L’Altra America: El Salvador

El Salvador
@Alvarojmartin - Pixabay - CC0

El Salvador è lo Stato non insulare più piccolo e più densamente popolato dell’America latina, schiacciato tra il Guatemala, l’Honduras e l’Oceano Pacifico.

La popolazione

I salvadoregni sono circa 6,5 milioni, di cui oltre l’85% sono meticci e il 12% bianchi. Il resto della popolazione si divide soprattutto tra indigeni, arabi e armeni. Vi risiede la terza comunità palestinese del continente, di cui fa parte l’attuale presidente Nayib Bukele, in carica dal 1° giugno 2019.
I cattolici costituiscono oltre la metà della popolazione, mentre il numero dei protestanti – come negli altri Paesi del subcontinente – cresce, e oggi si aggira intorno al 35%.

Secondo le stime, circa 2,5 milioni di salvadoregni risiedono all’estero, di cui oltre il 90% negli Stati Uniti. Non a caso, lo Stato centroamericano ha conosciuto nel giro di pochi decenni una diminuzione drastica nel tasso di crescita demografica.
Questi fenomeni demografici sono strettamente legati alle recenti vicende storiche del Paese.

Cenni di storia coloniale

Nei millenni avanti Cristo, i Maya si stabilirono nel territorio, per poi abbandonarlo in seguito a diversi disastri naturali. Dopo di che vi si installarono i Pipil dal Messico e i Lenca da zone limitrofe. Gli spagnoli vi arrivarono nel 1524, ma ci vollero diversi decenni per assoggettare del tutto le popolazioni indigene. La provincia di San Salvador rimase sotto la giurisdizione della Capitaneria generale del Guatemala durante tutto il periodo coloniale, a sua volta dipendente dal Vice Regno di Nuova Spagna. L’organizzazione del territorio girava attorno alla produzione dell’indaco.
Il numero degli indigeni scese drasticamente sin dall’arrivo dei conquistadores, senza risalire, come avvenne invece in alcune regioni vicine. Questo fenomeno è imputabile a trasformazioni sociali ed economiche.

Insieme al resto del Centro America, El Salvador acquisì l’indipendenza dalla corona spagnola nel 1821, per poi entrare a far parte della Federazione dell’America Centrale, di cui conserva tutt’oggi la bandiera a tre strisce orizzontali, una bianca centrale contornata da due blu cobalto. Nel 1841, dopo lo scioglimento della Federazione, venne proclamata la Repubblica.

Un’indipendenza difficile

Lo Stato ha conosciuto un susseguirsi di governi per lo più autoritari, a volte in mano ai militari.
Il caffè divenne sin dal XIX secolo il principale prodotto di esportazione. Attorno alla sua produzione si creò una stretta oligarchia, chiamata “delle 14 famiglie”, che governò fin da subito l’economia nonché le istituzioni statali.
Nel 1969 scoppiò un conflitto con l’Honduras, conosciuto come la guerra del calcio, che nonostante vide la vittoria dei salvadoregni, ebbe conseguenze sociali ed economiche disastrose, disattese dal governo.

Dalla guerra civile a oggi

In questo contesto nacquero gruppi guerriglieri di ispirazione marxista, che culminarono nel 1979 nel Frente Farabundo Martí para la Liberación Nacional (FMLN). Il nome fu un tributo al capo del Partito Comunista che nel 1932 guidò una rivolta nelle piantagioni di caffè, sanguinosamente repressa dal governo.

Un ennesimo colpo di Stato militare di destra, e il crescendo di azioni terroristiche paramilitari fecero precipitare il Paese in una guerra civile. La posizione geografica e le contingenze storiche, quali la Guerra Fredda e la lotta contro il sandinismo in Nicaragua, videro l’appoggio al governo da parte dell’amministrazione Reagan. Le politiche statunitensi radicalizzarono le crisi centroamericane e militarizzarono la regione, con un afflusso di armi che ancora oggi contribuisce agli altissimi tassi di violenza e di criminalità.
Con la fine del bipolarismo e una progressiva apertura al dialogo, nel 1992 venne firmata la pace. Dodici anni di conflitto lasciarono oltre 75 000 morti, più di 1 milione di profughi, una società dilaniata e una grave stagnazione economica.

La riconciliazione non ha avuto una strada facile, viste le ferite sociali lasciate dalla violenza e dalla sua mancata responsabilizzazione. Inoltre, la vita politica si è bipolarizzata tra il FMLN e la Alianza Republicana Nacionalista (ARENA), partito conservatore di destra, mantenendo le stesse retoriche degli anni del conflitto. Questo dualismo ha da subito impossibilitato il dialogo e una visione di continuità per il Paese, lasciando la strada aperta al clientelismo e alla corruzione.

L’attuale clima sociale

In questa situazione delicata, verso la fine degli anni Novanta, Washington ha rimpatriato decine di migliaia di immigrati clandestini centroamericani con la fedina penale sporca. Tra questi vi erano i mareros, affiliati di gang criminali nate nelle strade californiane. E in un contesto di stagnazione economica, le organizzazioni chiamate, appunto, “maras” hanno velocemente attecchito.
Ai fenomeni di delinquenza si aggiunge un altissimo tasso di violenze sessuali, oltre a risoluzioni giudiziarie spesso favorevoli ai perpetratori di abusi. In più, l’interruzione di gravidanza è illegale in tutti i casi.
Tutta questa violenza pone i giovani di fronte a un bivio: fuggire dal Paese o entrare in una mara.

Economia

Il suolo salvadoregno, ricco di corsi d’acqua e vulcani, è altamente fertile e rappresenta la principale risorsa del territorio, che ancora oggi basa la propria economia principalmente sull’agricoltura. Ma il retaggio dei latifondi coloniali e delle oligarchie ottocentesche si fa ancora sentire. Infatti, il primato del caffè nelle esportazioni e la concentrazione dell’economia nelle mani di poche famiglie implicano forti disuguaglianze.

Il settore del commercio e quello dell’industria sono molto cresciuti negli ultimi anni, soprattutto attraverso le maquiladoras, strutture che assemblano prodotti intermedi importati a tariffa zero che vengono in seguito esportati come prodotti finiti. Queste imprese operano soprattutto nel settore dell’abbigliamento, e i principali mercati di esportazione sono gli Stati Uniti e i Paesi limitrofi.

Il PIL è alimentato al 16% dalle rimesse degli emigrati, valore che purtroppo equivale anche al costo che il Paese sostiene per la criminalità organizzata. Un altro fattore negativo che determina spese elevate sono i disastri naturali, quali i terremoti e gli uragani.
Inoltre, con la fine della guerra civile si è aperto il settore del turismo, che resta però frenato dagli alti tassi di violenza. Questa rimane infatti il maggiore ostacolo allo sviluppo. I bambini vi si espongono sin dal momento in cui escono di casa, e considerando anche l’insufficienza di infrastrutture e materiali, il tasso di giovani che riescono a completare il ciclo scolastico è appena del 40%.

Le maras

Le maras nel Salvador contano oltre 60.000 affiliati, quasi tutti uomini. Queste gang sono responsabili in primis del record annuale di Paese con il più alto tasso di omicidi al mondo. In effetti, nel 2015, vi sono stati 5278 uccisioni, con una media di 18 al giorno. Per fare un paragone, in proporzione vi sono stati 15 volte più omicidi che negli Stati Uniti lo stesso anno, ed è come se in Italia avessero ucciso oltre 49.600 persone.
Non sorprende dunque che le maras siano al centro delle agende del governo. Questo, sin dal 2003 ha attuato piani di mano dura, tralasciando il rispetto dei diritti umani. Quando questa strategia è stata abbandonata, la repressione è comunque rimasta la risposta principale delle autorità, con risultati controproducenti. Infatti, i gruppi criminali sono cresciuti e le carceri si sono ulteriormente affollate.
Il sistema giudiziario è attualmente fragile, e spesso lascia spazio a fenomeni di pulizia sociale extra-giudiziaria. Anche nel caso in cui riuscisse a punire tutti i crimini commessi dalle gang, il sistema penitenziario sarebbe incapace di assorbire il numero di condannati.

Un esperimento senza precedenti

Nel 2012, il governo Funes ha negoziato di nascosto – e per la prima volta – una tregua con le principali maras. Queste si impegnavano a ridurre le violenze in cambio di favori carcerari ai loro capi. È stata la stampa a rendere pubblico questo accordo, mentre il governo lo ha ripetutamente negato. Nel frattempo, il numero di morti era drasticamente calato. Questo esperimento ha retto fino al 2014, e ha statisticamente salvato la vita a oltre 3 mila salvadoregni. La frustrazione risiede nell’occasione mancata di un dialogo e di strategie di prevenzione e riabilitazione.

Relazioni Internazionali

Il cosiddetto Triangolo del Nord – o della Morte -, composto da El Salvador, Honduras e Guatemala, prova ad affrontare congiuntamente il tema delle maras e quello correlato delle migrazioni. Queste, tra il fenomeno della carovana e le politiche limitative di Trump, sono diventate più difficile da intraprendere, e il numero di deportati è in crescita. Ciononostante, aumentano le domande di asilo dei salvadoregni e si svuotano interi villaggi.
Il potere dipinge le gang come imprese transnazionali, così da reindirizzare le cause, nonché le colpe, a livello regionale e non solo nazionale. In questo modo, il governo continua a disattendere le disuguaglianze sociali che in primis alimentano i fenomeni criminali.
La mano dura ha lasciato spazio a politiche di prevenzione della violenza, e dal 2016 El Salvador ha conosciuto una diminuzione costante nel numero di omicidi. Ciononostante, anche se la cifra è bassa per gli standard regionali, rimane comunque molto alta. La guerra in Salvador non è finita: si è spostata tra il governo e le gang, e la società civile rimane la principale vittima.

Ordinamento dello Stato

El Salvador è una Repubblica presidenziale, in cui il capo dello Stato resta in carica per 5 anni, e non può essere rieletto in periodi continui, né al di fuori di un partito. L’enfasi sulla separazione dei poteri e la subordinazione delle Forze Armate al potere civile, che sono stati i pilastri per la stabilizzazione post-conflitto, sono stati violati lo scorso 9 febbraio. Il presidente Bukele ha dato l’ordine ai militari di entrare nel Parlamento, minacciando di scioglierlo entro una settimana se non avesse approvato il prestito per finanziare il suo piano di sicurezza nazionale.

In questa vicenda si racchiudono i problemi endemici di un piccolo Paese, dove le piaghe sociali sono retro-alimentate da un sistema politico disfunzionale.

 

Fonti e approfondimenti

Tulio Halperín Donghi, Historia contemporánea de América Latina, Alianza Editorial, 2013

Valencia, Un Paese in mano alle bande criminali, Internazionale, 21/06/2018

A. Acosta, El Salvador, caso ejemplar para el análisis de la corrupción, El Faro, 30/05/2017

S. Wolf, Políticas antipandillas para ganar elecciones, El Faro, 16/02/2017

M. L. Nóchez, Un paraíso para los violadores de menores, Escuelas -El Faro

 

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