di Ada Nannetti
Nell’ultimo mese l’Ecuador è tornato a fare notizia per la violenza che attraversa il Paese, in larga parte perpetrata dalle bande criminali che operano al suo interno, in quanto territorio di passaggio per il traffico internazionale di cocaina. Il presidente Noboa intende affrontare l’escalation imprimendo una stretta al narcotraffico. Ma le criticità non mancano.
L’unicità dell’Ecuador
Il contesto politico dell’Ecuador non è sempre stato così, anzi ha subito un drastico cambiamento negli ultimi 10 anni. Sebbene si trovi tra i due maggiori produttori di cocaina del mondo (Colombia e Perù), qui i conflitti interni storicamente non sono paragonabili a quelli che si sono verificati in Colombia o in Perú.
Inoltre, l’Ecuador non ha dovuto fronteggiare la problematica legata alla disuguaglianza nella proprietà della terra, al centro di uno dei principali conflitti in Colombia. La Costituzione ecuadoriana approvata nel 2008 promuove la redistribuzione della proprietà della terra, riservando allo Stato il diritto di espropriazione delle medesime.
Il ruolo del dollaro
Una delle caratteristiche che nel lungo periodo ha fatto sì che l’Ecuador diventi uno dei principali luoghi di passaggio per il traffico della cocaina e della pasta di coca, è stato l’utilizzo del dollaro come moneta ufficiale.
In seguito all’esplosione della crisi economica del 1999 si registrarono elevatissimi livelli di inflazione e il fallimento di 16 banche. Questi eventi portarono l’allora presidente Jamil Mahuad a dollarizzare l’economia del Paese nel 2000.
Nonostante i benefici economici, questa decisione nel lungo periodo ha generato condizioni adatte per la penetrazione del narcotraffico, facilitando le transazioni internazionali e il lavaggio di denaro.
L’era Correa
Nel 2007 Rafael Correa arrivava alla presidenza del Paese. Durante il suo mandato e in particolare tra il 2010 e il 2017, il tasso di omicidio per capita si ridusse esponenzialmente, raggiungendo minimi storici.
Correa investì in politiche sociali riducendo notevolmente i livelli di povertà. Nel 2009 chiuse la base militare statunitense di Manta, concedendo il controllo portuario ai privati. L’istituzione della base aveva l’obiettivo di includere l’Ecuador nel Plan Colombia, il quale avrebbe dovuto condurre la lotta al narcotraffico nel territorio colombiano. Correa voleva escludere l’Ecuador da queste logiche di conflitto, le quali avevano portato ad azioni militari contro le FARC anche in territorio ecuadoriano.
Il presidente sosteneva anche l’autonomia dell’Ecuador. L’accordo siglato con gli Stati Uniti (12/11/99, Quito) comportava la rinuncia alla possibilità di reclamare indennizzazioni per qualsiasi azione compiuta dal personale della base, che possedeva il medesimo status giuridico del personale dell’ambasciata statunitense. Nello stesso anno Correa smise di collaborare con la DEA – Drug Enforcement Administration. Tali decisioni non furono però affiancate da una politica propria nella gestione del narcotraffico.
Il mancato investimento nella lotta contro il crimine organizzato, insieme a queste decisioni, generò un terreno fertile per lo sviluppo delle reti del narcotraffico e l’arrivo di criminali provenienti dall’estero, come la Mafia albanese. Un esito non voluto a cui contribuì indirettamente anche l’approvazione della cittadinanza universale nel 2008, che permise l’ingresso nel Paese senza visto. Spesso condannati in Europa, si rifugiavano in Ecuador, dove cominciarono a collaborare con le bande locali, mantenendo allo stesso tempo le relazioni con la Mafia italiana, per poter esportare la cocaina in Europa. Negli ultimi anni hanno ottenuto rilevanza soprattutto a Guayaquil e Durán.
Dopo Correa
Nel 2017 la fine del mandato di Correa coincise con un peggioramento della situazione economica. Un peggioramento in parte dettato dalla caduta del prezzo del petrolio, principale materia prima esportata dal Paese.
Il neoeletto presidente Lenin Moreno applicò duri tagli per far fronte al complicato contesto economico. Queste misure incentivarono il reclutamento di giovani da parte delle bande e colpirono anche la polizia, i militari, e il personale carcerario. Favorendo così la creazione di reti clientelari tra i narcotrafficanti e il personale statale.In breve, lo Stato perse il controllo delle carceri.
Il ruolo delle bande
In questo contesto è rilevante anche la firma nel 2016 della pace tra il governo colombiano e le FARC, che lasciava spazio per la collaborazione tra le bande in Ecuador e i cartelli della droga in Messico: Sinaloa e Jalisco Nueva Generación.
Negli anni 2000 in Ecuador vi era una forte presenza di bande giovanili di strada (Latin Kings, Ñetas, Masters of the Street), le quali seguivano logiche urbane. Alcune sono nate negli Stati Uniti all’inizio del XX secolo dai migranti provenienti dall’America Latina e America Centrale, altre nel territorio centro e sud americano. In entrambi i casi, seguendo logiche aggregative. In Ecuador si sono dedicate principalmente al micro-narcotraffico e, in tempi più recenti, l’estorsione.
Attualmente le bande sono più sofisticate e agiscono come intermediarie dei cartelli e di organizzazioni più grandi alle quali sono legate. Los Choneros si appoggiano al Frente Oliver Sinisterra dissidente delle FARC dopo la firma della pace ed è legata al Cartel di Sinaloa. Dall’altro lato si trovano Los Lobos, sostenuti da un altro gruppo dissidente delle FARC, il Frente 48, e legati al cartello di Jalisco Nueva Generación.
Nel 2020 fu assassinato il leader de Los Choneros, provocando lotte interne e importanti ondate di violenza nel Paese. In questo contesto, nel maggio del 2021 Guillermo Lasso divenne presidente, anche se il suo mandato durerà soltanto fino a novembre del 2023. Lasso si dimise per non affrontare il processo politico che sarebbe scaturito come conseguenza della muerte cruzada, formula della politica ecuadoriana molto simile all’impeachment.
Gli ultimi sviluppi
Nella campagna elettorale che seguì alle dimissioni di Lasso, fu assassinato uno dei candidati: Fernando Villavicencio, che si era proposto come leader nella lotta contro il crimine organizzato e la corruzione.
Come successore di Lasso, venne eletto l’attuale presidente Daniel Noboa, il cui mandato – come conseguenza delle dimissioni – avrà una durata di soltanto un anno e mezzo. Durante la campagna elettorale aveva conferito grande rilevanza alla necessità di adottare misure per il ristabilimento della sicurezza nel Paese. Gli avvenimenti che si sono verificati a pochi mesi dal suo insediamento hanno accelerato l’adozione di misure sul piano della sicurezza.
Il 7 gennaio in seguito alla fuga dal carcere di José Adolfo Macías Villamar, noto come ‘Fito’, leader di Los Choneros, è scoppiata un’ondata di violenza che attraversa il Paese, concentrando le scene più cruente nella città di Guayaquil. Questa situazione ha portato il presidente Noboa a riconoscere il conflitto armato interno e a dichiarare lo stato di emergenza.
La risposta politica
Secondo dati del governo tra il 9 e il 31 gennaio 2024 sono state arrestate 4.882 persone, e si sono sequestrati 40.280,75 kg di cocaina. Noboa ha annunciato che per fronteggiare questa situazione costruirà carceri di alta sicurezza, ispirandosi al modello impiantato da Nayib Bukele in El Salvador, incrementerà il controllo delle frontiere e procederà alla militarizzazione dei porti, chiedendo sostegno ad altri Paesi.
Inoltre, il primo febbraio si è riunito con i sindaci di Amburgo, Rotterdam e Anversa, città nelle quali si trovano i porti europei più rilevanti, nella ricerca comune di strategie per la lotta al narcotraffico. In questo modo il neoeletto presidente cerca un’azione congiunta con l’Europa. Nel mese di febbraio si sono votate alla camera quattro leggi, disgiuntamente nel tentativo di ottenere maggiori testi approvati possibili in quanto il presidente conta soltanto con 12 seggi dei 136. Le proposte hanno come obiettivo incrementare gli introiti dello Stato per poter investire nella lotta al crimine organizzato.
Il 6 febbraio è stata approvata la Legge Organica per fronteggiare il Conflitto Armato Interno, la Crisi Sociale ed Economica. Sono state incluse le proposte di legge che prevedevano la tassazione degli utili delle banche, cooperative di risparmio e di credito durante il 2023, e una contribuzione temporale unica per le società che hanno avuto benefici durante il 2022. È stata anche stabilita una tassa per l‘uscita di divise e una per i materiali di costruzione.
Esistono non pochi dubbi sulla ricetta vincente per la risoluzione del conflitto in Ecuador, tra i sostenitori di modelli di sicurezza più stringenti e coloro che sostengono l’utilizzo di politiche sociali come strumento di contrasto. Sarà la frammentazione dell’assemblea a portare il presidente alla ricerca di accordi trasversali e duraturi, per risolvere il conflitto? O si rivelerà un ostacolo insormontabile?
Fonti e approfondimenti
Asamblea Nacional aprobó la Ley para Enfrentar el Conflicto Armado Interno
Fürst, A., “https://lospiegone.com/2021/04/26/168204/”, Lo Spiegone, 26/04/2021
Betrò, F., “Intensità e violenza nel conflitto tra FARC e Colombia”, Lo Spiegone, 19/06/2019
El Universo, “Un presidente y 16 bancos cayeron por la crisis financiera | Economía | Noticias”, 13/08/2006


