Questo articolo apre il progetto dedicato all’Agenzia degli Stati Uniti per lo sviluppo internazionale, nel quale conosceremo la sua storia, il suo funzionamento, gli obiettivi raggiunti e quelli invece, mancati.
“From the American people“. È il motto della US Agency for International Development, con sede centrale a Washington D.C., che ha festeggiato sessant’anni di attività lo scorso 3 novembre.
Il mandato dell’agenzia è quello di portare avanti la politica estera degli Stati Uniti «promuovendo il progresso umano su larga scala, facendo crescere al tempo stesso, le società in modo stabile e rendendole libere, creando mercati e partner commerciali per gli Stati Uniti e incoraggiando la solidarietà statunitense verso l’estero».
Per esercitarlo, l’agenzia è presente attraverso missioni internazionali in più di cento Paesi nel mondo, in modo particolare in quelli ritenuti primariamente bisognosi dal governo degli Stati Uniti, come l’Africa, l’Asia, il Centro e Sud America, il Medio Oriente e l’Est Europa. I programmi dell’USAID sono autorizzati dal Congresso degli Stati Uniti tramite il Foreign Assistance Act, integrato periodicamente attraverso indicazioni negli atti di finanziamento annuali per lo sviluppo internazionale. L’agenzia costituisce un settore ufficiale della politica estera degli Stati Uniti che opera sotto la guida del presidente, del segretario di Stato e del Consiglio di sicurezza nazionale. Anche se con un peso politico, operativo e di influenza minore rispetto al Dipartimento della Difesa ad esempio, l’USAID è a tutti gli effetti uno degli strumenti attraverso i quali la diplomazia statunitense sceglie di esercitare la propria influenza nel mondo.
Le origini
Il primo passo verso quelle che oggi sono le attività dell’USAID e della sua crescita come Agenzia per lo sviluppo internazionale, fu il discorso inaugurale che il presidente Truman tenne alla nazione il giorno dell’inizio del suo secondo mandato, il 20 gennaio 1949, in cui egli descrisse gli obiettivi di politica estera che avrebbero guidato la sua amministrazione in quattro punti. Il quarto punto dichiarava in particolare, che gli Stati Uniti avrebbero «intrapreso un nuovo e audace programma per rendere disponibili i benefici dei nostri progressi scientifici e industriali, per il miglioramento e la crescita delle aree sottosviluppate».
La proposta di quello che poi prese il nome di “Programma del quarto punto”, non venne interpretata di per sé, come una grande novità: un primo esempio in questo senso fu infatti, il Piano Marshall, annunciato dall’omonimo segretario di Stato nel 1947, che prevedeva uno stanziamento di oltre 12,7 miliardi di dollari per la ricostruzione dell’Europa dopo la Seconda guerra mondiale. Ciò che sorprese la classe politica di allora, fu il nuovo modo in cui Truman mise in connessione nel discorso, l’aiuto estero e la libertà, valore cardine della cultura statunitense. In quest’ottica quindi, l’aiuto degli Stati Uniti avrebbe reso le popolazioni ritenute bisognose nuovamente libere.
In quello che era il contesto storico dei primi anni di Guerra fredda, l’intento del presidente Truman era quello di combattere la minaccia sovietica aiutando quelli che erano i Paesi economicamente sottosviluppati del mondo. Nella logica tipica di quel periodo storico, l’aiuto non sarebbe stato elargito però sotto forma di denaro, ma attraverso la diffusione di conoscenze e competenze che avrebbero aiutato i Paesi destinatari a divenire anche economicamente sviluppati. Così recitava quello che allora divenne uno degli slogan del futuro programma: «anziché inviare del cibo, gli Stati Uniti aiuteranno a costruire delle fattorie».
Qualche anno più tardi nel 1964, il segretario alla Difesa Robert McNamara, per dimostrare lo stretto legame che Washington immaginava tra gli aiuti e il predominio degli Stati Uniti nella Guerra fredda, dichiarò: «il programma di aiuti all’estero e il programma di assistenza militare [sono] ora diventati gli elementi più critici del nostro sforzo complessivo di sicurezza nazionale». Rendendo il collegamento ancora più preciso, il presidente Lyndon B. Johnson aggiunse che il programma di aiuto estero fosse «la migliore arma che abbiamo per assicurare che i nostri uomini in uniforme non debbano andare a combattere».
Dalla nascita dell’USAID agli anni Novanta
Nel maggio del 1950, il “Programma del quarto punto” divenne l’Atto per lo sviluppo internazionale, che creò una nuova area operativa all’interno del dipartimento di Stato: la Technical Cooperation Administration, l’amministrazione tecnica per la cooperazione. Dal 1952 al 1961, i programmi di sostegno all’assistenza tecnica e ai progetti economici costituirono la forma principale di aiuto degli Stati Uniti e furono una componente chiave della politica estera degli Stati Uniti.
Durante questi anni, i leader del governo istituirono poi, varie organizzazioni antenate dell’USAID, tra cui la Mutual Security Agency, la Foreign Operations Administration e l’ International Cooperation Administration.
Il 3 novembre 1961, il presidente John Fitzgerald Kennedy firmò il Foreign Assistance Act che istituì l’USAID e ne costituisce ancora oggi il suo quadro giuridico. Secondo Kennedy lo sviluppo dell’agenzia era essenziale in quanto gli Stati Uniti «avevano degli obblighi morali come leader saggi e buoni vicini nella comunità interdipendente di nazioni libere e degli obblighi politici, nel costituire il più grande contrasto agli avversari della libertà».
Da allora a oggi, l’agenzia ha modificato più volte il proprio mandato, adattandolo alle esigenze politiche ed economiche del sistema internazionale. Se negli anni Settanta l’USAID cominciò a spostare l’attenzione dai programmi di assistenza tecnica ed economica all’assistenza basata sullo sviluppo dei bisogni primari: cibo e nutrizione, assistenza alle popolazioni, salute, istruzione e sviluppo delle risorse umane, negli anni Ottanta, l’agenzia si dedicò invece, alla stabilizzazione delle valute e dei sistemi finanziari internazionali.
Per questo, l’USAID promosse principi basati sulle leggi di mercato per ristrutturare le politiche e le istituzioni dei Paesi in via di sviluppo. Durante questo decennio, l’USAID enfatizzò le opportunità di reddito create attraverso una rivitalizzazione dell’agricoltura e l’espansione dei mercati interni. Le attività di sviluppo furono affidate sempre più spesso a organizzazioni private di volontariato e gli aiuti sono passati da singoli progetti a grandi programmi.
Con il crollo del muro di Berlino, la massima priorità dell’agenzia divenne lo sviluppo sostenibile, ovvero aiutare i Paesi a migliorare la propria qualità di vita. Durante gli anni Novanta, l’USAID adattò i programmi di assistenza allo sviluppo alle condizioni economiche di ciascun Paese, il che significava operare con aiuti differenziati: i Paesi in via di sviluppo ricevevano un pacchetto integrato di assistenza; quelli definiti “in transizione” potevano accedere a meccanismi di aiuti solo in tempi di nuove crisi e i Paesi con una presenza limitata di operatori USAID ricevevano supporto attraverso il lavoro delle organizzazioni non governative.
Quale ruolo oggi?
Negli anni Duemila, in quelli che sono stati venti anni di “guerra al terrorismo”, l’USAID si è concentrata soprattutto nelle acute crisi provocate soprattutto dalle guerre in Afghanistan e in Iraq e nei rispettivi e difficili processi di ricostruzione delle infrastrutture e del tessuto civile e sociale dei due Paesi. Almeno queste le intenzioni che si leggono nei piani esecutivi dei progetti dell’agenzia, considerati in alcuni casi “archiviati” e non “conclusi”.
Sul sito dell’agenzia comunque, è ben evidente che il suo obiettivo resti quello di sostenere i partner nel diventare autonomi e capaci di condurre i propri percorsi di sviluppo. Una descrizione riporta: «Facciamo progressi nel ridurre la portata dei conflitti, prevenendo la diffusione di malattie pandemiche e contrastando le cause della violenza, dell’instabilità, del crimine transnazionale e di altre minacce alla sicurezza. Promuoviamo la prosperità statunitense attraverso investimenti che espandono i mercati per esportazioni statunitensi; creiamo condizioni di parità per le imprese statunitensi e sosteniamo un’economia in cui le società siano più stabili, resilienti e democratiche. Siamo i leader mondiali nell’assistenza umanitaria».
Fonti e approfondimenti
American Foreign Relations, Foreign Aid – The peak of prestige: foreign aid under Kennedy.
Kumar, Raj, USAID Revisited, Georgetown Journal of International Affairs 7, no. 1 Inverno/Primavera 2006, pp. 51-58.
Norris, John, The Enduring Struggle: The History of the U.S. Agency for International Development and America’s Uneasy Transformation of the World, ed.Rowman & Littlefield, 01/07/2021.
Senate and House of Representatives of the United States of America, Foreign Assistance Act, 1961.
Truman Presidential Museum and Library, Background Essay on Point Four Program.
Editing a cura di Matilde Mosca