Il 30 gennaio 1972 una manifestazione pacifica per i diritti civili nella cittadina nordirlandese di Derry si trasformò in strage quando il primo battaglione del Reggimento dei Paracadutisti inglesi aprì il fuoco sulla folla disarmata, composta per la maggior parte da giovani studenti. In quella che è passata alla storia come la Domenica di Sangue, Bloody Sunday, persero la vita 14 persone e molte altre vennero ferite. Il governo inglese ha riconosciuto la propria responsabilità scusandosi con il popolo irlandese solo nel 2010, dopo anni di depistaggi e insabbiamenti. Oggi nei pressi del luogo dove è avvenuto il massacro sorge un grande murales in memoria dei caduti di Derry e di tutte le vittime del conflitto.
Le tensioni che hanno portato alla Domenica di Sangue
Il massacro di Derry, pur non essendo il più tragico in termini di vittime, ha sempre avuto un impatto emotivo molto forte sia sulla popolazione nordirlandese che sul resto del mondo. Si tratta infatti dell’episodio che meglio rappresenta l’efferatezza e la violenza che hanno caratterizzato il cosiddetto periodo dei Troubles, cioè gli scontri tra indipendentisti nordirlandesi e unionisti filo britannici (supportati dall’esercito inglese) che hanno scosso la regione fino al 1998.
Già dalla fine degli anni ’60 il clima politico in Irlanda del Nord divenne sempre più teso a causa dell’opposizione delle due fazioni. Se da un lato la classe media protestante degli unionisti difendeva ardentemente l’appartenenza al Regno Unito, dall’altro la popolazione cattolica premeva per l’unificazione dell’Irlanda come un’unica nazione libera dall’influenza di Londra. I secondi erano molto più numerosi – rappresentavano, infatti, quasi due terzi della popolazione – ed erano indeboliti dalle vessazioni delle forze paramilitari protestanti – l’Ulster Volunteer Force (UVF) e l’Ulster Defence Association (UDA) – oltreché delle ingiustizie sociali ed economiche nei loro confronti. Sin dai primi momenti di contrasto, Derry era considerata dai nazionalisti come il simbolo delle discriminazioni e del malgoverno unionista: attraverso il sistema del gerrymandering gli unionisti riuscivano sempre ad assicurarsi la maggioranza dei seggi nel consiglio comunale, e la mancanza di investimenti pubblici costringeva la popolazione a vivere in condizioni molto precarie. Fu anche per questo che i quartieri cattolici di Derry, insieme a quelli di Belfast, videro la nascita della Provisional IRA (PIRA), una scissione dell’originale IRA che accusava i vertici del movimento di non aver difeso i civili cattolici dai soprusi delle forze unioniste in diverse occasioni.
L’Irish Republican Army (appunto IRA) era un’organizzazione militare nata nel 1917 per opporsi al dominio britannico. Nel 1922, quando con la firma del Trattato Anglo-Irlandese fu creato un Irish Free State che non includeva la regione nord-orientale dell’isola, appunto l’Irlanda del Nord, all’interno dell’IRA ci fu una prima spaccatura tra coloro che sostenevano il Trattato e i contrari. Da questa rottura si arrivò a una sanguinosa guerra civile che si protrasse fino all’anno successivo.
Gli eventi della giornata
Alla vigilia dei fatti del 30 gennaio 1972, Derry era già un punto di riferimento per la lotta per l’indipendenza dell’Irlanda del Nord dal Regno Unito. Oltre a movimenti armati, la piccola cittadina era la sede di numerose organizzazioni per i diritti civili, come la Northern Ireland Civil Rights Association (NICRA) organizzatrice della marcia di Bogside, teatro del massacro della domenica di sangue. Anche la scelta del luogo del corteo non fu casuale: nel 1969 il quartiere operaio di Bogside era stato terreno di un tragico scontro tra unionisti e nazionalisti che spinse il governo britannico a inviare l’esercito per ristabilire l’ordine. In un primo momento i cattolici videro positivamente l’arrivo dei soldati britannici, in quanto forza neutrale contrariamente alla Royal Ulster Constabulary (la polizia federale nordirlandese), ben presto però dovettero ricredersi.
Quella mattina almeno 15.000 persone si incontrarono nella zona di Creggan per partecipare alla marcia pacifica contro l’introduzione della pratica dell’internamento senza giusto processo di chiunque fosse sospettato di attività sovversiva. Ai soldati fu dato l’ordine di disperdere la folla, ma improvvisamente l’esercito aprì il fuoco colpendo almeno 26 persone, di cui molte alle spalle. Mentre la folla scappava e cercava riparo, 13 persone morirono a causa dei colpi di arma mentre una quattordicesima vittima morirà quattro mesi dopo a causa delle ferite riportate. La violenza ingiustificata non fece altro che acuire il clima di tensione e aumentare le operazioni sovversive del PIRA, ormai sostenuto dalla popolazione cattolica stanca e spaventata.
Conseguenze sulla società e sui rapporti tra Irlanda e Regno Unito
La negazione di responsabilità e il tentato insabbiamento da parte del governo britannico non ha fatto altro che rallentare il processo di pacificazione. Una prima inchiesta aperta dall’allora primo ministro Edward Heath giudicò innocenti i soldati, liquidando l’accaduto come legittima difesa, e dipingendo le 14 vittime come terroristi armati. Tale giudizio è stato messo a verbale nonostante tutti i testimoni sul luogo abbiano raccontato che le vittime erano persone disarmate, colpite mentre fuggivano o prestavano soccorso ai feriti. Ciò che aumentò l’indignazione dell’opinione pubblica nazionale e internazionale sul Bloody Sunday fu che molte delle vittime avevano appena 17 anni.
Solo nel 1998 il primo ministro Tony Blair decise di avviare un’inchiesta pubblica sul massacro; venne istituita così la commissione d’inchiesta Saville, dal nome del giudice che la presiedeva, i cui risultati sono stati resi pubblici nel 2010, durante il governo di David Cameron. I risultati dei costosissimi lavori di ricostruzione dei fatti hanno portato alla riabilitazione definitiva delle 14 vittime e al riconoscimento delle colpe dell’esercito che aveva aperto il fuoco sulla folla di civili disarmati. Il primo ministro Cameron si scusò pubblicamente con il popolo irlandese sostenendo che «l’attacco dei soldati britannici è stato ingiustificato e ingiustificabile» e che nessuna delle vittime costituiva un pericolo per la sicurezza pubblica.
Fonti e approfondimenti
BBC, “Bloody Sunday: What happened on Sunday 30 January 1972?“, 27/01/2022.
Caldiron Guido, “Il Bloody Sunday di Tony Doherty“, Il Manifesto, 29/01/2022.
Feeney O., “What happened on Bloody Sunday in Northern Ireland“, Irish Central, 29/01/2022.
Editing a cura di Francesco Bertoldi
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