Il 28 febbraio scorso si sono tenute le elezioni legislative e municipali in El Salvador. Il partito Nuevas Ideas del presidente Nayib Bukele ha riportato una vittoria schiacciante. A partire dal 1° maggio, con 61 degli 84 seggi dei deputati in Parlamento, otterrà automaticamente la maggioranza assoluta. In questo modo, fino alle prossime elezioni nel 2024, Nuevas Ideas governerà il Paese senza dover negoziare e senza alcuna opposizione rilevante. La nuova sfida di Bukele, che tende a incolpare i suoi avversari di tutti i mali del Paese, sarà quella di essere l’unico responsabile delle politiche implementate, come della mancanza di esse.
Gli inizi
Durante la sua campagna elettorale del 2019, Bukele ha promesso tutto quello che i salvadoregni volevano sentirsi dire. Esperto di pubblicità e di comunicazione politica, si è presentato con un linguaggio e un’apparenza freschi, come l’eroe che avrebbe salvato il Paese da “los mismos de siempre” (gli stessi di sempre). Ha giocato un ruolo fondamentale il suo carisma giovanile, se si considera che l’età media dei salvadoregni è di 29 anni. In tal modo, con un atteggiamento molto lontano da quello della classe politica tradizionale, è riuscito a conquistare l’appoggio di una società stanca dopo 29 anni di bipolarismo, disillusione, corruzione e violenza laceranti.
Le sue manovre iniziali sembravano collocarlo a sinistra dello spettro politico, dalle cui fila proveniva. Dopo di che, nonostante abbia dichiarato di non avere ideologie specifiche, ha cambiato rotta. Infatti, si è avvicinato a figure come Trump e Guaidó e si è lanciato in discorsi di odio contro i suoi avversari.
Faccia nuova, vecchie abitudini
Ad oggi, la promessa di un nuovo inizio sembra svanire e la storia ripetersi. A prescindere dal suo aspetto così diverso, il presidente condivide molti tratti con i suoi predecessori. I casi di corruzione, di appropriazione indebita di fondi pubblici e di nepotismo continuano: i tre fratelli minori del presidente sono i consiglieri e strateghi del governo, e il cugino dirige il partito Nuevas Ideas. Inoltre, ogni forma di critica all’operato del governo è sotto attacco. Il giovane capo di Stato, che prometteva di farla finita con la politica tradizionale, incarna un nuovo capitolo del vecchio autoritarismo.
L’operato del governo
Bukele ha ottenuto dei risultati importanti, tra cui risaltano la drastica riduzione nei tassi di omicidi e la velocità di reazione dinanzi alla pandemia. Per il presidente, il primo esito, cavallo di battaglia contro i suoi critici nonché uno dei motori del suo consenso, è dovuto al suo Plan de Control Territorial, basato su misure di mano dura. Tuttavia, la stampa sostiene che sia direttamente correlato a negoziati avvenuti tra il governo e le maras. Il nuovo volto della politica salvadoregna ha dunque applicato nell’ambito della sicurezza le stesse politiche – dimostratesi poi fallimentari – dei suoi predecessori.
Il secondo risultato, inizialmente applaudito dalla comunità internazionale, è successivamente scemato. Le durissime misure di confinamento sono state fatte rispettare con numerosi abusi da parte delle forze dell’ordine, denunciate persino dalla Corte Suprema. Tuttavia, grazie all’effettivo aiuto economico e alimentare arrivato alle famiglie bisognose e alla disinformazione riguardo ai dati sanitari, la popolazione salvadoregna si ritiene per lo più soddisfatta della gestione della pandemia.
Il fascino per l’autoritarismo
L’esasperazione dinanzi alla corruzione e ai partiti tradizionali aiuta a capire Il fenomeno Bukele. Ma ci sono anche altri fattori, come il fascino della maggior parte dei salvadoregni per le promesse politiche di mano dura e la loro storica scarsa fiducia nella politica in generale e nelle istituzioni democratiche in particolare.
Secondo questa mentalità, l’autoritarismo non è un problema per i cittadini centroamericani se porta ai risultati voluti e se il governo dimostra di interessarsi alle necessità della popolazione. Infatti, dopo decenni di dilaniante corruzione e poca fattualità, per una volta sono state portate avanti azioni concrete, a prescindere dei metodi usati: il governo ha sostenuto i cittadini durante il lockdown, ha iniziato a distribuire i computer che ha promesso a oltre un milione di bambini e ha inaugurato progetti infrastrutturali che i suoi predecessori hanno lasciato in stallo. Soprattutto, è riuscito a far sentire i cittadini più sicuri, in un Paese che solo sei anni fa batteva il record mondiale nei tassi di omicidio.
Il 9 febbraio 2020
La massima espressione della deriva autoritaria del governo di Bukele è avvenuta il 9 febbraio dell’anno scorso. In questa data, il presidente è entrato in Parlamento con i militari, invocando Dio e minacciando i deputati. Nonostante in seguito sia emerso che fosse una strategia per nascondere una crisi di approvvigionamento d’acqua gestita male, l’irruzione dei militari in edifici del governo ha riaperto le ferite recenti della guerra civile.
La mancanza di sanzioni per tale atto ha lasciato la strada aperta a un esercizio del potere sempre più autoritario e alla crescita di importanza delle forze armate.
Un progetto di potere senza rendicontazioni
Per ora, invece che nella risoluzione delle numerose piaghe che affliggono il Paese, le risorse del governo sono state indirizzate all’indebolimento degli avversari politici e civili e al controllo del Parlamento. In questo contesto, la promessa di combattere contro la corruzione sembra essere stata applicata solo contro chi non è leale a Bukele. Infatti, nei primi mesi in carica, il governo ha creato una commissione anticorruzione, ma non le sono stati forniti gli strumenti per poter operare efficacemente, soprattutto contro chi circonda il presidente.
Ad ora, l’unico disegno del governo per il futuro del Paese sembra essere la crescita del potere e del successo del presidente. Infatti, nonostante l’enorme consenso e capitale politico, Bukele non ha colto l’occasione per cercare di unire un Paese fortemente polarizzato.
La strategia mediatica
La gestione dei mezzi di comunicazione e soprattutto dei social è un elemento chiave dell’attuale governo salvadoregno. Fino a ora, la sua strategia è stata quella della disinformazione. Infatti, si è adoperato per attuare blocchi all’informazione pubblica e a indebolire, minacciare e attaccare il giornalismo indipendente e presentarlo come nemico del governo. Qualsiasi istanza che critichi Bukele o che pretenda che egli renda conto del proprio operato diventa un bersaglio. In parallelo a queste manovre, cospicui fondi pubblici sono stati stanziati per far crescere e prevalere i mezzi di comunicazione controllati direttamente dallo Stato, così da poter presentare la propria versione dei fatti.
Il populismo di Twitter
Un tratto distintivo di Bukele è il suo uso di Twitter. Attraverso il social, governa di fatto il Paese: annuncia decreti, da ordini, nomina o destituisce i funzionari pubblici. Inoltre, pubblica contenuti sulla sua vita famigliare, selfie in edifici istituzionali, si definisce come “il presidente più cool del mondo” e critica e insulta i propri rivali. Ha creato una sorta di mediacrazia populista, dove i canali ufficiali sono stati rimpiazzati da quelli informali e semplici, tale un tweet.
Tuttavia, nel Paese solo la metà della popolazione ha accesso a internet, e solo il 10,7% dei maggiorenni usa Twitter. Visti tali dati, la comunicazione politica del presidente sembrerebbe indirizzata a una minoranza e non all’intera nazione.
Un consenso duraturo?
Il paradosso dell’attuale presidente salvadoregno è che nonostante i suoi sempre più chiari tratti autoritari, è attualmente il capo di Stato più popolare del continente nonché della storia democratica del Paese. Il forte sostegno popolare di cui si avvale è stato confermato il 28 febbraio scorso. I cittadini credono ancora nel cambiamento che egli ha promesso loro.
Tuttavia, il progressivo indebolimento dello stato di diritto attuato dal governo rischia di garantire sempre meno la protezione dei cittadini salvadoregni. Ciò in un contesto in cui i servizi, i diritti e le opportunità sono già molto scarsi. Inoltre, il boom di investimenti stranieri avvenuto subito dopo le elezioni del presidente, dovuto al carisma che ha fatto presa su tutto il mondo, ha subito una battuta d’arresto da quando egli ha mostrato il suo volto autoritario. Questa tendenza avrà grandi ripercussioni in un Paese che ha vissuto una recessione economica di ben 9% nel 2020 a causa della crisi sanitaria.
Il contesto regionale
Le tendenze del governo Bukele sono state offuscate dalla pandemia e dalla situazione allarmante in Paesi limitrofi, ma anche dal passato antidemocratico e autoritario del Paese e della regione. La rotta intrapresa da Bukele assomiglia a quella di Daniel Ortega in Nicaragua e di Juan Orlando Hernández in Honduras. In questi Paesi, le elezioni hanno consolidato a più riprese il potere di presidenti con forti tendenze autocratiche e antidemocratiche. Tuttavia, almeno per ora, il leader salvadoregno non ha bisogno di ricorrere a brogli elettorali, anche se gli episodi di violenza e la mancanza di trasparenza riguardo ai finanziamenti non sono mancati nella sua ultima campagna elettorale.
Davanti agli eventi del 9 febbraio dell’anno scorso, la comunità internazionale ha espresso la propria preoccupazione per l’operato di Bukele. Tuttavia, il consenso interno è solido, il che denota il forte bisogno dei salvadoregni di un cambiamento, anche a discapito della democrazia.
Fonti e approfondimenti
“El 9F no aleccionó a Bukele”, El Faro, 09/02/2021
Betrò F., “Nayib Bukele, il più giovane presidente latinoamericano”, Lo Spiegone, 11/02/2021
Cartagena M., “Dios, Twitter y los militares”, Nuso, 01/2021
Gavarrete G., “El Salvador: odio, asesinatos y… elecciones”, Nuso, 02/2021
Martínez O., “Bukele todopoderoso”, The New York Times, 03/03/2021
Pacheco H., “La Trampa de Nayib Bukele”, El Faro, 26/02/2021