La Dichiarazione sull’eliminazione di tutte le forme di intolleranza e di discriminazione fondate sulla religione o sul credo venne approvata all’unanimità nella seduta dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite del 25 novembre 1981, dopo alcuni anni di discussioni e di rallentamenti.
Il contesto storico e sociale
Il contesto storico in cui essa prende vita è particolare: già all’indomani della fine della Seconda guerra mondiale si sentiva di dover dare più attenzione alle forme di odio e di intolleranza religiosa, ben consci delle conseguenze che ne sarebbero potute derivare. Tuttavia, nonostante diverse bozze e molti lavori preparatori si deve attendere il 1981 per arrivare all’approvazione.
Oltre a dover affrontare una restaurazione mondiale post bellica, la causa del grande ritardo per la sua creazione è stata dare priorità ad altre attività, che videro la stesura di atti quali la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 e la Convenzione internazionale sui diritti civili e politici del 1966. Quindi, non fu posta in discussione la necessità di dedicare un atto a sé stante alla materia, ma si ritenne di poterla ritardare, contando già su testi fondamentali che contenevano disposizioni più che solide.
I focus della Dichiarazione: persona, libertà e tutela
Quando, però, ci si trovò davanti a nuove ondate di odio e di intolleranza religiosa si comprese la necessità di un testo esclusivamente dedicato alla tutela di ogni forma di credo e di professione religiosa, includendo anche la professione dell’ateismo e dell’agnosticismo.
Così, nel Preambolo si chiarisce la qualificazione di diritto umano della libertà religiosa, considerato che il proprio credo religioso costituisce uno degli aspetti fondamentali della vita dell’individuo e caratterizza la propria concezione dell’esistenza e dell’essere e come tale deve essere integralmente rispettata e garantita. Peraltro, la libertà di professione religiosa non si esaurisce nella possibilità di seguire una determinata fede, ma comprende anche la possibilità di cambiare il proprio credo senza per questo subire discriminazioni o atti di intolleranza.
Sin da queste premesse, si capisce che il focus di questo strumento non è solo quello di orientare gli Stati firmatari al rispetto e alla tutela di questo diritto umano, ma anche quello di rivolgersi direttamente a tutte le persone, sia come singoli individui sia come aggregazioni; per questo motivo nel testo non compare la parola “cittadino” ma ci si riferisce a “persone”, non volendo limitarsi solo alla corretta tenuta degli Stati.
Strutturalmente, la Dichiarazione è breve ed è composta solo di otto articoli più il preambolo. Infatti, l’intenzione non era quella di duplicare disposizioni già presenti altrove, con cui mantiene collegamenti strutturali, ma dare loro una forza diversa.
L’ampia concezione della libertà religiosa si percepisce già dalla disposizione di apertura, che si riferisce alla tutela della “libertà di pensiero, di coscienza e di religione”, evidenziando così l’intenzione di una difesa onnicomprensiva. La lesione di queste libertà è, nei fatti, considerata un vero e proprio “affronto alla dignità umana e un disconoscimento dei principi dello Statuto delle Nazioni Unite” e come tale deve essere prevenuta e condannata, come chiaramente descritto nell’art. 3.
Nelle disposizioni successive ci si concentra su concetti fondamentali e di cui si vuole dare chiarezza. Viene data la definizione degli atti di intolleranza e di discriminazione fondati sulla religione o sul credo individuandoli in “ogni forma di distinzione, di esclusione, di restrizione o di preferenza basata sulla religione o il credo, avente per scopo o per effetto la soppressione o la limitazione del riconoscimento, del godimento o dell’esercizio dei diritti umani e delle libertà fondamentali su una base di eguaglianza” indipendentemente da chi sia l’autore di tale attività.
Si chiarisce poi come si sviluppa la libertà di religione, vedendo non solo la possibilità di professare un culto individualmente, ma anche di farlo in una comunità, di poterla creare e sostenere anche con la ricerca di finanziamenti e con la formazione di guide spirituali (art. 6). In tal senso si collega anche l’insieme di tre disposizioni sull’educazione religiosa dei bambini, a cui i genitori o i loro tutori legali sono liberi di trasmettere il proprio credo religioso, con la specificazione che le sue inclinazioni personali devono essere tenute in alta considerazione e che l’educazione religiosa impartita non deve mai produrre alcun tipo di danno fisico o morale nel suo sviluppo.
Infine, si ricorda il legame inscindibile tra queste disposizioni e quelle contenute altrove: il progetto principale è quello di creare raccordi e armonizzazioni in materia di libertà religiosa senza limitarsi a vicenda.
Rappresentante speciale sulla libertà religiosa e di credo
Alcuni anni dopo l’approvazione della Dichiarazione, la Commissione per i diritti umani delle Nazioni unite, ora nota come Consiglio ONU per i diritti umani, con la Risoluzione 1986/20 istituì la figura del Rappresentante speciale sull’intolleranza religiosa. Tuttora attivo, nel 2000 viene rinominato Rappresentante speciale sulla libertà religiosa e di credo. Questi agisce come esperto indipendente, con il compito di identificare i problemi emergenti ed esistenti sulla libertà religiosa e di proporre raccomandazioni in merito a mezzi e metodi per superare tali ostacoli. Oltre a ciò, con cadenza annuale produce report di monitoraggio sulle questioni di maggiore rilevanza e problematicità.
Sebbene nata con un forte riferimento al passato, quasi a memoria di quanto accaduto nel conflitto mondiale, l’importanza della Dichiarazione è sempre attuale. Infatti, negli ultimi anni i fenomeni di intolleranza e di violenza basati su ragioni religiose si sono fatti sempre più frequenti e pericolosi, diffusi anche attraverso le piattaforme tecnologiche sotto forma di hate speech. Proprio la persistenza di queste forme di violenza rende la Dichiarazione e il Rappresentante speciale figure imprescindibili, tanto da essere perenni interlocutori nelle più recenti situazioni di crisi, nonostante i limiti con cui devono confrontarsi.
Fonti e approfondimenti
Assemblea Generale ONU, Dichiarazione sull’eliminazione di tutte le forme d’intolleranza e di discriminazione fondate sulla religione o il credo, 25.11.1981.
Bielefeldt, H., Wiener, M., Declaration on the elimination of all forms of intolerance and of discrimination based on religion or belief, United Nations Audiovisual Library of International Law.
Office of the High Commissioner for Human Rights, Il Rappresentante speciale sulla libertà religiosa e di credo.
Office of the High Commissioner for Human Rights, L’attività del Rappresentante speciale sulla libertà religiosa e di credo.
Editing a cura di Francesco Bertoldi
Be the first to comment on "Ricorda 1981: Dichiarazione sull’eliminazione di tutte le forme d’intolleranza e di discriminazione fondate sulla religione o il credo"