A distanza di tre settimane dalle elezioni dello scorso 26 novembre, Juan Orlando Hernandez è diventato ufficialmente il nuovo presidente dell’Honduras. A rendere noto, il 17 dicembre, il dato finale sul conteggio dei voti, è stato il presidente della commissione elettorale David Matamoros che, durante una conferenza stampa, si è così espresso: ”Il processo elettorale è stato lungo, ma è terminato anche grazie allo sforzo del popolo hondureño, agli osservatori internazionali e agli inviati delle nazioni qui presenti.”
Ciò di cui non si avvede il presidente del Tribunale elettorale supremo (Tse), però, è che gli osservatori internazionali presenti hanno comunicato ben altro: il segretario generale dell’Organizzazione degli Stati americani (Osa), Luis Almagro, in seguito ai rapporti dell’Osa e dell’Unione Europea, ha dichiarato ”l’impossibilità di dare certezze” e la necessità di ripetere le elezioni in quanto si è trattato di un processo elettorale caratterizzato da ”irregolarità e deficienze, l’entità delle quali permette di qualificarlo come di bassa qualità tecnica e carente di legittimità.”
Ma andiamo ai fatti.
I fatti
Le elezioni del 26 novembre erano già state anticipate da una palese violazione legale: la Costituzione dell’Honduras, all’articolo 237, vieta infatti la rielezione della carica nazionale più alta, quella del presidente. È quantomeno curioso che Juan Orlando Hernandez si sia ricandidato alla guida del Partido Nacional: nel 2009 proprio lui, insieme ad altri membri dell’opposizione, aveva attaccato l’ex presidente Manuel Zelaya, reo di aver indetto un referendum per rendere possibile un’estensione del mandato quadriennale e per questa ragione destituito coattamente dall’esercito.
La tornata elettorale era già iniziata con qualche dubbio di trasparenza in quanto un milione di persone decedute compariva nelle liste dei seggi abilitati al voto. Malgrado le violazioni, la giornata si è svolta senza incidenti, anche se in un clima tesissimo. Alla chiusura delle urne si è proceduto al conteggio dei voti che, teoricamente, si sarebbe dovuto svolgere in un lasso di tempo molto breve (come avvenuto nelle altre elezioni). Dopo aver contabilizzato più del 50% del totale dei seggi, Salvador Nasralla, il candidato dell’Alianza de Oposiciòn contra la dictatura (coordinata proprio dall’ex presidente destituito) risultava in vantaggio di oltre cinque punti percentuali e vari partiti avevano già comunicato la sconfitta attribuendo a lui la vittoria.
Da questo momento iniziano le anomalie. Il sistema di calcolo telematico, secondo il Tse, va in panne più volte e Matamoros dichiara l’impossibilità di dare un risultato certo prima del giovedì successivo, giorno in cui gli Osservatori internazionali avrebbero abbandonato il Paese. Cominciano a circolare sui social network immagini di schede modificate o segnate ex novo, senza nemmeno le firme dei presidenti di commissione. Il Ministero Pubblico perquisisce un ufficio del Partido Nacional dove le falsificazioni sono evidenti; i seggi che attribuivano la vittoria a Nasralla vengono monitorati e in alcuni viene invertito il risultato. La truffa si fa ancora più palese nel momento in cui cominciano a variare le percentuali dei risultati per quanto riguarda la presidenza, ma restano inalterate quelle relative alle elezioni dei deputati e dei sindaci. Un’incongruenza praticamente impossibile, anche in uno Stato come l’Honduras.
Prevedendo la situazione che si andava delineando, i sostenitori dell’Alianza de Oposiciòn e migliaia di cittadini hondureñi scendono nelle strade per manifestare contro la truffa subita.
Dopo lunghissimi giorni di attesa e ben oltre la deadline autoattribuitasi, il 17 dicembre il Tribunale Elettorale finalmente si esprime: i conteggi sono chiusi, il nuovo presidente è Juan Orlando Hernàndez che ha ”sconfitto” il leader dell’opposizione per soli 52.347 voti (con le percentuali rispettive di 42,95% contro 41,42%). Il Tse sostiene di aver adempiuto ai propri doveri, augurandosi che il Paese ritorni presto alla pace democratica; Salvador Nasralla contesta i risultati parlando di gravi e inaccettabili brogli elettorali.
Vale la pena ricordare un fatto: nelle elezioni del 2013, dopo aver scrutinato il 60% dei seggi, ad essere in vantaggio di 5 punti era Juan Orlando Hernández e fu proprio il presidente del Tse David Matamoros a dichiarare alla stampa che le cifre riflettevano una tendenza talmente irreversibile da non permettere ai risultati di cambiare.
Proteste, scontri e blocchi stradali
Subito dopo la presa di coscienza dei brogli elettorali, il popolo, come detto, si è riversato fuori dalle proprie abitazioni. A partire dalla capitale Tegucigalpa sono state occupate immediatamente strade, ponti e piazze, comprese quelle vie necessarie per il commercio dei due prodotti fondamentali per l’economia hondureña: le banane della Chiquita e l’ananas della Dole. Alla polizia è stata data subito libertà di azione che si è espressa attraverso un ampio uso di gas lacrimogeni, pallottole di gomme e proiettili. I disordini, però, non si sono arrestati: incendi e saccheggi si sono verificati in diverse attività commerciali, non solo a Tegucigalpa, ma anche a La Ceiba e San Pedro Sula, nel nord del paese, e a Progreso e Sigualapeque nel centro.
In uno dei quartieri della capitale,”El Pedregal”, un bambino di 12 anni è stato ferito da un proiettile sparato dalla polizia militare; molte altre persone sono state soccorse negli ospedali. Secondo le dichiarazioni rilasciate il 17 dicembre da Nasralla i morti sarebbero arrivati a 18, mentre i feriti e gli arresti sono diverse centinaia.
Diversi gruppi e organizzazioni si sono esposte per smascherare quanto sta succedendo in Honduras. Tra queste, la Piattaforma di Movimenti Sociali e Popolari dell’Honduras e la Mesa Nacional de Derechos Humanos hanno dichiarato il rifiuto categorico alla farsa elettorale che Juan Orlando Hernandez e il suo governo stanno mettendo in atto e hanno denunciato l’uso spropositato della forza da parte della polizia militare; l’invito è stato esteso a tutte le organizzazioni e le comunità affinché si proceda ad una mobilizzazione permanente contro l’imposizione e l’illegalità di ciò che sta accadendo. Anche ”Los Cobras” le forze speciali della polizia, hanno annunciato uno sciopero, rifiutandosi di reprimere il popolo hondureño.
Coprifuoco e sospensione delle geranzie costituzionali
A seguito delle proteste il governo ha preso una svolta autoritaria: subito è stato dichiarato lo stato d’emergenza e sono state sospese le garanzie costituzionali per tutto il tempo necessario a sedare la sommossa dei cittadini; oltre a ciò è stato imposto il coprifuoco dalle sei di pomeriggio fino alle sei di mattina.
Si resta, invece, in attesa del cosiddetto ”scrutinio speciale”, ovvero il conteggio voto per voto di circa mille verbali che presentano delle anomalie. L’Alianza, però, non ci sta e si rifiuta di inviare i propri rappresentanti fino a quando non verrà accolta la richiesta di ricontrollare tutti 5.174 verbali introdotti nel sistema telematico senza la rappresentanza dei partiti politici.
Fonti e Approfondimenti:
https://desinformemonos.org/fraude-pueblo-levantado-honduras/
http://www.limesonline.com/il-voto-in-honduras-e-la-democrazia-in-america/103436?prv=true
http://pdba.georgetown.edu/Constitutions/Honduras/hond05.html
https://desinformemonos.org/miles-hondurenos-desafian-toque-queda/
http://www.latribuna.hn/2017/12/04/libre-anuncia-paro-nacional-esta-semana/
https://elpais.com/internacional/2017/11/30/america/1512010968_888365.html
https://cronachelatinoamericane.wordpress.com/2017/12/06/cosa-sta-succedendo-in-honduras/