Islam Insight: i drusi, la branca esoterica dell’Islam

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Tra le tante denominazioni e filoni di pensiero islamico che, lungo i secoli, hanno sviluppato una propria dottrina, si trovano i drusi, un’antica comunità che affonda le sue radici nella corrente sciita ismailita. Alcune caratteristiche come l’endogamia, la segretezza intorno ai precetti religiosi e l’isolamento nelle zone montagnose inducono a ritenerla una comunità etno-religiosa a tutti gli effetti. Attualmente, i drusi in Medio Oriente ammontano a circa un milione e mezzo: 120 mila circa in Israele, 450 mila in Libano, 800 mila in Siria e 32 mila in Giordania.

 

Origini

Le origini della comunità risalgono all’Undicesimo secolo e alla regione del Cairo, allora governata dalla dinastia Fatimide.  Sotto il califfato di al‑Hakim bi‑Amr Allah, Ibn Ahmad Ibn Ali, un saggio dell’Islam ismailita di origine persiana che giunse in Egitto e, secondo la tradizione – intorno al 1014 – iniziò a predicare, guadagnando un numero sempre maggiore di seguaci. Il nome che lui stesso scelse per la comunità fu quello di “Mowahiddun” o “Ahl al Tawhid”, cioè “unitaristi” – facendo riferimento all’unicità di Dio.

Ibn Ahmad riuscì ad ottenere la stima e la protezione dell’eccentrico califfo al‑Hakim, al punto che quest’ultimo adottò la sua dottrina. Nel 1009, al-Hakim dichiarò di essere un’incarnazione terrena di Dio, l’ultima di una catena di reincarnazioni che risaliva al genero di Maometto, Ali ibn Abi Talib. Sebbene molti respinsero l’idea della santità di al-Hakim, altri iniziarono a seguire lui e Ibn Ahmad, dando origine ai proto-drusi.

Tuttavia, nel 1020, il califfo al‑Hakim sparì in circostanze misteriose durante un ritiro spirituale, molto probabilmente assassinato. Gli unitaristi seguaci di Ibn Ahmad interpretarono l’episodio come un occultamento mistico prova della sua santità e, di conseguenza, riconobbero il saggio persiano come unica autorità religiosa dopo al-Hakim, disconoscendo il califfo al-Zahir, successore del trono fatimide, come legittimo Imam.

In questo contesto, la comunità dei proto-drusi iniziò a subire attacchi di diverso tipo (comprese svariate stragi), che costrinsero i suoi capi a ritirarsi dalla vita pubblica nel 1043. Quindi, gli unitaristi iniziarono a praticare il culto in privato, senza accettare nuovi adepti e mantenendo segreta la loro dottrina.

In seguito, mentre la comunità veniva sterminata in Egitto, alcuni missionari si avventurarono sulle montagne della costa orientale del Mediterraneo (negli odierni Israele, Siria e Libano). Riuscirono a convertire alcune tribù arabe e conquistarono il potere politico per un breve periodo, nel XVII secolo, nella regione del Monte Libano – allora sotto dominio ottomano e affidata al governo dell’emiro Fakhr al‑Din II.

 

Credenze

I drusi sono essenzialmente monoteisti e riconoscono gran parte dei profeti di tutte le grandi religioni, tra cui Gesù, San Giovanni Battista, Maometto e Mosè. Tra tutti questi profeti, il più importante è Jethro, il suocero di Mosè che – secondo la tradizione drusa – avrebbe rivelato e trasmesso le conoscenze della fede drusa al genero, il quale successivamente l’avrebbe rivelata agli altri profeti.

Quindi, sebbene nata come una branca dell’Islam, la fede drusa ha sviluppato una dottrina autonoma, arrivando a disconoscere i cinque pilastri fondamentali della fede islamica e a incorporare elementi dell’Ismailismo, dello Gnosticismo, del Neoplatonismo e dell’Induismo. Inoltre, ai drusi è permesso dissimulare la loro fede se si trovano in una situazione di rischio, potendosi tranquillamente fingere cristiani o musulmani a seconda del contesto. Ciononostante, sussistono alcuni principi in comune con l’Islam, come il divieto del consumo d’alcool e della carne di maiale.

I saggi drusi considerano la loro fede come una nuova interpretazione delle tre grandi religioni monoteiste rivelata a profeti, filosofi e grandi personaggi, compresi Akhenaton, Socrate, Aristotele e Alessandro Magno. Ad esempio, il contenuto della Genesi viene inteso come una parabola, in cui Adamo non sarebbe stato davvero il primo essere umano a esistere sulla Terra bensì il primo a credere in Dio.

Inoltre, i drusi ritengono che i vari rituali e i pellegrinaggi macchino la purezza della fede in Dio e minimizzino l’importanza di ogni forma di preghiera, festività ufficiale o giorno di digiuno. La dottrina resta segreta e l’accesso a essa è vietato a tutti coloro che non fanno parte della comunità.

I princìpi che tutti i drusi devono seguire a grandi linee, indipendentemente della propria posizione nella comunità, sono: dire la verità, sostenere i fratelli e compagni di fede, abbandonare i vecchi rituali religiosi, purificarsi dall’eresia, accettare l’unicità di Dio e sottomettersi alla sua volontà.

I drusi credono in un unico Dio, che è immanente – ossia, presente in tutto – e si colloca allo stesso livello dell’esistenza stessa, non al di sopra di essa. Dio non ha attributi o caratteristiche che lo differenziano dalla sua essenza: è sapiente, onnipotente e giusto, contrariamente agli attributi con cui ci si riferisce ad Allah nella tradizione islamica. Un saggio della comunità, con le conoscenze adeguate, può sperimentare la stessa “luce di Dio” per mezzo di un’esperienza mistica.

Un altro elemento cardine, fra i princìpi dei drusi, è la credenza nella reincarnazione, per la quale essi sono stati tacciati di eresia e infedeltà da parte dell’Islam maggioritario. Le anime presenti nel mondo, secondo i testi drusi, sono quantificabili in un determinato numero, raggiunto nel 1043. Da quel momento in poi, queste anime possono giungere all’unione con la Mente Cosmica, attraverso il ciclo di reincarnazione: per questo, non è possibile accettare nuovi convertiti.

Il principale libro sacro per i drusi è il Kitab Al Hikma (il “libro della saggezza”), assieme ad altri trattati filosofici. I luoghi di riunione dei fedeli, invece, sono chiamati khalwa.

 

Autorità religiose

La religione drusa non riconosce un’autorità suprema, ma i fedeli si dividono in due caste:  Uqqal, ovvero i “sapienti”, e Juhhāl, gli “ignoranti”. I “sapienti” sono i pochi che conoscono i segreti dell’interpretazione esoterica e hanno accesso ai testi sacri e filosofici. La maggioranza dei membri della comunità è invece “ignorante”, ossia “non iniziata”. I Juhhāl non possono assumere alcun ruolo nelle cerimonie religiose, mentre gli Uqqal – sia uomini che donne – vi prendono parte attivamente e occupano posizioni di prestigio nella gerarchia della comunità.

 

Alcune differenze con la Sharia

Esistono notevoli differenze tra drusi e musulmani riguardo le leggi di famiglia, lo status delle donne, la conversione e l’esogamia.

Mentre gran parte delle scuole di giurisprudenza islamica accetta il fatto che gli uomini possano avere più mogli, i drusi sono rigorosamente monogami. Inoltre, al contrario di molte regole sciaraitiche, tra i drusi è richiesta l’età minima di diciassette anni come condizione per il matrimonio di una giovane donna, la quale deve previamente esprimere il suo consenso.

C’è anche una grande differenza riguardo al divorzio. Secondo la pratica islamica del talaq, un marito può divorziare dalla moglie pronunciando tre volte la formula “io divorzio da te”. Affinché il divorzio sia effettivo, però, queste parole devono essere pronunciate in tre momenti diversi, intervallati da un determinato periodo di tempo, nel quale i due sposi possono riconciliarsi. Una volta divorziati, l’uomo può risposare l’ex moglie solo se quest’ultima, nel frattempo, ha contratto un matrimonio con un uomo diverso. Invece, secondo le regole della comunità drusa, il divorzio è un atto definitivo e irrevocabile, e la coppia divorziata deve evitare qualsiasi contatto – perfino rivolgersi la parola.

Per ultimo, il matrimonio fuori dalla comunità è vietato: un uomo druso non può sposare una donna non drusa, e viceversa. Il motivo principale risiede nel fatto che non esiste la possibilità di conversione, quindi la qualifica di membro della comunità drusa può essere trasmessa solo ai figli nati da due genitori drusi.

 

 

Fonti e approfondimenti

A brief look at the beliefs of the Druze“, Islam Question & Answer, 30/08/2003.

Jihii, Jolly. “Looking for Love in One of the World’s Tiniest Religions“, The Atlantic, 02/06/2014.

Brenton Betts, Robert. “Druze and Jews in Israel – A Shared Destiny?“, Middle East Policy Council.

Nissim, Dana. 2003. The Druze in the middle east. Brighton: Sussex Academic Press.

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