L’emiro del Kuwait Sabah al-Ahmed al-Jaber al-Sabah, malato da tempo, è morto a novantuno anni lo scorso 29 settembre. La sua scomparsa, commemorata in tutto il mondo arabo, ha privato il Paese e l’intera regione del Golfo di un importantissimo mediatore. Il nuovo monarca dovrà farsi carico di gestire la politica internazionale, rimanendo all’altezza del predecessore. Sul piano interno, invece, dovrà affrontare il crescente malcontento popolare, causato dall’insoddisfazione per la gestione dell’epidemia di COVID-19 e dal dilagare della corruzione.
Sabah al-Sabah: mediatore e diplomatico
Il defunto emiro è stato una figura centrale nella politica del Paese per quasi sei decenni, ricoprendo varie cariche ministeriali e salendo infine sul trono nel 2006. L’importanza del piccolo Kuwait come attore regionale è spesso sottovalutata, ma Sabah al-Sabah, insieme al defunto sultano omanita Qaboos al-Said, si è distinto tra i sovrani del Gulf Cooperation Council (GCC) per la sua politica estera equilibrata e le sue capacità di mediazione. Nelle relazioni internazionali, l’emiro ha sempre cercato di assumere un atteggiamento moderato e di risolvere le varie dispute in maniera pacifica. Tra le sue attività diplomatiche più recenti spiccano la mediazione tra Stati Uniti e Iran e i tentativi di riconciliare la spaccatura apertasi nel GCC a seguito dell’isolamento politico del Qatar.
Il ricordo dell’invasione irachena del 1990 è stato il principale stimolo alla ricerca di neutralità a livello internazionale e al mantenimento della stabilità regionale, direttamente collegata allo sviluppo e alla sicurezza interni.
Anche sul piano della politica interna, l’emiro Sabah è stato capace di bilanciare gli interessi dei vari gruppi che compongono la società kuwaitiana. In particolare, è riuscito a gestire le tensioni tra le ricche famiglie di tujjar (mercanti) e la nuova classe media formatasi a partire dagli anni Sessanta, con lo sviluppo del sistema del rentier State. Questo ha permesso di mantenere l’unità del Paese, rendendolo immune anche alle divisioni settarie. Il Kuwait, a maggioranza sunnita, ha infatti una consistente minoranza sciita, pari a circa il 30% della popolazione. Particolarmente significativo è stato l’intervento dell’emiro dopo l’attacco terroristico da parte dello Stato Islamico alla moschea sciita Imam Sadiq nel 2015; in tale occasione, il sovrano si recò immediatamente sul luogo della tragedia, commemorando i ventisette deceduti e mostrando la propria solidarietà nei confronti dei superstiti.
Il nuovo emiro e il nuovo principe ereditario
Il giorno successivo alla morte di Sabah, il fratellastro Nawaf Al-Ahmad Al-Jaber al-Sabah, di ottantatré anni, è salito sul trono del Kuwait come nuovo emiro. Si è trattato quindi di un processo di successione orizzontale, da un fratello all’altro. Il nuovo sovrano è il primo emiro kuwaitiano a non aver precedentemente ricoperto la carica di primo ministro: ha infatti servito come ministro dell’Interno e capo della Guardia Nazionale. Nonostante i ruoli assegnatigli, Nawaf ha sempre mantenuto un profilo basso; pertanto, le sue capacità di leadership e le sue tendenze politiche sono ancora poco chiare.
Una volta salito al trono, l’emiro ha un anno di tempo per nominare il proprio principe ereditario, che dovrà poi essere approvato dall’Assemblea Nazionale. Tuttavia, Nawaf ha designato il proprio successore in una settimana: la scelta è ricaduta su Meshal al-Ahmad al-Jaber al-Sabah, di ottantuno anni, già vice capo della Guardia Nazionale e fratello del defunto emiro. Il giorno successivo, l’8 ottobre, il parlamento ha confermato la decisione del sovrano. Il neo eletto principe ereditario sembra avere ottimi rapporti con Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti; inoltre, la sua immagine pubblica non è mai stata intaccata da scandali o accuse di corruzione.
La nomina di Meshaal mostra come, almeno apparentemente, il nuovo emiro non abbia progettato un regno di transizione per poi conferire la corona a un sovrano più giovane. Infatti, il potere è rimasto all’interno della stessa generazione, senza lasciare ancora spazio ai membri meno anziani della famiglia reale. Questa posizione in materia di successione si contrappone a quella di Arabia Saudita e Qatar: a Riad, Mohammad bin Salman è stato nominato principe ereditario a trentadue anni, mentre, a Doha, Tamim al-Thani è divenuto emiro a trentatré anni, a seguito dell’abdicazione del padre.
Negli Stati del Golfo, i nuovi sovrani venivano tradizionalmente scelti in base a una serie di regole non scritte, prime tra tutte l’anzianità dei candidati e la loro capacità di creare coalizioni all’interno della famiglia reale. Infatti, l’unico Paese del GCC nel quale la successione è regolata tramite primogenitura è il Bahrein; nelle altre monarchie il sovrano può essere scelto tra tutti i discendenti maschi del capostipite della famiglia. Tuttavia, a partire dal 1995, i criteri di selezione tradizionali sono entrati in crisi: la deposizione dell’emiro qatariota Khalifa al-Thani da parte del figlio Hamad ha infatti favorito in tutto il GCC la graduale ascesa di una generazione di candidati al trono più giovani. Questi ultimi si sono dimostrati più interessati dei loro predecessori all’implementazione di ambiziosi programmi di diversificazione economica e riforme sociali. Inoltre, le nuove generazioni di principi sembrano voler espandere l’influenza del proprio Paese a livello regionale e globale. Il già citato Mohammad bin Salman è un chiaro esempio di questa tendenza.
Mantenendo il potere all’interno della stessa generazione, il Kuwait ha mantenuto lo status quo. Questa posizione è condivisa con l’Oman, l’altro grande mediatore del GCC: lo scorso gennaio, dopo la scomparsa del sultano Qaboos (privo di eredi), la corona è passata Haitham bin Tariq, di sessantasei anni.
Verso le elezioni: COVID-19, lavoratori stranieri e corruzione
Le prossime elezioni parlamentari dovrebbero aver luogo tra il 28 novembre e il 10 dicembre.
Dal momento che l’Assemblea Nazionale ha il potere di porre un veto sull’elezione del principe ereditario proposto dall’emiro, la sua composizione è fondamentale in materia di successione. La rapida nomina di Meshal potrebbe essere stata influenzata dal timore di un nuovo parlamento poco favorevole alle posizioni del regnante. Infatti, è altamente probabile che questa votazione porterà nell’Assemblea Nazionale un numero consistente di gruppi politici populisti e di opposizione. La causa principale sarebbe il malcontento per la gestione dell’epidemia di COVID-19 e per la diffusa corruzione.
La pandemia globale ha avuto pesanti ripercussioni sull’economia kuwaitiana, già sofferente a causa dell’abbassamento del prezzo del petrolio. Come riportato da Kristin Smith Diwan, le misure restrittive a difesa della sanità pubblica hanno danneggiato in particolare il settore privato. Questo ha provocato un netto calo della fiducia nei confronti del governo. Inoltre, il COVID-19 ha generato un forte sentimento xenofobo: i lavoratori stranieri, infatti, sono stati accusati di aver contribuito alla diffusione del virus tra i kuwaitiani. Di conseguenza, il governo ha promesso di abbassare la percentuale di residenti stranieri, dal 70% al 30% del totale degli abitanti. Data la natura del sistema economico del Paese, in cui la manodopera straniera a basso costo è fondamentale per il settore privato, tale obiettivo è irraggiungibile; tuttavia, la proposta del governo rimane un campanello d’allarme del crescente populismo.
Un’altra questione particolarmente pressante è la corruzione radicata all’interno del Paese. Il fenomeno si è esteso ed è diventato sistematico grazie alla cosiddetta wasta, la pratica di ottenere privilegi in virtù delle proprie conoscenze o delle influenze personali. La diffusione capillare di questo tipo di corruzione ha indotto i cittadini a ricorrere a frodi e a metodi illegali per soddisfare i propri bisogni. Nel Corruption Transparency Index dello scorso anno, il Kuwait si è posizionato, a livello globale, all’ottantacinquesimo posto, ultimo tra i Paesi del GCC. Inoltre, Sabah Jaber al-Sabah, figlio dell’ex primo ministro, è stato arrestato perché coinvolto in uno scandalo riguardante il riciclaggio di denaro.
Il mantenimento dello status quo
Come il nuovo sultano dell’Oman, probabilmente Nawaf al-Sabah tenterà di stabilire una continuità con il proprio predecessore in materia di politica estera. In particolare, una normalizzazione del Kuwait con Israele sembra estremamente improbabile. Per quanto riguarda la situazione interna, l’emiro non sembra interessato a riforme su ampia scala.
Tuttavia, all’interno della famiglia reale è presente un altro possibile candidato al potere, che sembra attirare le simpatie dell’opinione pubblica. Si tratta del settantaduenne Nasser Sabah al-Ahmed al-Sabah, figlio del deceduto sovrano. Già ministro della Difesa e vice primo ministro, è uno dei principali promotori del progetto Vision 2035, un programma di riforme che si propone di ridurre la dipendenza economica dal petrolio e di attirare investimenti stranieri. Inoltre, Nasser è particolarmente attivo nella lotta contro la corruzione, un tema, come già detto, molto caro all’opinione pubblica kuwaitiana. Il crescente successo di questo personaggio, che per i suoi ambiziosi progetti è stato paragonato al principe ereditario saudita, potrebbe rivelarsi cruciale a poche settimane dalle elezioni parlamentari. Data l’età avanzata del nuovo emiro e del suo principe ereditario, non è improbabile che entro pochi anni sarà necessario trovare un nuovo erede al trono: Nasser, dunque, potrebbe approfittare della propria popolarità per influenzare il prossimo processo di successione.
Fonti e approfondimenti
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Bader Al-Saif, “The Coronavirus in Kuwait: An Agent of Reform?“, Malcolm H. Kerr Carnegie Middle East Center, 18/05/2020
Bader Al-Saif, “Another Invasion of Kuwait“, Malcolm H. Kerr Carnegie Middle East Center, 11/08/2020
Eleonora Ardemagni, “Il Kuwait ha un nuovo emiro ma già cerca un erede“, Affari Internazionali, 04/10/2020
Gerald M. Feierstein, “What are the implications of the passing of Kuwait’s emir, Sheikh Sabah?“, MEI, 01/10/2020
Courtney Freer, “The post-Sabah era in Kuwait“, Brookings, 30/09/2020
Elena Maestri, “La regione del Gulf Cooperation Council (GCC). Sviluppo e sicurezza umana in Arabia”, FrancoAngeli, 2009
Annalisa Perteghella, “Morto l’emiro del Kuwait, le sfide del suo successore“, ISPI, 30/09/2020
Sicurezza Internazionale, “Kuwait: dopo il nuovo emiro, eletto un nuovo principe ereditario“, 08/10/2020
Kristin Smith Diwan, “New Generation Royals and Succession Dynamics in the Gulf States“, AGSIW, 21/03/2017
Kristin Smith Diwan, “Populism on the Rise in Kuwait as Elections Loom“, AGSIW, 26/06/2020
Kristin Smith Diwan, “Kuwait’s Patient Statesman“, AGSIW, 29/09/2020
Bayly Winder, “Next in Line: Succession and the Kuwaiti Monarchy“, Malcolm H. Kerr Carnegie Middle East Center, 13/08/2020
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