eccezioni). La ragione di questa scelta, per il presidente francese, era insita nel fatto che la riduzione del numero dei parlamentari, sostenuta da altre riforme, avrebbe rafforzato il loro ruolo.

A poco meno di un anno di distanza, nell’aprile 2018, l’ormai ex primo ministro francese Édouard Philippe presentò le linee generali del progetto di riforma delle istituzioni. Il progetto di riforma sarebbe dovuto essere approvato l’anno successivo. In realtà, il processo è stato molto rallentato, anche a causa delle tensioni che hanno caratterizzato la Francia da fine 2018, che hanno indebolito notevolmente la figura di Macron in patria, e solo a fine agosto 2019 l’allora ministra della giustizia Nicole Belloubet ha annunciato l’approvazione, da parte del governo, del progetto di legge relativo alle riforme istituzionali e, dunque, l’intenzione dello stesso di procedere alla riduzione del 25% del numero dei parlamentari. La percentuale, rispetto a quanto comunicato da Macron due anni prima (30%), appariva minore, con una riduzione dei membri dell’Assemblea Nazionale da 577 a 433 e dei senatori da 348 a 261. Da allora, la riforma è rimasta nel limbo. Il governo ha avuto altre questioni prioritarie, culminate con l’esplodere della pandemia.

Realtà diverse con lo stesso obiettivo

Ci siamo soffermati su due riforme, cui si aggiunge quella italiana già analizzata, tra loro molto diverse ma tutte volte allo stesso scopo: avere un numero dei rappresentanti nel Parlamento nazionale più contenuto possibile. Sicuramente una ragione comune va individuata nel fatto che il Parlamento nazionale è ormai affiancato da altre istituzioni di natura ugualmente elettiva (in primis il Parlamento europeo); allo stesso tempo, il tema dei costi del Parlamento e dei suoi membri viene preso come oggetto di discussione così come la tematica della rappresentanza. All’interno dei panorami politici di tutti e tre gli Stati non sono mancati e non mancano scontri e discussioni tra i partiti promotori e i partiti di opposizione. Tuttavia, ciò che maggiormente contraddistingue il caso italiano dagli altri due presi a modello è il fatto che, a differenza di questi ultimi in cui la questione dei numeri del Parlamento rappresenta uno dei punti all’interno di riforme costituzionali o elettorali più strutturate, nel caso dell’Italia si tratterebbe di un nuovo assetto parlamentare definitivo, cui dovranno necessariamente seguire una serie di correttivi al fine di non rendere inefficace la riforma stessa.

 

Fonti e approfondimenti

Germania

Edoardo Toniolatti, “Bundestag XXL/ Come i tedeschi hanno ridotto il numero di deputati senza fare referendum populisti”, linkiesta.it, 01/09/2020

Miles Herszenhorn, “Germany’s government agrees to limit size of Bundestag”, politico.eu, 26/08/2020

Iris Marx, Kommt es zum XXL-Bundestag?, tagesschau.de, 25/08/2020

The XXL Bundestag, Germany’s parliament is bursting at the seams. It may get bigger”, economist.com, 15/08/2020

Rosatelli Jacopo, Non un taglio, un tetto. Perché anche Berlino ripensa la sua Camera, manifesto.it, 30/08/2020

Baumer Andreas, “XXL-Bundestag: Unser Parlament ist so groß wie nie – so teuer kommt uns jeder Abgeordnete zu stehen“, businessinsider.de, 02/03/2019

Francia

Par François Vignal, Réforme constitutionnelle (2/2) : tu veux ou tu veux pas?, publicsenat.fr, 14/08/2020

French government wants to scrap number of MPs by 25 percent, france24.com, 29/08/2019

Victor Mallet, Macron moves to replace Senate amid constitutional reforms, ft.com, 28/08/2019

Rino Casella, Il progetto di riforme istituzionali del presidente Macron e il ridimensionamento del ruolo del Parlamento francese, Nomos, marzo 2018

 

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