Dopo l’esperienza cilena dello scorso anno, anche in Argentina si riapre il dibattito sul tema dell’aborto legale. A breve, infatti, il Congresso discuterà la proposta di legge sulla depenalizzazione dell’aborto, elaborata dalla “Campagna per il diritto all’aborto legale, sicuro e gratuito” e sostenuta da un gruppo trasversale di deputati.
In Argentina l’interruzione volontaria o indotta della gravidanza è illegale, con le sole due eccezioni del pericolo di vita della futura madre o lo stupro, ed è punita con una pena reclusiva da uno a dieci anni, ai sensi degli articoli 85 e 86 del Codice penale.
Nel Paese il 40% delle gravidanze non vengono portate a termine: gli aborti, illegali, sono circa 500 mila l’anno e rappresentano la prima causa di morte materna. Possono arrivare ad avere un costo variabile tra i 10 e i 17mila dollari e, considerato che l’80% delle lavoratrici argentine prende meno di 10mila dollari all’anno e le più povere non raggiungo i 2mila, oltre a rappresentare un serissimo rischio per la vita delle donne, l’aborto è ormai diventato un “lusso” nel Paese. Ogni 5 minuti nasce un bambino da madre adolescente, ogni 3 ore uno da una ragazza con meno di 15 anni e il 69% di queste gravidanze non sono, per ovvi motivi, pianificate.
Questi dati hanno indotto il Presidente Macrì, esplicitamente schierato con i movimenti ProLife, a dare comunque il beneplacito al dibattito per arrivare a soluzioni condivise, che mettano in sicurezza la vita delle donne argentine. È la prima volta, dopo sei rifiuti, che il governo accetta di portare il dibattito alle Camere: la decisione arriva dopo il Pañuelazo del 19 febbraio proprio di fronte al Congresso argentino. In quell’occasione migliaia di manifestanti hanno marciato con dei fazzoletti verdi al collo, per rivendicare il diritto all’aborto legale e sicuro.
Panorama legislativo e sociale
L’OMS (Organizzazione mondiale della sanità) stima che la metà degli aborti nel mondo siano insicuri, di questi il 95% hanno luogo in paesi in via di sviluppo; se su scala globale si parla di 1 aborto insicuro su 7 nati, in America latina la percentuale sale a 1 su 3.
Ad oggi, gli unici paesi sudamericani a non prevedere particolari restrizioni, se non temporali, per l’IVG, sono Cuba, Guyana e Uruguay. Brasile, Cile, El Salvador, Guatemala, Honduras, Messico, Nicaragua, Panamá, Paraguay, Repubblica Dominicana e Venezuela, che presentano normative completamente o quasi proibitive; l’Argentina si colloca, insieme a Bolivia, Colombia, Costa Rica e Perù, tra i Paesi che, quantomeno, prevedono forme legali per salvaguardare la salute materna, seppur in un ristrettissimo numero di casi.
La pratica dell’aborto ha costituito un crimine in Argentina dalla fine del diciannovesimo secolo, quando entrò in vigore l’attuale Codice Penale (1880) che lo configurava come un reato senza eccezioni. Nel 1922 alcune modifiche portarono al riconoscimento delle uniche tre fattispecie tuttora considerate “non punibili”: quando la vita o la salute della donna incinta è in pericolo, quando la gravidanza è il risultato di uno stupro e nel caso in cui la donna incinta sia mentalmente invalida.
A prescindere da queste situazioni specifiche, l’aborto rimane in gran parte illegale. Per questo gli attivisti combattono da sempre per garantire aborti gratuiti, legali e sicuri per tutte, affiancando spesso le donne che si trovano coinvolte in procedimenti giudiziari per aver dovuto o voluto usufruire anche delle stesse procedure consentite.
Negli ultimi anni, ci sono stati sviluppi legislativi contrastanti che hanno accompagnato, influenzandola, la breve vita di molti progetti di legge sulla legalizzazione dell’aborto. Dal 1° agosto 2015 il nuovo Codice civile e commerciale argentino oltre ad affermare all’articolo 19 che “l’esistenza della persona inizia con la concezione”, contiene anche (articolo 57) un riferimento esplicito all’embrione umano come una tappa della vita umana.
Addirittura, dal 2006 esiste una legge che sancisce il diritto di tutti gli studenti a “ricevere un’educazione sessuale integrale nelle scuole pubbliche”, che ha avuto però scarsa applicazione. Secondo il rapporto di Amnesty international del 2015, solo 8 province su 24 hanno approvato il piano di ESI e, anche in questi casi, si riscontrano difficoltà di implementazione dovute alle reticenze delle famiglie e alla scarsa preparazione dello staff scolastico.
Secondo i dati del Ministero della salute in Argentina si realizzano dalle 370 alle 522 mila interruzioni di gravidanza all’anno, numeri sottostimati considerando che la pratica è illegale. Gli unici dati disponibili sono quelli sulle ospedalizzazioni pubbliche per complicazioni legate all’aborto, anche queste chiaramente parziali per via del diffuso utilizzo di cliniche private, o pseudo tali, e per il fatto che le cifre non fanno distinzioni tra aborti volontari e spontanei. Secondo questi dati nel 2011 i ricoveri per aborto sono stati quasi 50mila, di cui il 19% riguardava minori di 20 anni. Sempre secondo il Ministero della Salute la penalizzazione dell’aborto, più che diminuire il fenomeno, impedisce l’accesso a procedimenti sanitari sicuri, aumentano i rischi per la vita e la salute delle donne.
Non sono mancati, come per altri Paesi, i richiami internazionali. Nel rapporto del Comitato per i diritti umani (ONU) di marzo 2010 sull’Argentina, si sottolineava la preoccupazione in merito alla legislazione restrittiva in tema di aborto. Nello specifico, si raccomandava al Paese di modificare la normativa in modo tale da permettere effettivamente alle donne di evitare gravidanze indesiderate e, in ogni caso, il ricorso a pratiche illegali che mettessero in pericolo la loro vita. Nel giugno dello stesso anno, il Comitato per i diritti del fanciullo (ONU) rimarcava la necessità di ridurre la mortalità materna collegata all’aborto e ricordava l’importanza fondamentale per le giovani donne di avere accesso gratuito e consapevole alla contraccezione.
Dal 2010 la CEDAW, ora UN WOMEN, denuncia come la criminalizzazione dell’aborto sia la principale violazione dei diritti umani delle donne argentine. Recentemente, il Comitato del Patto sui diritti economici, sociali e culturali dell’ONU, con l’osservazione 22 dell’8 marzo 2016, ha indicato che il pieno godimento del diritto alla salute sessuale e riproduttiva rimane ancora un obiettivo lontano per milioni di persone su scala mondiale e la mancanza di servizi ostetrici e la negazione dell’aborto, che a loro volta conducono alla morte materna, costituiscono una violazione del diritto alla vita, alla sicurezza e, in certe circostanze, a tortura o trattamenti crudeli, inumani e degradanti.
Sempre secondo l’osservazione del Comitato, gli Stati sono tenuti ad adottare tutte le misure necessarie a eliminare le condizioni e le pratiche discriminatorie, garantendo l’accesso universale a una tutela della salute sessuale e riproduttiva di qualità, sia in termini di salute materna che di accesso alle informazioni e ai servizi sui sistemi anticoncezionali e abortivi.
La proposta di legge e le reazioni
Il 5 marzo 2018 è stato presentato alla Camera dei deputati il settimo progetto di legge sull’interruzione volontaria di gravidanza (IVE- Interrupción Voluntaria del Embarazo), redatto dal coordinamento della Campagna nazionale per il diritto all’aborto legale, sicuro e gratuito.
La Campagna fu creata nel 2004 da un gruppo di 20mila donne in occasione del XIX Incontro nazionale delle donne di Mendoza. Il gruppo iniziò a lavorare dal 2005 e, ad oggi, conta più di 300 organizzazioni femminili legate al coordinamento nazionale, che operano nel campo dei diritti umani, della salute, in ambiente accademico e sindacale, oltre che culturale. Ciò che accomuna tutto questo arco di personalità è la battaglia per il riconoscimento dei diritti sessuali e riproduttivi come diritti umani fondamentali, e quindi la necessità dell’accesso libero ai servizi pubblici che li riguardano. È chiaro che questo implichi l’obbligo per lo Stato di modificare i sistemi educativi, sanitari, di sicurezza e giustizia oltre che a promuovere profondi cambi culturali nella società.
Dal 2015 sono stati attivati vari forum di discussione in molte città argentine, le cui conclusioni finali sono state riunite ed elaborate da una commissione apposita, in un progetto di legge. Quest’ultimo, approvato dall’assemblea plenaria nel marzo 2016 è al momento in discussione al Congresso.
Il progetto propone la depenalizzazione e legalizzazione del diritto all’aborto e conta sul supporto trasversale di oltre 70 deputati appartenenti a tutto l’arco costituzionale. L’obiettivo è quello di predisporre le condizioni legali per cui tutte le donne argentine possano accedere in condizioni di equità alle pratiche mediche dell’IVG, in maniera sicura e gratuita.
Già dal primo articolo si focalizza l’attenzione sul diritto alla salute come diritto umano, qualificando la facoltà di decidere volontariamente sull’interruzione della gravidanza come una modalità di esercizio di tale diritto inalienabile. In quest’ottica l’IVG viene considerata una prestazione medica di base, essenziale, e quindi gratuita. Chiaramente viene previsto un limite temporale massimo, fissato a 14 settimane dall’inizio della gestazione, e si stabilisce un tempo di 5 giorni dalla richiesta entro i quali deve essere garantito l’accesso ai servizi abortivi del sistema sanitario.
Segue poi un elenco tassativo di casi in cui ciascuna donna ha il diritto di interrompere la gravidanza: a seguito di uno stupro, se la sua vita o salute fisica, mentale o sociale è a rischio e se esistono prove di malformazioni fetali gravi. Il progetto di legge, quindi, modificherebbe il Codice penale nelle parti in cui si fa riferimento agli abusi contro l’onore e verrebbe abrogata la norma sul consenso della donna che permette oggi di subire una pena pari a 4 anni di carcere per aver acconsentito alla pratica abortiva.
Secondo le promotrici, l’approvazione di questa legge renderebbe l’Argentina un Paese più giusto, permettendo, a chi vuole e può, di avere figli consapevolmente e, a chi invece non lo desidera, di interrompere la gravidanza o evitarla in maniera sicura. Continuare a criminalizzare l’aborto significherebbe perpetuare nel tempo l’idea di maternità come destino naturale, se non imposizione, dalla quale è impossibile sottrarsi. Inoltre, considerando che la penalizzazione non incide sulla diminuzione delle pratiche clandestine, la mancata approvazione continuerebbe a “legittimare” la disuguaglianza tra coloro che possono permettersi cure, illegali e private, ma perlomeno sicure, e quelle che invece sono costrette a rischiare la vita per via dei costi eccessivi.
I cattolici sono rimasti spiazzati dalla mossa del Presidente di centro-destra, ma non sono tardate le reazioni. La Conferenza episcopale argentina (Cea) ha pubblicato un documento dal titolo “Rispettosi della vita” nel quale riconferma l’impossibilità di accettare che una qualsiasi persona possa decidere sulla vita o la morte di un altro essere umano, soprattutto se in posizione più debole come il feto. Contrarie anche le periferie, con i sacerdoti delle villas miseria che circondano Buenos Aires, in prima linea contro la strumentalizzazione delle classi sociali meno abbienti. La missiva di Papa Francesco che il 16 marzo esortava i suoi connazionali a farsi “canali di bene” nella “difesa della vita e della giustizia”, ha ufficiosamente “benedetto” la serie di manifestazioni dello scorso 25 marzo. In occasione della giornata del fanciullo, infatti, circa 2 milioni di argentini hanno sfilato nelle piazze di tutto il Paese, uniti dalla “difesa della vita” contro le manifestazioni femministe a supporto della legge dello scorso 8 marzo.
L’argomento divide l’opinione pubblica: secondo una ricerca realizzata dal Centro de Estudios de Estado y Sociedad (Cedes) per Amnesty International, il 59 per cento degli argentini è favorevole alla depenalizzazione e un 70 per cento ritiene “importante” l’avvio del dibattito sul tema.
In definitiva, secondo i sostenitori del disegno legge, questa discussione trascende anche il tema specifico per abbracciare quello della qualità della democrazia. Bisognerà capire se gli argentini vogliono uno Stato libero, laico e plurale, che estende diritti per tutti, oppure uno Stato assente, che silenzia i dibattiti, rinforza disuguaglianze e ingiustizie sociali.
Fonti e Approfondimenti
- http://cnnespanol.cnn.com/2018/04/10/las-cifras-del-aborto-en-argentina
- https://amnistia.org.ar/wp-content/uploads/delightful-downloads/2017/02/PRENSA-ingles4.pdf
- https://www.lanacion.com.ar/2057061-que-pasa-con-la-implementacion-de-la-ley-de-educacion-sexual-integral
- http://www.abortolegal.com.ar
- http://www.publico.es/internacional/aborto-argentina-debate-derecho-aborto-legal-llega-congreso-argentina-once-anos-lucha.html
- http://servicios.infoleg.gob.ar/infolegInternet/anexos/15000-19999/16546/texact.htm#15