Il Bangladesh ha voltato pagina. Lo scorso 8 agosto, Muhammad Yunus ha prestato giuramento come Primo ministro. Uno sviluppo inaspettato, divenuto sempre più probabile con l’infiammarsi delle proteste della società civile. Le centinaia di migliaia di persone scese in piazza hanno infatti convinto la guida del Paese, Sheikh Hasina, a cambiare aria dopo più di 15 anni al potere.
Fortemente voluto dalla componente più giovane dei manifestanti, Yunus rappresenta una figura molto nota a livello internazionale. Un fattore che ha sicuramente fatto la differenza nella sua nomina. La storia dell’economista nativo di Chittagong, strettamente legata all’istituto di microcredito Grameen di cui è fondatore, si arricchisce ora di un nuovo capitolo.
Il risveglio di Yunus
«Nei miei corsi universitari ragionavo in termini di miliardi, ma lì, sotto i miei occhi, la vita o la morte si giocavano sui centesimi. Evidentemente c’è qualcosa di sbagliato, le mie lezioni non rispecchiavano la realtà della vita». Nell’autobiografia “Il banchiere dei poveri”, Yunus racconta che è dall’incontro con una venditrice di sgabelli che ha maturato una nuova consapevolezza sulla realtà che lo circonda. E sull’urgenza di mettere a punto strumenti che possano migliorarla, nel concreto.
Nel Bangladesh degli anni Settanta, erano tante le donne che versavano ed erano destinate a versare in una condizione di indigenza. Spesso, come nel caso della lavoratrice nel villaggio di Jobra, tra le cause della povertà vi era l’usura, una forma di oppressione sociale particolarmente diffusa. Non avendo altre possibilità per accedere al capitale e dare seguito alla propria attività, infatti, un’ampia parte della popolazione cedeva al ricatto di chi ha maggiori risorse economiche.
Nei villaggi, questo processo tratteneva i più deboli in una condizione di svantaggio, al limite della sopravvivenza. Yunus e i suoi collaboratori decisero di raccogliere esperienze e testimonianze sul campo per analizzare la situazione. Si convinsero che la soluzione migliore fosse dare vita a un sistema di piccoli prestiti a condizioni più favorevoli. Le persone in difficoltà avrebbero potuto dare seguito alla propria imprenditorialità senza il rischio di rimanere strozzati.
Yunus era convinto che attraverso il cosiddetto microcredito, il lavoro autonomo poteva svincolarsi dalla morsa dell’usura e generare inclusione sociale, reddito e sviluppo per le comunità. Cominciò così, con un prestito di 27 dollari, il progetto Grameen (villaggio, in bengalese), che porterà in qualche anno alla fondazione di un vero e proprio istituto di credito, la Grameen Bank.
Il modello Grameen tra elogi e critiche
La strada tracciata da Yunus e dalla Grameen Bank è da decenni al centro del dibattito internazionale. Se il microcredito e in generale la microfinanza non sono nati con loro, è certo che l’esempio del Bangladesh si è imposto con una forza mai vista in precedenza. Nel tempo infatti le filiali Grameen, oltre ad aumentare esponenzialmente in numero, hanno ispirato tante realtà anche al di fuori del subcontinente indiano.
Negli anni Duemila, il microcredito sembrava uno dei principali rimedi contro la povertà, almeno nei Paesi a basso reddito. L’entusiasmo intorno a Grameen circolava sempre di più e l’istituto arrivò persino a ottenere prestigiosi riconoscimenti. Un percorso coronato dall’assegnazione del Premio Nobel per la pace, nel 2006, al suo fondatore. Tuttavia, i primi studi sul microcredito si rivelarono meno ottimisti di quanto sarebbe stato lecito attendersi, almeno a fronte di un innegabile successo mediatico.
Se alcuni autori hanno riscontrato un impatto positivo dei prestiti nella vita dei beneficiari, altri ne hanno evidenziato la pressoché totale inefficacia. Tra i più intransigenti, l’economista Anu Muhammad ritiene che le condizioni dei poveri rurali non differiscono molto tra i mutuatari e i non mutuatari. Con la differenza che, nel primo caso, la mancata restituzione del finanziamento ha spinto più di un piccolo imprenditore nella spirale dell’indebitamento. Un circolo vizioso giunto anche a capolinea drammatici, come testimoniano le impennate di suicidi fra i debitori in diversi Paesi asiatici.
Il ruolo politico di Yunus
All’apice della popolarità, Yunus valutò l’ingresso sulla scena politica. Nel 2007, il Bangladesh si trovava in una situazione di profonda instabilità. Il governo ad interim sostenuto dai militari indisse lo stato di emergenza. Figure chiave dello scenario nazionale finirono in prigione, compresa l’ex Prima ministra Sheikh Hasina. Una volta passata questa fase, sarà proprio lei a vincere nuovamente le elezioni e ad insediarsi nel 2009.
Yunus nel frattempo aveva abbandonato l’idea di impegnarsi in questa veste. Negli anni a venire rimarrà però, suo malgrado, protagonista del discorso pubblico. Yunus infatti è entrato in conflitto più volte con le autorità nazionali. Nel 2011, la Banca centrale del Bangladesh lo rimosse dalla carica di amministratore delegato della Grameen Bank. In seguito, fu coinvolto in alcune controversie legali, finendo incriminato per appropriazione indebita e violazione del diritto del lavoro. L’economista si è sempre difeso puntando il dito contro la Prima ministra. Sostenendo che le accuse a suo carico fossero da ricondurre a motivazioni politiche.
In effetti gli esecutivi guidati da Sheikh Hasina si sono contraddistinti, mano a mano, per una sempre più forte repressione del dissenso interno. Una situazione esplosa quest’anno. All’inizio del mese di luglio, gli studenti sono scesi in piazza per contestare una riforma volta a ripristinare corsie preferenziali per la pubblica amministrazione. La risposta del governo è stata di una violenza brutale, con le forze di polizia che hanno ucciso più di 400 manifestanti, diverse migliaia i feriti. Le proteste però hanno avuto la meglio, costringendo la Prima ministra Hasina a lasciare il Paese. Yunus, forte del sostegno delle piazze, ne ha preso il posto.
Yunus e le prospettive del Bangladesh
Alla veneranda età di 84 anni, Yunus ha fatto un salto da gigante in un nuovo capitolo della sua vita, così come il Paese di cui incarna il cambiamento e le aspettative. «Questo è un secondo giorno di Indipendenza per il Bangladesh», ha dichiarato l’ex banchiere in preda alla gioia.
L’esecutivo che ha scelto di presiedere unisce figure dai background differenti ma unite dal voler disegnare un futuro di stabilità per Dacca. Il primo passo, come per ogni regime in transizione, sarà quello di limitare il peso delle forze di polizia. E la loro violenza, che i cittadini bengalesi sperano non sia più esercitata per ragioni politiche.
Fonti e approfondimenti
Bateman, M. The Rise and Fall of Muhammad Yunus and the Microcredit Model (January 10, 2014). International Development Studies
Muhammad, A., “Bangladesh—A Model of Neoliberalism”, Monthly Review, 1/03/2015
Whitehouse, D., “Microfinance suicides show Africans must beware of excessive debt”, The Africa Report, 3/01/2024
Wykstra, S., “Microcredit was a hugely hyped solution to global poverty. What happened?”, Vox, 15/01/2019


