La crisi invisibile dell’Honduras

Honduras
EU Civil Protection and Humanitarian Aid - Flickr - CC BY-ND 2.0

L’Honduras vive ormai da anni una situazione limite, in cui le istituzioni non rispondono più ai bisogni dei cittadini. A questa persistente crisi socio-politica si sono aggiunti nel 2020 gli effetti devastanti del coronavirus e di due uragani nel giro di poche settimane: su 9,5 milioni di abitanti, oltre un milione ha perso il lavoro, quattro milioni hanno subito danni legati alle tormente e la povertà estrema ha raggiunto metà della popolazione.

L’emblematica Valle di Sula

La Valle di Sula, centro industriale situato a nord e confinante con il Guatemala, è stata la regione più danneggiata da questi fenomeni. Dopo gli uragani, migliaia di persone si sono ritrovate a vivere per strada o isolate dal crollo di ponti e strade. Con la distruzione delle coltivazioni, l’insicurezza alimentare ha raggiunto oltre 3 milioni di persone, 6 volte più di prima. 

Non a caso, la Valle ha fatto parlare spesso di sé negli ultimi anni anche per altri motivi: dai record di violenza mondiali al raduno delle carovane dei migranti che sperano di arrivare negli Stati Uniti.

La migrazione come massima espressione della crisi in Honduras

Come per il resto della regione, i motivi che spingono a emigrare sono sempre gli stessi, legati alla povertà, alla violenza e all’assenza dello Stato. Negli ultimi mesi si sono aggiunti a questi gli effetti del Coronavirus e degli uragani. In Honduras, tutti questi fattori raggiungono il livello massimo di criticità

Le carovane formatesi nell’ottobre 2018 e la migrazione di massa di minorenni non accompagnati iniziata nel 2014 hanno messo sotto i riflettori internazionali – anche se per breve tempo e in forma superficiale – la situazione della nazione centroamericana. Dietro a questi episodi puntuali, vi è tuttavia un flusso migratorio costante.

Ciò che emerge è la crisi dello Stato honduregno, incapace di proteggere e di offrire opportunità ai propri cittadini. Fuori dai confini nazionali, nonostante le immagini virali delle lunghissime code di honduregni che fuggono, in pochi si sono chiesti cosa stesse realmente succedendo.

La crisi ambientale

Nell’ultimo decennio, l’Honduras è stato uno dei territori americani più colpiti da catastrofi naturali e la costa pacifica sta retrocedendo a causa dell’innalzamento del livello del mare. La nazione ha dunque un urgente bisogno di adattarsi al cambiamento climatico e le comunità costiere vivono quotidianamente questa situazione di allarme, con le case sommerse e l’esodo come unica alternativa. Ciononostante, lo Stato continua a permettere lo sfruttamento illimitato del proprio territorio e delle proprie risorse da parte di grandi compagnie estere. E quando le comunità vi si oppongono, la risposta è violenta: l’Honduras rimane il Paese più pericoloso al mondo per gli attivisti ambientali.

La violenza endemica

Con uno dei tassi di omicidi più alti al mondo fuori da zone di guerra, la violenza è  parte integrante della quotidianità del Paese e ne soffoca lo sviluppo socioeconomico. Tra il 2014 e il 2019, circa 80.000 imprese hanno dovuto chiudere a causa delle estorsioni. Ma è solo grazie alla complicità dell’apparato statale che le maras e le altre organizzazioni criminali operano in grande scala.

Tra corruzione e inefficienza, le forze di sicurezza e il sistema giudiziario non sono più ritenuti meritevoli di fiducia: solo il 4% degli omicidi riportati conduce a un arresto. In queste circostanze, le comunità si organizzano da sole e alle volte sono le stesse maras a fornire i servizi di base nei loro territori.

L’abbandono delle nuove generazioni

I minorenni rappresentano oltre il 40% della popolazione honduregna, ma sembrerebbe che lo Stato si sia dimenticato di loro. Più di un milione è fuori dal sistema scolastico e in gran parte lavora, mentre il tasso di adolescenti in stato di gravidanza è tra i più alti del continente. Inoltre, solo nel 2020, l’impossibilità della didattica a distanza ha portato 60.000 giovani ad abbandonare l’università.

Il governo non si muove per frenare questi dati drammatici, pensando invece a inasprire le pene nei confronti dei minorenni.

Il tramonto dell’istituzionalità

Le istituzioni honduregne sono da sempre fragili e alla mercé degli interessi dei gruppi di potere. Il loro deterioramento è stato accelerato dalle politiche neoliberiste adottate negli anni Novanta, che hanno sdoganato la vendita del territorio al grande capitale estero, dando il via libera a livelli sempre maggiori di sfruttamento, espropriazione e precarietà. A questo scenario si sono aggiunti gli effetti distruttivi del narcotraffico e dei suoi legami con la politica: il territorio è diventato il principale ponte di passaggio delle droghe dal Sud America produttore al Nord consumatore.

Un evento recente ha determinato fortemente le attuali condizioni del Paese: il colpo di Stato del 2009. Il presidente liberale Zelaya è stato destituito dal momento che voleva indire un referendum per decidere sulla riforma della Costituzione. Da lì in poi, il Partido Nacional, lo storico schieramento conservatore di destra, ha sequestrato le istituzioni, governando le stesse a sua discrezione.

Alimentando la corruzione e la narcopolítica, una ristretta cerchia di persone legata al governo si arricchisce, mentre il resto della popolazione, sempre più povera, è abbandonata. Questo operato ha da tempo prosciugato i fondi statali. I servizi di base a malapena garantiti e le infrastrutture per lo più scadenti hanno amplificato gli effetti catastrofici della pandemia da Covid-19 e degli uragani. Tutto ciò in uno scenario nazionale già segnato da alti tassi di insicurezza alimentare e da periodiche epidemie di dengue e zika.

Il finanziamento della politica

Dal golpe in poi, gli esponenti del Partido Nacional e i presidenti stessi si sono indebitamente appropriati di fondi pubblici oltre 10 miliardi di dollari solo dal 2014 al 2018, equivalenti a un ottavo del PIL nazionalee hanno ricevuto soldi dal narcotraffico. A testimoniare la mancanza di volontà di fermare questi fenomeni, nel 2019 il Congresso ha approvato una legge che permette ai deputati di usufruire a loro discrezione di fondi pubblici, con il risultato di alimentare le reti clientelari.

La Commissione internazionale per combattere la corruzione, instaurata nel 2016 dietro forti pressioni sociali e internazionali, ha ottenuto importanti successi. Tuttavia, più si avvicinava ai vertici del potere e più veniva ostacolata, finché mise i riflettori sulla famiglia presidenziale e venne smantellata nel 2020. Da allora, alcuni media indipendenti hanno ricoperto ruoli chiave come ultimo contrappeso alla corruzione, facendo emergere numerosi scandali. Ma la crescente censura e repressione statale ne limitano molto la visibilità.

Il presidente Hernández

Sin dalle elezioni per il suo secondo mandato, contestate da gran parte della società civile nel 2017, la popolarità del presidente è in picchiata. La sua legittimità, già molto fragile, si è ulteriormente deteriorata con lo scandalo legato al fratello, condannato per narcotraffico negli Stati Uniti nel 2019. Come se non bastasse, il mese scorso Hernández è diventato bersaglio di un’indagine analoga. Tuttavia, nonostante il forte malcontento sociale, l’intero apparato statale, composto da sue nomine e soprattutto l’esercito – a cui ha ridato un ruolo centrale – mantengono la lealtà nei suoi confronti.

Il rapporto con gli USA

I numerosi scandali dell’attuale presidenza non hanno intaccato le relazioni con l’amministrazione Trump. Questa ha promosso e finanziato la militarizzazione del Paese nel quadro della lotta al narcotraffico e alla violenza, in quanto maggior propulsore dell’emigrazione. L’Honduras ha assecondato gli Stati Uniti in politica estera, ma l’investimento nelle forze di sicurezza locali non è stata subordinata a tali finalità.

In questo contesto, la posizione che prenderà Biden potrebbe essere determinante per quel che riguarda la stabilità di Hernández. Tuttavia, visti gli effetti del rapporto di lunga data con gli Stati Uniti, ciò non significa che i problemi del Paese svaniranno per mano gringa. Le nuove promesse riguardo a politiche migratorie più tolleranti hanno però già illuso gli honduregni che intendono partire.

Il deterioramento delle tutele

Lo Stato, ormai preda della corruzione, ha progressivamente smantellato i sistemi di protezione delle garanzie individuali e delle risorse naturali. A gennaio scorso, una riforma costituzionale ha reso la legge in materia di interruzione della gravidanza tra le più severe al mondo.  Inoltre, gli attivisti ambientali, i difensori dei diritti umani, i giornalisti, i membri della comunità LGBTQ+ e tanti altri settori della società civile sono costantemente vittime di violenze.

La resistenza nascosta dell’Honduras

Nonostante tutto ciò, le proteste non si fermano: in Honduras le ingiustizie vengono contrastate solo dalle voci dei manifestanti. Nei mesi di confinamento dovuti al coronavirus, gli honduregni sono scesi per strada con lo scopo di denunciare la scarsa distribuzione di generi alimentari (per di più soggetta alle affiliazioni partitiche), l’appropriazione indebita degli aiuti per la pandemia e il rifornimento di materiale medico insufficiente e di cattiva qualità. Già nel 2019 le piazze si erano mobilitate per contrastare il piano del governo di privatizzare l’educazione e la sanità, nel 2017 per le elezioni fraudolente, nel 2015 per la corruzione e così via.

La corruzione può essere frenata solo da una volontà che nasca dalla politica stessa. A novembre si terranno le elezioni presidenziali e anche se Hernández non si candiderà, il vero cambiamento arriverà solo se si interrompono i mandati del Partido Nacional e si smantellano i meccanismi clientelari che tengono in ostaggio il sistema. 

 

 

 

Fonti e approfondimenti

Jennifer Avila, “Cambio climático : otra guerra de la que huyen los hondureños”, Contracorriente, 26/07/18.

Adriana Beltrán, “In Honduras, corruption kills”, World Politics Review, 26/01/21.

Carlos Dada, “Un pato llamado Honduras”, El Faro, 17/07/19.

Jared Olson, “Starvation Politics in Honduras”, El Faro, 04/06/20.

Héctor Silva, Victoria Dittmar, Un partido, muchos crímenes: el caso del Partido Nacional de Honduras”, Contracorriente, 16/02/21.

Daniel Vásquez, “Honduras en el abismo”, Nuso, 06/20.

 

 

Editing a cura di Giulia Lamponi

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