I Talebani tra il passato e il presente dell’Afghanistan

Talebani
@Geo Swan - wikimedia commons - Licenza: Attribution 2.0 International (CC BY 2.0)

Il 20 ottobre scorso, a 3 anni dalla scadenza dell’ultimo mandato del Wolesi Jirga (“Camera bassa”), l’Afghanistan è tornato alle urne. Il clima in cui si sono svolte le elezioni è stato tutt’altro che pacifico e democratico. Di fatto, col fine di ostacolare il più possibile lo svolgimento delle elezioni, i Talebani hanno colpito più volte e in diversi luoghi gli elettori.

Secondo le fonti di Kabul, l’affluenza alle urne ha coinvolto un terzo degli aventi diritto al voto, quasi tre milioni di abitanti, ben pochi dalle regioni in cui i Talebani sono presenti. Queste elezioni hanno quindi rappresentato l’ennesimo successo “politico” dei Talebani, seguaci di un movimento ispirato alla corrente più conservatrice dell’islamismo, ormai radicati nel Paese da decine di anni.

Alla chiusura dei seggi lungo le strade delle città afghane si contavano più di 70 morti e centinaia di feriti. Oltre a inermi civili assassinati, vi sono state anche vittime illustri, come il capo della Polizia della Provincia di Kandahar o il candidato per la Provincia di Helmand Abdul Jabar Qarhraman, brutalmente ucciso come il suo collega di partito e di distretto Salem Mohammad Achakzai.

I risultati delle elezioni verranno annunciati il 10 novembre. L’unico dato che è emerso dalla tornata elettorale fino a questo momento è che i Talebani restano un attore dominante sul palcoscenico afghano. Attore forse padrone del Paese grazie alla paura che sono riusciti a instaurare nel cuore della gente e all’impotenza di un Governo centrale incapace di reagire.

Se il presente e il futuro dell’Afghanistan risultano ancora incerti, il passato può spiegare come un movimento religioso possa diventare una delle potenze politiche più influenti in un Paese di 33 milioni di abitanti.

La caduta della Repubblica Democratica Afgana e la nascita dei Talebani

Durante il secolo scorso l’Afghanistan ha dovuto affrontare crisi politiche e sociali che ne hanno cambiato il volto radicalmente. Dal colpo di Stato architettato dal PDPA (Partito Democratico Popolare dell’Afghanistan) nel 1978, alla guerra civile scoppiata tra il Governo socialista e gli oppositori da cui scaturì l’intervento militare dell’Urss (durato dal 1979 al 1989 senza il raggiungimento di alcun risultato). Per arrivare, infine, alla caduta della Repubblica Democratica Afgana nel 1992, in seguito al discioglimento dell’Unione Sovietica e al crollo del blocco comunista.

Nel periodo di incertezza seguito al crollo del Governo si colloca la nascita del movimento talebano come lo conosciamo oggi. Infatti, la caduta dell’RDA non ha solo lasciato un vuoto di potere, ma ha anche permesso a varie fazioni (non solo i Talebani, ma anche altre milizie islamiste come Hizb-i Islami e i paramilitari hazari e uzbeki) di accaparrarsi armamenti più o meno sofisticati e di condurre violente guerre e regolamenti di conti coinvolgendo i diversi signori della guerra che, in mancanza di un potere centrale, controllavano territori e si auto-finanziavano con la vendita di armi e di oppio.

Agli albori del gruppo, i Talebani (dall’arabo طالبان, ṭālebān, “studenti”) erano un movimento sociale di stampo islamista fondato da studiosi. Le loro prime attività miravano a creare scuole coraniche per garantire a tutti una prima alfabetizzazione e i precetti base per riportare l’Afghanistan post comunismo alla vita ispirata unicamente dal Corano. L’obiettivo non troppo utopistico era di fondare, così, un Emirato vicino alle posizioni più conservatrici del ramo sunnita dell’Islam.

La guida di Muhammad Omar e la scalata al potere

La possibilità di ottenere armi e uomini (molti dei quali mujaheddin rimasti dopo la ritirata dei russi), unita al sostegno della popolazione grata ai Talebani per la “protezione socio-religiosa” offerta, spinse i vertici del movimento ad ambire al controllo della Nazione. Guidati da Muhammad Omar, loro guida spirituale, i Talebani ottennero notevoli successi contro le fazioni avversarie e contro la popolazione di origine tagika e uzbeka.

Dal 1994 al 1996 le milizie di Omar furono in grado di condurre una rapida ascesa militare conquistando le principali città del Paese e arrivando a prendere Kabul. Quasi tre anni di guerra, però, non sarebbero stati possibili, per i Talebani, senza l’appoggio del vicino Pakistan, spinto a finanziare il movimento fondamentalista per la comune etnia pashtun e per la possibilità di avere in uno Stato confinante una forza armata alleata.

Enrico La Forgia | Lo Spiegone

Una volta caduta la capitale, i Talebani si sono dedicati alla persecuzione e all’uccisione degli avversari politici, tra cui Mohammad Najibullah, ultimo Presidente repubblicano. Nel 1997 i Talebani controllavano più del 90% del territorio arrivando a fondare l’Emirato Islamico dell’Afghanistan, riconosciuto da Emirati Arabi Uniti, Pakistan e Arabia Saudita.

Il regime Talebano tra Shari’a e identità Pashtun

Applicando la Shari’a (legge coranica) con interpretazione wahhabita mista al Pashtunwali (codice d’onore Pashtun), molte delle etnie e delle minoranze religiose furono perseguitate. Non rinnegando le tradizioni popolari pashtun, i Talebani ottennero il supporto di gran parte della popolazione facendo leva sul concetto di Nazione Pashtun oltre che di Umma (popolo composto da tutti i musulmani del mondo), conservando una divisione del potere di tipo tribale-patriarcale a livello nazionale  (cosa che impedisce il riconoscimento di un unico capo supremo).

In linea con la corrente religiosa sunnita-wahhabita, i Talebani si sono anche distinti per una feroce guerra contro l’idolatria (l’apice fu la distruzione dei Buddha di Bamiyan) e lo sciismo, rappresentato dagli hazari (etnia mongola), dichiarati kuffar (miscredenti) e quindi fuori legge.

Tra gli altri provvedimenti religiosi presi dai Talebani spiccano l’obbligo per le donne di indossare il burqa e il divieto alle giovani di studiare e di lavorare.

Il legame con Bin Laden e l’alleanza con Al Qaeda

La lunga guerra civile che ha portato i Talebani al potere non sarebbe stata possibile senza finanziamenti esteri. Tra i principali “benefattori” spicca un nome su tutti: Osama Bin Laden. Il rapporto che lega Bin Laden ai Talebani ha radici nella guerra contro l’URSS, quando lo stesso fondatore di Al Qaeda si recò in loco per combattere contro il “demone comunista“. Una volta terminata la guerra, l’appoggio di Bin Laden si fece sentire a livello economico con ingenti donazioni. Il rapporto di amicizia tra Osama e i vari mullah (i membri più anziani dei Talebani), tra cui anche Omar, continuò fino al 1997, quando Bin Laden si trasferì in Afghanistan in cerca di appoggio politico.

Una volta stanziato, il leader di Al Qaeda partecipò in maniera attiva al funzionamento dello Stato talebano addestrando truppe e finanziando scuole coraniche. E proprio in Afghanistan si rifugerà per diversi anni in seguito all’attentato dell’11 settembre.

L’intervento Usa del 2001

Proprio l’11/9 provocò la reazione degli Stati Uniti e, soprattutto, dell’allora Presidente Bush, che giorni dopo annunciò un intervento su larga scala in Afghanistan. Per i mesi a seguire, velivoli americani colpirono obiettivi strategici e, grazie alle forze di terra dell’Alleanza Nord (nemici dei Talebani sopravvissuti alla Guerra Civile e rifugiatisi nelle Regioni a nord), rinvigorite da rinforzi e finanziamenti occidentali, guadagnarono terreno e riuscirono a conquistare sia Kabul che Kandhar, obbligando i Talebani a rifugiarsi al confine col Pakistan (unica Nazione a continuare a riconoscerli come legittima forza politica del Paese).

Enrico La Forgia | Lo Spiegone

Dal 2001 la guerra non si è mai fermata. Nonostante i successi iniziali che vedono un palese indebolimento dei Talebani, le forze islamiste non si sono mai arrese. Neanche  la cattura e l’uccisione di Bin Laden (2011) ha fermato i Talebani, che hanno continuato ad alimentare le proprie linee con volontari, soldi pakistani e introiti provenienti dal mercato dell’oppio.

Diciassette anni di guerriglia e attentati che hanno visto perire migliaia di civili oltre a più di 3500 soldati occidentali uccisi (gran parte americani e inglesi) senza raggiungere alcuno scopo.

Fonti e Approfondimenti:

Talebani, Ahmed Rashid, 2002, Feltrinelli.

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