Lo scorso 1 novembre è scaduto il termine dato a tutti i migranti senza documenti presenti in Pakistan per lasciare volontariamente il Paese. Chi non è ancora partito rischia l’arresto e l’espulsione coatta. Il Ministero degli Interni di Islamabad aveva dato annuncio del provvedimento il 3 ottobre. Si sarebbero già contati circa 186.000 rientri attraverso i valichi di Tokhram e Chaman, rispettivamente a nord e a ovest del Pakistan. La misura in questione dovrebbe coinvolgere circa 1.7 milioni di rifugiati afghani non registrati.
L’agenzia dei rifugiati delle Nazioni Unite (UNHCR) e l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (IOM) hanno denunciato i rischi e le possibili conseguenze di un rimpatrio forzato di tali dimensioni, i cui effetti non si ripercuoteranno solo su persone già vulnerabili ma anche sui già difficili rapporti tra Kabul e Islamabad, in un’area caratterizzata da una forte instabilità.
Pakistan: un fragile rifugio per milioni di afghani
Il Pakistan è il secondo Paese (dopo l’Iran) che ha accolto fino ad ora più rifugiati afghani. Oggi sono ospitati circa 4 milioni di afghani, di cui quasi la metà non sono registrati.
La storia di emigrazione dall’Afghanistan inizia con un primo massiccio esodo risalente ai tempi dell’invasione sovietica del 1979-1989. In seguito si è assistito a nuovi flussi di partenze ai tempi del primo governo talebano (1996-2001), con la successiva guerra in Afghanistan tra 2001 e 2021. Infine, l’ultima ondata si è registrata con l’avvento dell’attuale governo talebano in seguito al disimpegno americano nel 2021.
Le ragioni che hanno portato il governo pakistano alla decisione del 3 ottobre sono molteplici. Un primo fattore da tenere in considerazione è la pesante crisi dell’economia pakistana. Nel maggio 2023 infatti, l’inflazione aveva raggiunto per il secondo mese consecutivo livelli record toccando quasi il 38%. Si è poi verificata una caduta delle riserve in valuta estera che ha esposto il Paese al default. Il rischio è stato scongiurato dal salvataggio del Fondo Monetario Internazionale con un prestito da 3 miliardi di dollari. A pesare sull’economia pakistana sono state anche le alluvioni che hanno caratterizzato il 2022. I danni calcolati sono valsi secondo le stime quasi 15 miliardi di dollari, con 33 milioni di persone coinvolte, di cui 8 sfollate.
Un secondo fattore alla base del provvedimento sui rimpatri sarebbe di natura securitaria. Il Pakistan si sente minacciato dalla presenza nelle zone orientali al confine con l’Afghanistan del Tehrik-i-Taliban Pakistan (TTP) – il movimento dei Talebani Pakistani. Negli anni Novanta questi ultimi avevano ricevuto supporto in chiave anti-indiana. Recentemente invece, il governo di Islamabad ha annunciato di voler estirpare il movimento accusandolo di alcuni recenti attacchi suicidi, anche se questi ufficialmente non sono stati rivendicati da nessun gruppo terroristico. Il governo afghano ha risposto dichiarando l’impegno a ricollocare il TTP lontano dalle zone di confine e annunciando l’arresto di 200 sospetti affiliati. Il governo pakistano ha già affermato di aver effettuato operazioni di intelligence anti-terrorismo. Tuttavia questo non sarebbe sufficiente. Da qui la decisione di espellere i rifugiati afghani irregolari. Si tratta di una scelta che permetterebbe soprattutto di mettere pressione al governo di Kabul.
Le difficoltà del governo talebano e i diritti negati
Secondo l’UNDP – Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo – la situazione in Afghanistan dal punto di vista economico è catastrofica. Il collasso della già povera economia afghana è stato accelerato non solo dalle politiche del governo talebano e il suo isolamento internazionale ma anche da siccità straordinarie e dai terremoti dello scorso ottobre. Dalla presa del potere il 15 agosto 2021 il PIL afghano si è ridotto di quasi il 21%. Solo nel 2022 si è ridotto del 3,6%. Inoltre tenendo, conto di un aumento della popolazione della popolazione, il reddito pro-capite alla fine del 2022 segnava una riduzione del 28% rispetto a due anni prima. A oggi il Paese è uno dei più poveri al mondo e qualche livello di stabilità economica è garantito solo grazie agli aiuti internazionali e delle Nazioni Unite.
Inoltre, come riporta Amnesty International, la società afghana si sta vedendo cancellare ogni tipo di diritto economico, sociale e culturale. Il leader supremo dei talebani Mohammed Hassan Akhund ha reintrodotto la legge della shariʿa – legge islamica – e la sta facendo applicare in una delle sue versioni più radicali. Sono in aumento le restrizioni ai diritti delle donne e la loro partecipazione alla vita pubblica viene fortemente limitata. L’Afghanistan nel 2022 è stato l’unico paese al mondo in cui è stato vietato alle ragazze di frequentare la scuola secondaria. Reati come furti, rapporti “illegittimi” o violazioni di norme sociali vengono puniti con esecuzioni pubbliche e fustigazioni. La libertà di informazione ed espressione sono anch’esse ristrette.
Alla luce di quanto detto la gestione degli afghani di ritorno dal Pakistan potrebbe mettere a dura prova sia la capacità di governo dei talebani che la gestione dell’allocazione di risorse già scarse, da destinare ora anche ai rimpatriati. A destare preoccupazione sarebbero poi il deterioramento delle condizioni sociali e la violazioni di diritti umani a cui andrebbero incontro i rimpatriati, molti dei quali sono fuggiti in passato proprio dal governo dei talebani.
I rifugiati verso nuovi abusi e persecuzioni
In una situazione di grande incertezza, migliaia di rifugiati afghani giorno dopo giorno stanno lasciando il Pakistan. Ad andarsene sono innanzitutto coloro che non sono in possesso di un documento, compresi quelli in attesa di ricevere una risposta per un ricollocamento in Occidente negli USA, nel Regno Unito, in Germania o in Canada. Tuttavia anche numerosi rifugiati registrati, percependo un crescente clima di paura e ostilità, stanno optando per il rientro. Nelle ultime settimane infatti sono state segnalate violenze e minacce da parte delle autorità pakistane per favorire i rientri. Sono inoltre molte le famiglie che rischiano di trovarsi divise, a causa del provvedimento di rimpatrio, tra i membri che dispongono di documento regolare e quelli che non lo hanno ancora ottenuto.
I rifugiati irregolari che non hanno lasciato volontariamente il Pakistan rischiano ora di essere rinchiusi in centri di rimpatrio per un periodo di tempo indeterminato in attesa della loro espulsione. Le organizzazioni che lavorano per la difesa dei diritti umani si sono già attivate. Human Rights Watch ha denunciato il Pakistan per la violazione della convenzione ONU contro la tortura e del principio del diritto internazionale noto come principio di non respingimento per cui non si può forzare in alcun modo il ritorno di persone verso paesi in cui c’è un evidente rischio di tortura e persecuzioni. Amnesty International ha fatto appello alla comunità internazionale perché si faccia lo sforzo di velocizzare le procedure di riconoscimento dello status di rifugiati non ancora regolarizzati.
Fonti e approfondimenti
Rapporto 2022-2023 La situazione dei diritti umani nel mondo, Amnesty International.
Afghanistan Socio-economic Outlook 2023, UNDP.
Shahid Ariba, Afghans return to Taliban rule as Pakistan moves to expel 1.7 million, Reuters, 31/10/23.
Regional Refugee Response Plan for Afghanistan Situation January-December 2023, Global Compact on Refugees.
Weinbaum G. Marvin, “The continued souring of Afghan-Pakistan relations” in MEI, 02/10/23, “Monday Briefing: Third war over Karabakh crystallizes a new balance of power in the South Caucasus”
Oltre 186.000 rifugiati afghani usciti dal Pakistan in un mese, Ansa, 02/11/23.
Editing a cura di Elena Noventa