La goccia che ha fatto traboccare il Mar Nero

Foto di Emer_Iglesias da Pixabay

Il 9 luglio 2020 centinaia di persone si sono riunite davanti al Parlamento e agli altri palazzi istituzionali di Sofia per chiedere le dimissioni del Primo ministro Boyko Borissov, della coalizione di governo e del procuratore capo Ivan Geshev, le elezioni anticipate e la riforma del sistema giudiziario. Nonostante l’intensità e la durata delle proteste (oltre 100 giorni) riportino alla mente le contestazioni popolari del 2013-2014, in questo caso a scendere in piazza è stata la stessa classe media bulgara, la cosiddetta “bella e intelligente gente” che aveva precedentemente sostenuto il governo in carica, definendo i politici dell’attuale governo “mafiosi e delinquenti”

Ascesa e smarrimento di un partito

Le motivazioni dietro le proteste sono molteplici e radicate nel sistema oligarchico che ha permesso al partito Cittadini per lo sviluppo europeo della Bulgaria (Граждани за европейско развитие на България) e noto con l’acronimo GERB di rimanere in carica per più di dieci anni. Fin dalla sua fondazione nel 2007, il partito di centrodestra di Boyko Borissov si distinse per la sua rapida ascesa grazie alle capacità del suo leader di raccogliere e incanalare a proprio favore il malcontento popolare, sfociato nelle proteste anti comuniste del 1989-90 e del 1997. Borissov si presentò come l’Homo Novus capace di portare il progresso e le riforme necessarie per uscire dalla crisi economica del 2007-2008, grazie anche al distacco nei confronti della precedente classe politica. Nel 2009 riuscì nella sua impresa, vincendo le elezioni parlamentari e conquistando 117 seggi su 240 totali, davanti allo storico Partito socialista, cui furono assegnati solo 40 seggi.

Da allora, GERB è il partito maggioritario nel Paese, nonostante sia fondato su un sistema che promuove lo scambio di favori anche tra esponenti del partito e rappresentanti del sistema giudiziario. Uno degli esempi più eclatanti risale al marzo 2019, quando il sito di notizie investigative Bivol pubblicò una lista di personaggi pubblici che avevano nascosto o minimizzato il reale valore di immobili e proprietà. Nella lista figurava anche il capo della commissione anticorruzione, Plamen Georgiev, e diversi altri deputati del partito di maggioranza GERB. In seguito alle accuse, nel luglio 2019 Plamen Georgiev si dimise, minando ulteriormente sia l’autorità della commissione anticorruzione sia la sua efficacia.

Nel contempo, nel 2019, la Bulgaria si confermava come una delle economie più povere dell’Unione europea secondo Eurostat, con un salario mediano annuale di 4.224 euro, davanti solo alla Romania, anch’essa entrata nell’UE nel 2007, con un salario mediano di 3.851 euro.

Origine e scoppio delle proteste

Il 7 luglio 2020, Hristo Ivanov, co-leader della coalizione liberale Bulgaria Democratica e attivista per una riforma del sistema giudiziario, tentò di accedere via mare alla piccola spiaggia di Burgas, lungo le coste del Mar Nero. Ivanov e l’equipaggio furono brutalmente respinti dalle guardie di sicurezza di Ahmed Dogan, il leader onorario del liberale Movimento per i diritti e le libertà (DPS). Secondo quanto dichiarato dalle guardie di sicurezza, quel tratto di spiaggia sarebbe stato parte integrante della villa di Dogan, e quindi, non aperto al pubblico.

Ivanov, al contrario, sosteneva che le spiagge bulgare fossero pubbliche per legge e che quindi non fosse possibile vietarne l’accesso. Inoltre, nonostante le continue richieste di identificazione da parte di Ivanov, le guardie si rifiutarono di rivelare se lavorassero o meno per il Servizio di sicurezza nazionale (SNN), un’agenzia governativa incaricata di fornire sicurezza personale ai politici di alto livello e ai funzionari statali. 

Il giorno seguente, il presidente della Repubblica Rumen Radev, eletto grazie al sostegno del Partito socialista bulgaro (Българска Социалистическа Партия BSP), confermò che le guardie di sicurezza erano effettivamente dipendenti dell’SSN e criticò aspramente il regime oligarchico promosso da Boyko Borissov, definendolo mafioso e chiedendone le dimissioni. Radev, inoltre, sosteneva che il SSN non dovesse proteggere Dogan e altri esponenti pubblici poiché, pur rappresentando una minoranza (turca), non aveva un ruolo attivo nel governo né necessitava di una protezione particolare. Di conseguenza, oltre alle accuse di appropriazione illegale di suolo pubblico, Dogan avrebbe usufruito illecitamente anche della sicurezza pubblica, sovvenzionata dai contributi statali.   

L’8 luglio, il procuratore capo Ivan Geshev reagì alle accuse mosse da Radev nei confronti del governo di Borissov ordinando un’ispezione nella sede della presidenza, in palese violazione di tutte le garanzie di immunità sancite dalla Costituzione bulgara e della separazione dei poteri. In tale occasione furono arrestati due collaboratori vicini al presidente Radev, sospettati di clientelismo. Geshev a sua volta accusò Radev di comportamento anticostituzionale, sostenendo che il presidente avesse violato l’indipendenza giudiziaria e stesse cercando di esercitare pressioni sull’ufficio del procuratore.

I dissidi tra il presidente Radev e il procuratore capo Geshev non sono rari: già nel 2019, Radev aveva cercato di bloccare la nomina di Geshev dopo aver ritenuto insoddisfacente la sua attività di contrasto alla corruzione nel Paese. Anche l’opposizione a guida BSP ha incalzato Geshev con l’accusa di non aver sporto denuncia nei confronti di politici e uomini d’affari vicini al partito GERB. 

Il 9 luglio, i primi manifestanti si riunirono davanti al Parlamento chiedendo le dimissioni del Primo ministro e del governo.

Gli scontri di settembre e 100 giorni di proteste

Dopo un mese di proteste pacifiche, durante il quale tre ministri avevano rassegnato le dimissioni, lo scorso agosto il governo aveva proposto delle modifiche alla Costituzione. Borissov aveva anche dichiarato che si sarebbe dimesso, ma solo nel caso in cui il partito GERB non avesse raccolto entro il 2 settembre almeno il 50% delle firme necessarie per poter accedere alla discussione sugli emendamenti.

La bozza costituzionale presentava numerosi errori tecnici e grammaticali, e il suo contenuto era poco chiaro. Il testo prevedeva alcuni cambiamenti sostanziali nella redistribuzione dei poteri tra Parlamento e governo, percepiti dai partiti dell’opposizione come un tentativo di consolidare il potere del partito GERB. Il Parlamento bulgaro (Assemblea nazionale) è composto da 240 membri a elezione diretta per un mandato di quattro anni. Esprime la fiducia all’esecutivo (Consiglio dei ministri) e può votare una mozione di sfiducia nei confronti dei ministri, obbligando il governo a dimettersi. Tra le modifiche introdotte con la nuova bozza costituzionale erano inserite anche la riduzione del numero dei parlamentari e maggiori poteri all’esecutivo. Questo darebbe maggiore autonomia di governo al Consiglio dei ministri, e minor peso politico all’Assemblea nazionale in sede decisionale.

Dopo due intense settimane di negoziati, ed entro il termine del 2 settembre, la proposta di Borissov raccolse il numero sufficiente di firme, grazie anche al supporto del partito populista Volontà (Воля) del magnate dei carburanti e dell’industria farmaceutica Veselin Mareshki.

La notizia del raggiungimento dei voti necessari fece infuriare i manifestanti e, la sera del 2 settembre, alcuni contestatori lanciarono piccoli fuochi d’artificio contro la polizia. La polizia reagì violentemente con manganelli, gas lacrimogeni e cannoni ad acqua. Circa 100 persone furono arrestate e molte gravemente ferite; tra queste, almeno un giornalista, nonostante avesse preventivamente esposto il tesserino della stampa.

Dopo questo grave episodio, le proteste sono tornate a essere perlopiù pacifiche e hanno raccolto un numero ancora maggiore di partecipanti. Tra di essi figurava anche il personale sanitario, che accusava il governo di non aver intrapreso un’appropriata campagna di sensibilizzazione contro la pandemia da Covid-19 e di non aver fornito materiale sanitario adeguato a medici e infermieri, costretti a operare in condizioni ad alto rischio di contagio. Le proteste hanno raggiunto i 100 giorni il 16 ottobre 2020.

A partire dal 2 novembre 2020, le manifestazioni sono state sospese a tempo indeterminato a causa dell’aggravarsi della pandemia. 

La risoluzione del Parlamento europeo

Giovedì 8 ottobre 2020, il Parlamento europeo ha adottato con 358 voti a favore, 277 contrari e 56 astenuti una risoluzione nei confronti della Bulgaria. La risoluzione citava, tra le altre motivazioni, gli alti livelli di corruzione e il deterioramento delle libertà dei media, sottoposti al controllo del governo e dei partiti, e quindi, non sufficientemente indipendenti. 

La presidente del Parlamento bulgaro, Tsveta Karayancheva, ha contestato apertamente la risoluzione, affermando che: “La risoluzione è un atto politico che non ha né valore legale né legislativo”; mentre le forze di opposizione l’hanno accolta positivamente, chiedendo nuovamente le dimissioni di Borissov ed elezioni anticipate.

Nuove elezioni, nuovi politici?

Le foto del Primo ministro che dorme nella sua camera da letto accanto a un cassetto contenente banconote da 500 euro, lingotti d’oro e una pistola, risalenti a giugno 2020, hanno contribuito a inasprire l’ostilità da parte della popolazione nei confronti del governo. La conferma da parte di Borissov dell’autenticità delle foto, e la scoperta di ulteriori casi di corruzione tra autorità pubbliche e imprenditori edili, hanno generato ulteriore sconcerto nella classe media, che nelle precedenti proteste (2013-2014) non aveva partecipato alle mobilitazioni di massa. La differenza sostanziale tra questa protesta e le precedenti, oltre alla durata eccezionale, è rappresentata dalla partecipazione di tutte le classi sociali non legate all’oligarchia. Se da un lato, infatti, la parte economicamente povera della popolazione è spinta da motivi di sussistenza, la classe medio-ricca è esausta dei continui scandali di governo. 

Il 4 aprile 2021 si terranno le elezioni parlamentari. Il partito di Borissov punta a vincerle nuovamente, tuttavia la sfida rimane aperta. Secondo un sondaggio, condotto dall’agenzia indipendente Alpha Research, è improbabile che le elezioni di aprile riusciranno a esprimere un forte governo di maggioranza: il partito GERB conquisterebbe il 24,3% dei voti, il Partito socialista Bulgaro il 21,9%, mentre il nuovo partito C’è una Nazione, guidato dal comico Slavi Trifonov, si aggiudicherebbe il 10,2% dei voti.

 

 

Fonti e approfondimenti

Cholakov, Petar, Political crisis in Bulgaria sparks protests and outrage”, DW, 14/07/2020. 

Davies, Pascale e Dell’Anna, Alessio, Explainer: why is bulgaria engulfed in daily anti-government protests, Euronews, 24/07/2020.

DWBulgaria’s president calls on mafia style government to resign”, 11/07/2020. 

Euronews, “Bulgaria protests enter 100th consecutive day as demonstrators denounce widespread corrupt, 17/10/2020. 

Eurostat, Minimum wage statistics, 01/2021.

Gotev, Georgi,Borissov fends off ‘kompromats’, says will sleep with a gun”, Euractiv, 21/06/2020.

Gotev, Georgi, Anti-Borissov protests in Sofia stop as COVID situation worsens”, Euractiv, 03/11/2020. 

Parlamento Europeo, Risoluzione del Parlamento europeo dell’8 ottobre 2020 sullo Stato di diritto e i diritti fondamentali in Bulgaria, 08/10/2020.

Todorov, Svetoslav, One month in bulgarias protesters play waiting game”, BalkanInsight, 06/08/2020.

Todorov, Svetoslav, Critical European Parliament Resolution Embarrasses Bulgaria’s Leaders” , BalkanInsight, 09/10/2020.

Tsoneva, Jana,What is happening with the Bulgarian protest movement?”, Aljazeera, 10/09/2020.

 

 

Editing a cura di Carolina Venco

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