La liberazione di Kherson e la ritirata strategica di Putin

@President of Ukraine - Wikimedia - CC

La liberazione di Kherson avvenuta l’11 novembre ad opera delle forze armate ucraine costituisce un punto di svolta nella guerra iniziata dalla Russia il 24 febbraio scorso. La presa della città è l’evento culminante della controffensiva di Kyiv lanciata in agosto, con la quale gli ucraini sono riusciti a respingere gli invasori russi nel sud del Paese oltre la riva est del fiume Dnepr. La ritirata delle forze di occupazione è stata confermata anche dal ministero della Difesa russo tramite una comunicazione rilasciata la mattina di venerdì 11 novembre con la quale Mosca ha annunciato il ritiro di 30.000 militari sulla riva est del fiume. La manovra di ritirata avrebbe lo scopo di costituire solide posizioni difensive sulla riva est del Dnepr e impedire la ripresa dell’avanzata ucraina.

Le condizioni della città

In questi giorni, le forze ucraine sono impegnate nel consolidamento delle loro posizioni nella città, ma anche nel ristabilimento dell’ordine per favorire la ripresa della vita civile. Sebbene i soldati di Kyiv siano stati accolti da una folla festante a seguito della ritirata russa, il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha usato parole molto caute nell’annunciare la vittoria e ha ricordato che il 70% dell’oblast di Kherson si trova ancora in mani russe. Inoltre, le forze di Mosca, prima di lasciare la città e ritirarsi oltre il Dnepr, hanno distrutto le infrastrutture idriche ed elettriche dell’insediamento, e danneggiato le reti di comunicazione, lasciando la città in condizioni catastrofiche.  Il personale militare ucraino è impegnato in operazioni di sminamento e disinnesco degli ordigni e bombe inesplose lasciate dalle forze di occupazione.

Significato strategico e possibili risvolti

Si tratta di una grande vittoria per l’Ucraina in quanto la città di Kherson costituiva uno degli obiettivi principali dell’offensiva russa, insieme alla capitale Kyiv e Kharkiv (seconda città del Paese): è stato anche l’unico conseguito con successo nei primi otto mesi di guerra. Ora, Mosca è stata respinta anche su questo fronte; un’umiliazione per il gigante russo che contava di ottenere una rapida vittoria in qualche settimana.

La vittoria simbolica è anche accompagnata da concreti vantaggi militari. In primo luogo, i russi hanno perso la testa di ponte oltre il Dnepr, una piattaforma importante per le future offensive di Mosca. In aggiunta, occupando Kherson, Kyiv avrà la possibilità di riposizionare la propria artiglieria e raggiungere bersagli più lontani. In un articolo pubblicato da Defense One, sito d’informazione specializzato in affari Militari, si è sottolineato come i MLRS (Multiple Launch Rocket System) ucraini abbiano ora la possibilità di colpire le linee di rifornimento russe in Crimea.

Una ritirata strategica

Nonostante la liberazione di Kherson costituisca un’indubbia sconfitta per Putin, la ritirata russa in questo contesto rappresenta una decisione militare razionale e calcolata da parte del Cremlino. Di fatto, riposizionandosi sulla riva est del Dnepr, Mosca ha ottenuto dei vantaggi da non sottovalutare. Come riportato dal The Guardian, i russi hanno fatto saltare il ponte di Antonivskyi, l’unico modo di attraversare il fiume nei pressi della città. Oltrepassare un corso d’acqua della portata del Dnepr costituisce sempre una sfida per ogni esercito e non solo per le forze d’invasione. I russi adesso si trovano su solide posizioni difensive e gli ucraini potranno proseguire la loro avanzata solo con grande dispendio di uomini e mezzi.  

Lo scopo di Mosca è quello di guadagnare tempo. L’inizio dell’inverno porterà inevitabilmente, a causa delle condizioni metereologiche, a un rallentamento delle operazioni militari. Una salvezza per la Federazione Russa in questo momento, che potrà dunque rafforzare le proprie linee di comunicazione e rifornimento, rinfoltire il proprio organico militare e possibilmente rimpiazzare mezzi e materiale bellico. Bisogna tenere a mente che negli ultimi mesi Mosca ha proceduto con la coscrizione di migliaia di soldati, annunciando la mobilitazione di ben 300.000 militari. Si tratta al momento di soldati di scarsa qualità, con poche settimane di addestramento e inadatti a condurre operazioni complesse. Un congelamento della guerra nei mesi invernali potrebbe dare a Mosca il tempo necessario per addestrare adeguatamente questi rinforzi e riprendere la propria offensiva a fine febbraio o in primavera con rinnovato vigore.

Inoltre, non bisogna sottovalutare il pericolo posto da possibili contingenti lasciati dai russi oltre la riva ovest del Dnepr. Gli ucraini temono che diversi soldati nemici vestiti da civili possano continuare a condurre operazioni di sabotaggio e guerriglia, logorando le forze ucraine, le quali hanno comunque subito numerose perdite negli ultimi mesi. 

Il capo dello stato maggiore USA, il generale Mark Alexander Milley, ha stimato che, dall’inizio della guerra, ben 100.000 soldati da entrambe le parti abbiano perso la vita. Tuttavia, quando si valutano queste cifre, bisogna essere cauti nel porre i due Paesi in termini di parità, poiché la Russia ha un peso demografico di gran lunga superiore rispetto all’Ucraina: fattore da non sottovalutare in uno scontro prolungato e logorante come quello che si prospetta.

Infine, riassestarsi su posizioni più arretrate, significa anche ridurre l’ampiezza del fronte per i russi. Fino ad ora, Mosca si è trovata impegnata in vaste zone di combattimento, con problemi logistici e incapacitata nel concentrare le sue forze su singoli obiettivi. L’arretramento russo ribalta in parte questa situazione, obbligando gli ucraini a dover operare su un fronte più esteso.  

L’ombra del nucleare

La presa di Kherson da parte degli ucraini arriva solo poche settimane dopo l’annessione del relativo oblast annunciata dal presidente della Federazione Russa il 30 settembre insieme a Luhansk, Donetsk e Zaporizhzhia. Queste regioni sono tuttora considerate da Mosca come parte del proprio territorio nazionale.

Tale passo del Cremlino, considerata la dottrina nucleare russa vigente, costituisce di per sé un drastico innalzamento della posta in gioco. Infatti, in base al decreto intitolato ‘Principi base della politica della Federazione Russa in materia di deterrenza nucleare’ del 2 giugno 2020, Mosca non esclude l’utilizzo di armi nucleari nell’eventualità in cui la sovranità e l’integrità territoriale della Russia dovessero essere messe in pericolo, anche tramite un attacco di natura convenzionale. Un’interpretazione estensiva di tale dottrina potrebbe, quindi, far ricadere sotto l’ombrello nucleare russo i territori periferici appena annessi qualora il Cremlino dovesse intravedere il rischio di perderli per sempre.

Il pericolo che l’andamento della guerra possa portare i russi a utilizzare armi nucleari con potenziale distruttivo limitato (ossia testate tattiche) per cambiare le sorti della guerra contro l’Ucraina e strappare una pace vantaggiosa, ha rappresentato uno spauracchio per l’occidente sin dai primi rallentamenti dell’offensiva russa. Tale eventualità è stata rafforzata dai toni utilizzati da Putin nel suo discorso in occasione dell’annessione dei quattro oblast, nel quale ha dipinto la guerra come uno scontro tra Mosca e l’occidente necessario a garantire la sopravvivenza della civiltà russa stessa.

Nonostante ciò, l’utilizzo di armi nucleari tattiche sembra ancora un’ipotesi remota, come confermato nelle settimane passate da fonti ufficiali russe. Come riportato da Defence One, l’ambasciatore russo nel Regno Unito, Andrei Kelin, in un’intervista rilasciata il 27 ottobre alla CNN ha dichiarato: “La Russia non utilizzerà armi nucleari…questo è fuori discussione”. Ancora Kelin in un’altra intervista ha detto: “Il mondo ha ogni rassicurazione che la Russia non userà armi nucleari tattiche nel conflitto Ucraino”.

Di fatto, Kherson, che Mosca considera come parte del proprio territorio a seguito dell’illegale annessione, è stata ora liberata dalle forze ucraine. Gran parte dell’oblast rimane ancora nelle mani dei russi, come ammesso dallo stesso Zelensky, ma non sembra che il Cremlino abbia intenzione di contraddire le dichiarazioni rilasciate da Kelin. L’obiettivo di Putin, in questo momento, è quello di rafforzare le proprie posizioni, recuperare le energie e sferrare una nuova offensiva massiccia dopo l’inverno.

 

Fonti e approfondimenti

What happened in the Russia-Ukraine war this week? Catch up with the must-read news and analysis, “The Guardian”, 11 novembre 2022

Samantha Lock, US estimates 200,000 military casualties on all sides in Ukraine war, “The Guardian”, 10 novembre 2022

Lorenzo Tondo e Luke Harding, Ukraine carries out ‘stabilisation’ of Kherson after night of jubilation, “The Guardian”, 12 novembre 2022

Peter Beaumont e Isobel Koshiw, Ukrainian troops approach outskirts of Kherson after taking key town, “The Guardian”, 10 novembre 2022

Patrick Tucker, Russian Forces Retreat from Kherson, In Major Loss, “Defense One”, 9 novembre 2022

Kevin Baron, Is Russia’s Nuclear About-Face More or Less Credible Than Its Earlier Threats?, “Defense One”, 5 novembre 2022

Paul Kirby, What Russian annexation means for Ukraine’s regions, “BBC”, 30 settembre 2022

Karolina Hird, Grace Mappes, Riley Bailey, Kateryna Stepanenko, e Frederick W. Kagan, Russian Offensive Campaign Assessment, November 11, “Institute for the Study of War”, 11 novembre 2022

Ukraine war: US estimates 200,000 military casualties on all sides, “ BBC”, 10 novembre 2022

Chels Mitcha, Putin Says the Gloves Are Off — Believe Him, “CEPA”, 18 ottobre 2022

Putin threatens nuclear war. The West must deter disaster, “Washington Post”, 3 ottobre2022

 

Le opinioni espresse in questo contributo sono esclusivamente attribuibili all’autore.

Editing a cura di Elena Noventa

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