Talebani in Afghanistan: un bilancio dei primi quattro mesi al potere

Alcuni soldati talebani, con in braccio dei mitra, a bordo di un blindato per le strade della capitale dell'Afghanistan Kabul
@Voice of America News - WikiMedia Commons - Public Domain

Lo scorso 15 agosto, i talebani si sono insediati nella capitale afghana Kabul, annunciando la rinascita dell’Emirato islamico in Afghanistan. Nel giro di poche settimane, il gruppo ha preso il controllo del Paese conquistando gran parte dei suoi capoluoghi provinciali. Il successivo 31 agosto, le truppe statunitensi hanno concluso il loro ritiro dal Paese e, il 7 settembre, i talebani hanno annunciato un nuovo governo ad interim, guidato dal Primo ministro Mohammad Hasan Akhund

Da quando è stato istituito l’Emirato, i talebani hanno ripetutamente espresso l’aspettativa che la comunità internazionale arrivi a riconoscere ufficialmente la loro autorità come legittima nel Paese. A tale riguardo, il gruppo ha compiuto numerosi passi per dimostrare la volontà di soddisfare le condizioni poste dalle potenze occidentali e da alcuni Stati regionali.

Contestualmente, il ritorno dei talebani al potere ha fatto precipitare l’Afghanistan in una crisi economica senza precedenti. I finanziamenti internazionali sono stati sospesi e miliardi di dollari depositati all’estero sono stati congelati. Ben l’80% del budget dell’Afghanistan proviene dalla comunità internazionale. Senza un accesso al denaro straniero, è probabile che l’economia afghana nel breve periodo si contragga di circa il 40%

Doha: l’esito dei recenti colloqui tra Stati Uniti e talebani

Lo scorso 29 e 30 novembre si sono svolti a Doha due giorni di colloqui tra il rappresentante speciale degli Stati Uniti per l’Afghanistan, Thomas West, e i delegati dell’Emirato guidati dal ministro degli Esteri ad interim, Amir Khan Muttaqi.

La delegazione statunitense ha sottolineato l’importanza che i talebani rispettino il loro impegno pubblico nella protezione dei diritti di tutti i cittadini dell’Afghanistan, comprese donne e minoranze. Le due parti hanno altresì discusso la risposta in corso della comunità internazionale in merito alla crisi umanitaria che sta vivendo il Paese. 

La delegazione americana si è impegnata a continuare a sostenere gli sforzi delle Nazioni Unite e dei principali attori impegnati nel settore umanitario per soddisfare le esigenze della popolazione durante l’inverno. Il dipartimento del Tesoro di Washington sostiene che queste nuove misure garantiranno alle organizzazioni umanitarie americane e internazionali maggiore libertà di operare in Afghanistan, consentendo al contempo agli Usa di mantenere la pressione economica sui talebani al governo.

Dal canto loro, i talebani hanno ribadito l’impegno a non permettere che il territorio dell’Afghanistan venga utilizzato come base da organizzazioni terroristiche per minacciare altri Paesi. 

A tale riguardo, i funzionari statunitensi hanno espresso preoccupazione per la presenza sul territorio di al-Qaeda e dell’organizzazione dello Stato Islamico in Afghanistan (IS-K), anche nota come Stato Islamico della Provincia del Khorasan, che si è opposta alla presa del potere da parte dei talebani. Nonostante le dichiarazioni di alti funzionari talebani ai media occidentali, secondo cui l’IS-K «non costituisce una seria minaccia per l’Emirato islamico», la realtà della resilienza e dell’espansione dell’IS-K nel Paese sta diventando sempre più evidente. Di fatto, negli ultimi tre mesi c’è stato un marcato aumento degli attacchi in tutto l’Afghanistan dal 2020. I militanti dello Stato Islamico hanno intensificato gli attacchi contro le pattuglie talebane e le minoranze religiose, prendendo di mira le moschee sciite nei capoluoghi di provincia di Kunduz e Kandahar.

Le due parti hanno poi sottolineato l’impegno che il Qatar ha sostenuto nei colloqui fino a questo momento. In base a un accordo concluso il 12 novembre e che è entrato in vigore lo scorso 31 dicembre, il Qatar rappresenterà gli Stati Uniti in Afghanistan. Il segretario di Stato americano, Antony Blinken, e l’omologo qatariota, Mohammed bin Abdulrahman Al-Thani, hanno annunciato che Doha fungerà da potenza mediatrice di Washington in Afghanistan. 

L’Afghanistan dall’interno: crisi economica, proteste, rifugiati

Dall’ultima settimana di dicembre, il valore della valuta dell’Afghanistan sta crollando, esacerbando una crisi economica già profonda e aumentando la povertà in un Paese dove più della metà della popolazione non riesce a sostentarsi. La moneta afghana ha perso più dell’11% del suo valore contro il dollaro statunitense. Il mercato rimane estremamente volatile e la svalutazione sta già colpendo massicciamente i cittadini afghani. 

Una delle cause del collasso umanitario dell’Afghanistan è il blocco dei fondi effettuato dai Paesi donatori, dopo la presa di Kabul lo scorso agosto. Gli aiuti hanno costituito per decenni la parte principale del PIL afghano, ma ad oggi sono condizionati al rispetto dei diritti umani e delle donne. 

Lo scorso 26 dicembre, il ministero afghano per la Promozione della Virtù e la Prevenzione del Vizio ha imposto alle donne il divieto di viaggiare da sole per più di 72 chilometri se non sono in compagnia di un parente stretto di sesso maschile. A tale riguardo, il 28 dicembre, decine di donne e giovani studentesse, al grido di «Lavoro, libertà, diritti», sono scese in piazza per le strade di Kabul protestando contro le misure discriminatorie del governo. 

Oggi la maggior parte delle studentesse afghane sono ancora a casa, così come la totalità delle donne che lavoravano sotto il precedente governo. Non possono accedere agli uffici governativi e, partite le organizzazioni internazionali, a migliaia sono rimaste senza mezzi di sostentamento e chiedono aiuto per poter lasciare il Paese

Alla crisi economica si intreccia quella migratoria. Attualmente, secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), quasi 6 milioni di afghani sono stati costretti ad abbandonare il Paese a causa del conflitto. Ad oggi, la stragrande maggioranza dei rifugiati dall’Afghanistan vive in Pakistan e in Iran, che continuano a ospitare rispettivamente più di 1,4 milioni e 780.000 rifugiati afgani registrati.

Lo scorso 23 agosto, il governo afghano avrebbe dovuto ricevere circa 450 milioni di dollari dal Fondo Monetario Internazionale, ma questo ha bloccato il rilascio dei fondi a causa di una «mancanza di chiarezza» in merito alle personalità politiche attualmente in carica. 

Secondo il World Food Programme, 22,8 milioni su 38 milioni di cittadini afghani già affrontano gravi carenze alimentari e la malnutrizione nel Paese è in aumento. La pandemia di Coronavirus, gravi episodi di siccità e la presa del potere dei talebani hanno lasciato migliaia di persone senza lavoro, mentre il valore in discesa della valuta ha fatto aumentare in modo esponenziale i prezzi degli alimenti. 

L’enormità dello shock economico che ha colpito l’Afghanistan in agosto è una conseguenza diretta della mancata erogazione degli aiuti da parte dei donatori. Prima che le truppe americane e internazionali si ritirassero, ogni funzione statale essenziale dipendeva dai fondi dei donatori. Con la presa al potere dei talebani, i donatori hanno rifiutato la cooperazione diretta con il nuovo regime, tagliando i costi delle istituzioni governative, congelando i beni dello Stato afghano e permettendo che le sanzioni preesistenti sui talebani diventassero de facto sanzioni sul neo-costituito governo.

Tuttavia, alcuni aiuti umanitari hanno continuato a fluire, una parte relativamente piccola dell’assistenza complessiva all’Afghanistan, pari a 1,56 miliardi di dollari nel 2021. Mancando il consenso su come reagire alla presa di potere da parte dei talebani, e inclini ad adottare un approccio attendista all’impegno con il nuovo regime, la maggior parte dei donatori internazionali si è concentrata su un programma ristretto di invio di aiuti.

La vittoria inaspettatamente rapida dei talebani sull’ormai defunta Repubblica Islamica dell’Afghanistan ha portato con sé un ulteriore shock per il popolo afghano, che soffre da tempo a causa della debolissima economia del Paese. Le azioni dei talebani e la risposta della comunità internazionale a questo dilemma potrebbero esacerbare notevolmente o migliorare moderatamente l’attuale crisi economica e umanitaria.

 

 

Fonti e approfondimenti

Al-Jazeera. 2021. Afghan women call for rights, protest alleged Taliban killings

International Crisis Group. 2021. Beyond Emergency Relief: Averting Afghanistan’s Humanitarian Catastrophe.

Lobel, Oved, “The Taliban are losing the fight against Islamic State, Australian Strategic Policy Institute, 6/12/2021. 

Middle East Institute. 2021. Afghanistan under the Taliban.

Sajid, Islamuddin, “Poverty pushing Afghans to join terror group Daesh/Isis-K, Anadolu Agency, 16/12/2021. 

Tayeb, Rajeb, “Doha Talks: US insists Islamic Emirate to deliver promises“, Tolo News, 1/12/2021.

United Nations News. 2021. Afghanistan economy in ‘freefall’, threatening to take entire population with it.

 

 

Editing a cura di Niki Figus

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