Il razzismo contro la popolazione asiatica in Australia

Razzismo in Australia
Il vecchio e il nuovo Parlamento australiano a Canberra - @Thennicke - Wikimedia Commons - CC BY-SA 4.0

I media, anche quelli italiani, si sono interessati a più riprese del sistematico aumento di episodi di razzismo ai danni della comunità asiatica negli Stati Uniti dall’inizio dell’epidemia di Covid-19. Alcuni ricercatori delle Università di Melbourne e del Queensland hanno messo a confronto i dati delle aggressioni statunitensi con quelli disponibili per l’Australia. Contrariamente alle ipotesi iniziali, dallo studio è emerso che non vi erano grosse differenze tra Canberra e Washington in termini di diffusione di fenomeni razzisti contro persone asiatiche. Al di là della differente copertura mediatica, l’incremento di discriminazioni razziali ha caratterizzato anche l’Australia.

Dalla ricerca, inoltre, è emersa una differenza sostanziale tra i fattori che determinano questo fenomeno nei due Paesi. Negli Stati Uniti i casi di aggressione sono collegabili soprattutto al bipolarismo politico, con una netta diversità tra democratici e repubblicani. In Australia, invece, questo fenomeno sarebbe legato a una più vasta gamma di fattori socio-economici oltre all’affiliazione politica, quali età, genere, condizione lavorativa e disponibilità economica.

Lo stato attuale del razzismo contro la popolazione asiatica in Australia

La comunità asiatica in Australia è composta da individui di diverse nazionalità, lingue e culture. Tuttavia, per quanto riguarda gli episodi di razzismo legati all’epidemia e alla sua narrazione mediatica, rivolta prevalentemente alla popolazione cinese, le diverse comunità presenti in Australia hanno riportato esperienze simili. In quanto a discriminazione, infatti, spesso gli individui di origine cinese e quelli provenienti da altre aree del continente asiatico subiscono lo stesso genere di trattamento.

Un rapporto preliminare dell’Asian Australian Alliance uscito nel 2020 evidenzia delle tendenze comuni negli episodi analizzati. Ad esempio, nel 65% dei casi le vittime degli episodi razzisti erano donne, nell’84% dei casi gli aggressori erano sconosciuti, mentre la maggior parte degli episodi sono avvenuti in luoghi pubblici come strade. Tra le argomentazioni che ricorrono più di frequente durante le aggressioni troviamo riferimenti alle abitudini alimentari, alle malattie e alla politica cinese.

Inoltre, uno dei principali problemi emersi dal report è la scarsa tendenza a denunciare questi episodi: addirittura il 90% degli intervistati ha riferito di non aver comunicato gli incidenti alle forze dell’ordine. Una delle principali conseguenze è la loro assenza nelle statistiche governative, favorendo la sottovalutazione del fenomeno da parte delle istituzioni.

Razzismo e geopolitica

Nel quadro di crescente ostilità tra Cina e Australia – tendenza che ha avuto inizio nel 2018 con l’ascesa di Scott Morrison – gli episodi di odio razziale hanno avuto sia cause che conseguenze politiche. Nel giugno 2020, il Ministero dell’Educazione cinese ha rilasciato una dichiarazione ufficiale in cui invitava gli studenti a riflettere sulla decisione di rientrare o meno in Australia per i propri studi, a causa degli “incidenti a sfondo razzista” legati all’epidemia di Covid-19.

Gli studenti cinesi rappresentano la maggior parte degli studenti stranieri stranieri in Australia, contando 1 milione e mezzo di individui. Per Canberra, dunque, limitare l’ingresso degli studenti di origine cinese costituisce un problema. Per questo il governo ha reagito prontamente alle dichiarazioni di Pechino: il ministro dell’Educazione australiano Dan Tehan ha respinto le accuse, negando che l’Australia fosse un luogo poco sicuro per gli studenti internazionali.

Dall’inizio dell’epidemia di Covid-19, i rapporti già tesi tra i due Paesi si sono esacerbati, soprattutto a partire dalla richiesta formale dell’Australia di avviare un’indagine internazionale sulle origini del virus e sulla sua modalità di diffusione. In risposta, la Cina ha invitato non solo i propri studenti ma anche i turisti a valutare la decisione di recarsi in Australia.

Le origini del razzismo contro la popolazione asiatica in Australia

Sebbene l’epidemia abbia contribuito a esasperare una a mentalità razzista, sarebbe semplicistico attribuire a questo fattore l’intera responsabilità del fenomeno.

Il razzismo contro la popolazione asiatica in Australia ha origine nel 19esimo secolo, con l’inizio dell’immigrazione dalla Cina. Si trattava soprattutto di lavoratori immigrati per svolgere mansioni manuali a poco prezzo. Già negli anni ‘60 del 19esimo secolo, le colonie australiane avevano approvato una legislazione restrittiva nei confronti degli immigrati cinesi. Successivamente, una serie di ondate di protesta si rivolsero contro gli immigrati giapponesi, del Sud-est asiatico e del Pacifico meridionale.

I Lambing Flat Riots furono una serie di violente rivolte in chiave anti-cinese, che ebbero luogo nel Nuovo Galles del Sud tra il 1860 e il 1861. Queste rivolte arrivarono al culmine di un periodo di tensioni tra lavoratori australiani e cinesi, con dinamiche marcatamente xenofobe e un discorso basato su stereotipi a sfondo razziale.

Un altro elemento è la cosiddetta White Australia Policy, un insieme di politiche razziali che limitavano l’ingresso di migranti di origine non-europea in Australia; in particolare, i destinatari di tali politiche erano immigrati asiatici e abitanti delle isole del Pacifico. La White Australia Policy fu definitivamente smantellata solo nel 1973.

Il razzismo contro la popolazione asiatica, quindi, è radicato in Australia fin dai primi flussi migratori dall’Asia. Nel contesto australiano attuale, si accumulano gli avvenimenti storici nazionali, la storia d’immigrazione del Paese, i rapporti politici con la Cina ma non solo.

Presente e futuro degli stereotipi razzisti in Australia

L’aumento di fenomeni di odio razziale nei confronti delle comunità asiatiche durante la pandemia è un fenomeno riscontrabile globalmente.

Da ricerche effettuate negli scorsi anni risulta esistere un collegamento tra l’aumento di episodi razzisti e le pandemie. Per esempio, Robert Barde, docente dell’Università della California, ha analizzato questa correlazione datando i primi episodi alla fine del 19esimo secolo, mentre Eichelberger, ricercatrice in epidemiologia, ha tracciato un parallelismo con l’epidemia di SARS del 2003 e le conseguenze sulle comunità cinesi statunitensi. Pertanto, non sorprende che in un Paese con una lunga storia di razzismo come l’Australia queste dinamiche trovino terreno fertile.

Storicamente, lo stereotipo imperante in Australia nei confronti degli immigrati asiatici ha alimentato e legittimato fenomeni di discriminazione razziale. Inoltre, le politiche razziali australiane dello scorso secolo hanno contribuito a mantenere uno status di “straniero” per gli immigrati di origine non europea. Queste premesse permettono di delineare un quadro utile ad analizzare la situazione attuale.

Dalla ricerca citata in apertura emerge che in Australia i bias discriminatori nei confronti della popolazione asiatica sono più comuni tra alcuni gruppi demografici. Nello specifico, sono stati riscontrati più spesso tra donne, individui con un livello di educazione basso e in una classe di reddito media. Si tratterebbe quindi delle fasce di popolazione che hanno più sofferto le difficoltà economiche legate alla diffusione del virus Covid-19.

Inoltre, questi bias si ritrovano anche nelle fasce di popolazione più giovani. Tuttavia, tale dato potrebbe spiegarsi con la presenza radicata degli stereotipi anti-asiatici, che porterebbero a risposte dettate dalla desiderabilità sociale; ciò si verifica quando il soggetto intervistato tende a dare risposte considerate socialmente più accettabili: in altre parole, l’intervistato non dà risposte vere per sé stesso ma preferisce dare quelle che ritiene più adeguate alla norma.

Il passato coloniale australiano gioca sicuramente un ruolo nel senso di superiorità bianca che permane anche a livello istituzionale, come dimostrato dal fenomeno dell’incarcerazione della comunità aborigena e dalla presenza di sistemici episodi di discriminazione razziale nei confronti degli australiani di origine asiatica. L’epidemia non ha fatto altro che portare all’estremo un fenomeno mai del tutto svanito, che sembra destinato a perdurare.

 

Fonti e approfondimenti

Ali, S.H. (2008). Stigmatized ethnicity, public health, and globalization. Canadian Ethnic Studies, 40(3), 43–64.

Asian Australian Alliance and Osmond Chiu, Research Fellow at the Per Capita Thinktank, COVID-19 CORONAVIRUS RACISM INCIDENT REPORT.

Chiu O, “COVID-19 has led to widespread incidents of anti-Asian racism in Australia”, The China Story, 10/08/2020.

Dunn, Kevin M., et al. (2004), Constructing racism in Australia. Australian journal of social issues 39.4 (2004): 409-430.

 

Editing a cura di Emanuele Monterotti

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