Dentro le maras: il loro impatto sociale

Maras
Maras - U.S. Customs and Border Protection - Wikimedia Commons - Pubblico Dominio

Da quando si sono radicate nel Triangolo Nord dell’America centrale, le maras hanno conosciuto alcuni rilevanti sviluppi verso l’imprenditoria e hanno stretto legami con i cartelli internazionali della droga. Tuttavia, questi gruppi continuano a essere dei meccanismi criminali tra poveri, anche se le retoriche pubbliche tendono a distorcere il fenomeno. I soldi e le armi non sono un fine, ma un mezzo per permettere il funzionamento e la sussistenza dei gruppi stessi. La risorsa più preziosa del gruppo è il suo capitale umano, insieme alla sua territorialità e potere nel barrio (quartiere). Queste pandillas rimangono un fenomeno locale, prettamente legato alle condizioni socioeconomiche degli ambienti dove si sono radicate.

Quello che le contraddistingue è l’estrema violenza. Sono dunque, al contempo, un prodotto delle loro società tanto quanto un elemento altamente disgregante delle stesse.

Effetti sociali

Sebbene le maras si inseriscano in un quadro storico di violenza regionale, hanno avuto un ruolo determinante nell’aumento dell’insicurezza e del porto d’armi negli ultimi decenni. Il loro operato e il loro coinvolgimento con il narcotraffico (per quanto secondario) hanno fatto aumentare gli omicidi e la violenza in generale.

Inoltre, questi gruppi lasciano un marchio a vita: i datori di lavoro si rifiutano di contrattare ex-mareros, spesso facilmente riconoscibili dai tatuaggi. Ciò rende difficile l’abbandono della vita criminale. Tuttavia, alle volte, alcuni pandilleros sono ingaggiati dalle autorità stesse per creare disordine e caos in manifestazioni pacifiche della società civile.

La sicurezza privata

In parallelo con il radicamento delle maras, nel Triangolo Nord è cresciuto un altro fenomeno: quello delle imprese di sicurezza privata.

Non potendo contare su forze di polizia efficienti e, piuttosto che riformarle, dinanzi a tali livelli di violenza gli Stati e le imprese si sono affidati a sistemi di sicurezza alternativi. Questi forniscono uomini armati insieme a materiale di vigilanza, come i sistemi di allarme. Si tratta spesso di ex-militari e poliziotti, per controllare edifici, case private o per essere guardie del corpo. Non essendovi leggi specifiche per controllare il settore, questi individui hanno un’ampia libertà di azione.

In Guatemala, tra il 2004 e il 2018, lo Stato ha speso un quinto del proprio budget per la sicurezza cittadina per assicurarsi tale servizio.

Inoltre, la contrattazione di vigilanti privati alza i costi delle imprese che, di conseguenza, aumentano i prezzi dei loro prodotti.

Le migrazioni

Dall’altro lato, chi non riesce a proteggersi continua a fuggire. Le migrazioni aumentano proprio in coincidenza dei picchi di violenza, spesso causati dalle maras, come dopo la cessazione della tregua salvadoregna nel 2014.

Accanto ai motivi economici, tra i fattori determinanti dell’emigrazione vi è proprio la violenza: nel 2016, un terzo dei salvadoregni e honduregni che avevano lasciato il loro Paese affermavano di essere partiti a causa dell’insicurezza quotidiana.

La crisi dei minori non accompagnati

Dal 2014 si sta verificando un nuovo fenomeno migratorio, tuttora in crescita, che ha messo in luce l’emergenza che vivono le società del Guatemala, dell’Honduras e del Salvador. Dalla regione, decine di migliaia di minori non accompagnati hanno iniziato a dirigersi verso gli Stati Uniti.

Uno dei principali fattori espulsori è stata la violenza, e le ripercussioni degli effetti delle maras soprattutto sulle fasce più giovani. Infatti, le scuole dei quartieri marginalizzati sono costantemente sottoposte a minacce per reclutare nuovi pandilleros. In questo modo, avendo una tale presa su generazioni intere, le maras compromettono il futuro dei loro Paesi.

L’aumento delle deportazioni

Sotto l’amministrazione Trump, il meccanismo delle deportazioni è aumentato. La retorica del governo ha usato le maras e altre pandillas presenti sul territorio come minaccia alla sicurezza nazionale per convincere il Paese che l’immigrazione clandestina in toto, e soprattutto quella centroamericana, va eliminata. Un’altra grande minaccia mediatizzata è stata quella dell’“invasione” di migranti, esemplificata dalle carovane degli anni scorsi, nonostante molti emigrino proprio per sfuggire dalle stesse organizzazioni criminali nei loro Paesi.

Inoltre, con Trump sono aumentati gli ostacoli all’immigrazione verso gli Stati Uniti. La violenza domestica e la persecuzione da parte di qualsiasi gang non sono più motivi validi per richiedere asilo, pratica che ormai bisogna iniziare nei propri Paesi di origine, pena il rimpatrio immediato.

Le deportazioni e la loro storia, senza l’implementazione di forti programmi sociali di prevenzione e di integrazione, sono un indizio del futuro rafforzamento delle maras. La mancanza di alternative, sia nei loro Paesi che negli Stati Uniti, per la maggior parte dei centroamericani è responsabile dell’esistenza stessa delle maras e del circolo vizioso della violenza.

Nonostante i Paesi del Triangolo Nord abbiano chiuso i loro confini aerei da metà marzo come misura di contenimento della pandemia, gli Stati Uniti hanno continuato a deportare migranti, senza assicurare test per il virus. Di fatto, molti deportati sono risultati positivi.

Gli spostamenti interni

Non tutti quelli che scappano dalla violenza escono dai propri confini nazionali. Infatti, molti honduregni, salvadoregni e guatemaltechi si vedono costretti a spostarsi e lo fanno all’interno dei propri Paesi. Questi flussi tendono a dirigersi dalle città, in cui l’influenza della criminalità è maggiore, verso le zone rurali, o verso altre zone delle città stesse. Gli spostamenti intra-urbani sono più difficili da quantificare e per questo per la maggior parte invisibili. Si fugge dalle estorsioni, dalle minacce di morte o per sottrarre i propri figli o se stessi dai reclutamenti o dalla violenza. In sintesi, si scappa dal proprio barrio, ormai preda delle pandillas, diventando ulteriori vittime invisibili della violenza urbana.

Inoltre, l’emergere in alcune zone rurali di attività legate al narcotraffico e le conseguenti minacce ed estorsioni hanno costretto molti contadini ad abbandonare le loro terre.

Effetti economici delle maras

La violenza intacca l’economia in diversi modi. L’insicurezza costa e sottrae guadagni. In America centrale, il Triangolo Nord è l’area che guadagna di meno grazie al turismo in proporzione al proprio PIL. Nonostante i motivi siano vari, l’insicurezza gioca un ruolo determinante, e le maras ne sono in gran parte responsabili.

Inoltre, le estorsioni sono un enorme ostacolo per i piccoli commercianti e per i trasportisti.

Le maras e il confinamento da coronavirus

La pandemia, ma soprattutto i lunghi lockdown a cui sono stati costretti molti Paesi del mondo, hanno avuto forti ripercussioni sul mercato criminale.

Nel Triangolo Nord, la chiusura delle attività commerciali ha compromesso i guadagni delle maras legati soprattutto alle estorsioni. Alcune pandillas hanno deciso di concedere deroghe ai pagamenti delle estorsioni da parte dei commercianti che hanno dovuto chiudere i propri negozi.

Inoltre, la chiusura delle frontiere ha avuto un impatto immediato su diversi traffici illeciti. D’altro canto, il distanziamento sociale, il coprifuoco e la quarantena hanno fatto drasticamente diminuire, almeno inizialmente, i crimini violenti. In questo contesto, El Salvador ha registrato un record storico: non vi sono stati omicidi per ben due giorni di seguito. 

La collaborazione con le autorità

Sorprendentemente, in molti contesti, i pandilleros hanno usato la loro influenza territoriale e le minacce per assicurare l’osservanza delle misure di contenimento decretate dai governi. Ciò ha dimostrato che la criminalità organizzata ha più controllo sulla popolazione rispetto allo Stato.

Tuttavia, questa collaborazione con le autorità ha sottolineato la paura delle maras della pandemia, dovuta nello specifico a tre fattori.

Innanzitutto, il non rispetto delle regole ha aumentato la presenza di forze dell’ordine nei loro barrios, ostacolando il loro operato. Inoltre, le carceri, centri operativi di tali gruppi, sono spazi molto vulnerabili all’eventuale scoppio di casi di covid-19. Infine, visto il sovraffollamento degli ospedali, qualora un medico dovesse scegliere a chi fornire aiuto respiratorio, il marero avrebbe il timore di essere sfavorito.

Il braccio di ferro sulle prigioni

A fine aprile, nel Salvador gli omicidi sono di nuovo aumentati all’improvviso per mano delle pandillas. Queste hanno voluto lanciare un monito per avvertire che sono ancora forti, ma sono state motivate anche dalla disperazione dovuta al blocco economico. Inoltre, attirando così l’attenzione del governo, hanno chiesto migliori condizioni igienico-sanitarie nelle carceri oltre che la loro chiusura a visite esterne per poter arginare i possibili contagi.
In risposta, il governo ha invece decretato come punizione la fine della separazione delle prigioni per mara. Le foto di centinaia di prigionieri ammassati, in tempi di distanziamento sociale, hanno fatto il giro del mondo.

Infatti, dal 2004, dopo la mattanza del carcere di Mariona in cui 32 membri di diverse pandillas si sono uccisi tra di loro, il governo salvadoregno aveva deciso di separare le prigioni per mara, così da impedire il ripetersi di tali massacri. Lo stesso è avvenuto per cause simili nei Paesi limitrofi.

Questo braccio di ferro intorno alle carceri dimostra la loro centralità per le maras, come conseguenza indiretta delle incarcerazioni di massa avviate dal 2002 con le politiche di mano dura.

Nel contesto del Triangolo Nord, i governi non hanno saputo rispondere in modo adeguato nei confronti delle maras, agendo sugli effetti e non sulle cause. Di conseguenza, le società e le istituzioni hanno continuato a dilaniarsi e a blindarsi sempre di più sotto la pressione di tassi elevatissimi di violenza. E nonostante casi puntuali di reintegrazione e lievi diminuzioni negli omicidi, una lotta effettiva e integrale a queste organizzazioni criminali deve essere ancora intrapresa. Ad oggi, il fenomeno delle maras sembra dunque lontano dallo sparire.

 

 

Fonti e approfondimenti

A. Fürst, Dentro le maras: la risposta dei governi, Lo Spiegone, 02/12/20.

M. Herrera, El impacto de la pandemia sobre el crimen organizado”, Plaza Pública, 16/04/20.

Niños centroamericanos siguen migrando a EEUU porque huyen de la muerte”, The Conversation, 31/07/18.

C. Martínez, Pandillas amenazan a quien incumpla la cuarentena”, El Faro, 31/03/20.

M. Orozco, J. Yansura, Removed, Returned and Resettled: Challenges of Central American Migrants Back Home”, The Dialogue, 07/2015.

S. Chávez, “Los dueños de la seguridad privada en Guatemala”, Plaza Pública,10/03/2019.

 

 

Editing a cura di Giulia Lamponi.

 

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