L’Altra America: Honduras

Honduras
@KristinKlein - Flickr - CC BY 2.0

Situato al centro-nord dell’America Centrale, l’Honduras è una nazione poco nota e fortemente multiculturale, che lotta per non essere determinata dal proprio passato e dalla propria localizzazione geografica. Di fatto, solo negli ultimi decenni, il Paese ha accumulato una serie di record negativi. Vi si è svolto il primo golpe latino-americano del XXI secolo, è stato considerato il peggior Paese in cui essere un attivista ambientale, la città di San Pedro Sula è stata designata come la più pericolosa al mondo per ben quattro anni consecutivi e presenta le maggiori disuguaglianze di reddito del continente. Inoltre, nel 1998, vi si è abbattuto il peggior uragano della storia centroamericana del Novecento, causando oltre 10.000 morti ed enormi passi indietro nello sviluppo. Infine, a partire dal 2018, si è cominciato a conoscere a livello internazionale il dramma di chi prova disperatamente a fuggire dal Paese.

Davanti a tali dati, proveremo a tracciare un breve profilo dell’Honduras che vada al di là della statistica.

Geografia e popolazione

L’Honduras confina con il Nicaragua, il Guatemala ed El Salvador. A nord è bagnato dal Mar delle Antille e a sud ha uno sbocco sul Pacifico. Il territorio è per la maggior parte montuoso, con una scarsa percentuale coltivabile e presenta un clima tropicale.

@UnitedNations – Wikimedia Commons – CC0

La popolazione conta 9.100.000 abitanti, di cui solo il 10% supera la soglia dei 55 anni. I dati circa le percentuali etniche variano, ma le stime parlano all’incirca di 80% di meticci e 7% di indigeni, mentre il resto è diviso tra bianchi, neri, mulatti e arabi – questi  ultimi comprendono la seconda maggiore diaspora palestinese del continente. Le tre etnie principali sono gli indigeni lenca, i Miskito e i Garifuna. Questi ultimi discendono da schiavi africani fuggiti grazie a un naufragio nel XVII secolo e rifugiatisi sull’isola di San Vicente, dove si mescolarono con le popolazioni Caribe e Arawak, creando una cultura mista. Nel 1797, gli inglesi espulsero gli abitanti dall’isola, spostandoli sull’isola di Roatán. Da allora, molti si mossero lungo il litorale continentale.

La lingua ufficiale è lo spagnolo, ma in alcune zone si parlano anche alcune lingue indigene, e sulla costa e le isole il garifuna e l’inglese creolo.

Cenni storici

In epoca precolombiana, il territorio honduregno formò parte dell’Impero maya. Fu in seguito abbandonato e rimase quasi disabitato, attraendo successivamente forti immigrazioni, che hanno contribuito all’attuale meticciato predominante.
Nel 1502, Colombo approdò sulla costa atlantica della Paese, e la battezzò col nome di Honduras, viste le “profondità” delle acque. La conquista effettiva del territorio iniziò però nel 1523 sotto il comando di Hernán Cortés. Una volta integrata al Vicereame di Nuova Spagna, la regione si è dedicata prevalentemente all’estrazione di oro e argento. Il 15 settembre 1821, il Paese divenne indipendente nell’ambito della Federazione Centroamericana, e se ne distaccò nel 1838. Di questa unione vi è ancora la traccia nella bandiera, che nella fascia bianca centrale include cinque stelle che rappresentano le province della Federazione.

Seguendo la tendenza regionale, l’Honduras indipendente ha conosciuto una serie di regimi militari dittatoriali di stampo conservatore e una crescente ingerenza statunitense, soprattutto tramite le compagnie bananiere.
Nonostante l’importanza delle piantagioni, diversamente dai suoi vicini, in Honduras le élite più potenti non sono legate alla terra, bensì alla finanza, ai servizi e alle telecomunicazioni. Inoltre, questi potenti sono spesso immigrati di prima o seconda generazione, provenienti soprattutto dal Medio Oriente e dall’Europa dell’Est.

L’Honduras nel mondo bipolare

Nel contesto della Guerra Fredda, lo Stato centroamericano è stato profondamente segnato dalle vicissitudini degli Stati limitrofi: le guerre civili in Salvador e Guatemala e la rivoluzione sandinista in Nicaragua.
Negli anni Ottanta, l’amministrazione Reagan si è infatti concentrata sull’Honduras a causa della sua posizione strategica, nell’intento di provare a contenere l’avanzata del sandinismo. I Contras – i guerriglieri controrivoluzionari nicaraguensi – furono addestrati in suolo honduregno sotto la guida degli Stati Uniti. In questo modo, si rafforzò il potere delle forze armate locali e si instaurò si facilitò l’accesso regionale alle armi.

@LevanRamishvili – Flickr – CC0

Per di più, Washington manovrò anche la ristrutturazione economica del Paese, rendendolo più dipendente dagli interessi e dalle tendenze globali. Così facendo, la società è risultata ulteriormente impoverita e destabilizzata.

L’Honduras alla fine del mondo bipolare

Con la caduta del muro di Berlino, la politica nordamericana si è concentrata altrove, deviando gli aiuti verso altri Stati. Di conseguenza, Tegucigalpa ha dovuto far leva su altre fonti esterne per sostenere il proprio sviluppo, precipitando nel baratro dei debiti.

Inoltre, alla fine degli anni Novanta, le politiche migratorie statunitensi hanno determinato il rimpatrio di decine di migliaia di mareros di origine centroamericana, che hanno portato con loro la loro peculiare forma di organizzazione criminale.
La disponibilità di armi, la povertà, le ricorrenti violazioni ai diritti umani, l’impunità, la corruzione e l’istituzionalizzazione della criminalità hanno portato a livelli di violenza senza precedenti. Di conseguenza, migliaia di persone hanno lasciato il Paese.

In questo contesto, gli sforzi di democratizzazione hanno subito una battuta d’arresto nel 2009, quando il presidente riformista Manuel Zelaya, avendo ripetutamente calpestato gli interessi delle oligarchie nazionali, è stato deposto da un golpe militare.

Diritti umani?

Corruzione e impunità sono rafforzate favorite da forti interessi particolari e da una mentalità secolare conservatrice – per lo più machista e razzista – e di sfruttamento delle risorse naturali. I giornalisti, gli avvocati, i giudici, i difensori dei diritti umani, le donne, le persone LGBT e gli ambientalisti sono spesso bersaglio di minacce, di aggressioni o di uccisioni. Ha fatto scalpore l’uccisione dell’attivista Berta Cáceres nel 2016, famosa per essere riuscita a fermare il più grande costruttore di dighe al mondo – la compagnia statale cinese Sinohydro – e il progetto idroelettrico che avrebbe danneggiato  la vita e i luoghi sacri di comunità indigene lenca.

Nel 2016, la Organizzazione degli Stati Americani ha instaurato la Misión de Apoyo contra la Corrupción y la Impunidad en Honduras, per provare a invertire la tendenza e  scardinare l’inerzia della comunità internazionale davanti a tali crimini.

Economia

Le tre piaghe che intaccano lo sviluppo economico sono la violenza, il narcotraffico e la povertà, e quest’ultima nel 2018 colpiva oltre il 60% della popolazione. Secondo l’UNDP, l’Honduras è il penultimo Paese del continente in base all’Indice di Sviluppo Umano.

La principale attività economica rimane, sin dall’epoca coloniale, l’esportazione di prodotti da monocoltura e il primo partner economico sono gli Stati Uniti. I settori che più sono cresciuti negli ultimi anni, come l’energia elettrica, le telecomunicazioni e la finanza, generano alti profitti. Purtroppo, questi non si traducono in un miglioramento complessivo delle condizioni di vita degli honduregni, bensì tendono a esacerbare le disuguaglianze. Nel Paese, la maggior parte dei lavoratori si dedica ad attività informali o illegali – una delle poche forme di mobilità sociale è proprio la delinquenza – e guadagna meno della media continentale.
Un quinto del PIL è costituito dalle rimesse degli emigrati, e i profitti legati al narcotraffico rappresentano più della metà di quanto è ottenuto dal caffè, che è il principale prodotto di esportazione.

Relazioni internazionali

Con El Salvador le relazioni sono state spesso tese, e si sono articolate in una lunga controversia territoriale riguardo al Golfo di Fonseca, arrivando nel 1969 al conflitto armato. Insieme al Guatemala, i tre Paesi devono affrontare, con molte difficoltà, i problemi delle migrazioni e delle maras.
In seguito al golpe del 2009, vari paesi latinoamericani non hanno riconosciuto il nuovo governo, e le ultime elezioni hanno di nuovo indignato la comunità internazionale.
L’Honduras continua a essere una pedina regionale degli Stati Uniti, che mantiene basi militari nel Paese.

Presidenza attuale

Juan Orlando Hernández è al suo secondo mandato protetto da una cerchia di militari leali. Le modalità che lo hanno visto rieletto nel 2017 hanno provocato lo scoppio di proteste, che persistono in un clima di crescente violenza. I toni autoritari del governo si esprimono tramite la ricetta di mano dura per combattere la criminalità. Questa politica ha diminuito i dati ufficiali sul tasso di morti violente. Ciononostante, rimangono dubbi circa questi dati e non bisogna dimenticare che la violenza è legata anche ad altre forme di coercizione. Queste, insieme al peggioramento generale delle condizioni di vita, sono in aumento e alimentano il fenomeno migratorio. Attualmente nel paese si respira un’aria simile a quella che ha preceduto il golpe del 2009.

Negli ultimi anni, chi segue le notizie o usa i social ha probabilmente sentito parlare dell’Honduras per la prima volta. Episodi specifici come quello delle carovane di migranti, o dell’uccisione di Berta Cáceres, rappresentano l’opportunità per rompere l’invisibilità storico-mediatica centroamericana. La convinzione radicata che il Paese per conto proprio non sia in grado di sostentarsi dovrebbe scollegarsi dall’interventismo statunitense – fino ad ora dannoso – per orientarsi verso un aiuto altro, che prenda in considerazione i veri interessi della cittadinanza nel complesso.
La classe politica si è dimostrata ripetutamente inaffidabile, corrotta e incline ad assecondare interessi stranieri. Il clima recente di proteste sembrerebbe sottolineare l’esasperazione di chi non vuole più accumulare record negativi.

Fonti e approfondimenti:

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