Il Portogallo, un tempo fanalino di coda d’Europa e primo dei cosiddetti PIIGS (Portogallo, Irlanda/Italia, Grecia e Spagna, i Paesi con le economie più fragili della zona euro), gode ormai da anni di una crescita economica invidiabile, il tutto rispettando i parametri di Bruxelles. Cosa c’è alla radice di questo successo? È possibile prendere tale esperienza a modello per i sofferenti partiti socialisti europei?
Alle radici del “miracolo portoghese”
La crisi economica del 2008 e quella del debito del 2011 hanno colpito in maniera particolarmente violenta la già fragile economia portoghese. Nel 2009 il Paese atlantico è stato oggetto di una procedura di infrazione per deficit eccessivo (che all’epoca ammontava al 9% del PIL, rispetto al massimo di 3% raccomandato da Bruxelles), mentre nel 2011 l’esecutivo ha dovuto richiedere un prestito di 78 miliardi di euro alle istituzioni europee e al Fondo Monetario Internazionale. Tale prestito è stato concesso in cambio di pesanti misure di austerità che sono state attuate dal governo guidato dal partito social-democratico, che come anche in Brasile è espressione del centro-destra.
Il Portogallo era, dunque, osservato speciale in Europa, considerato il Paese più a rischio di bancarotta dopo la Grecia. Le misure di austerità migliorarono gli indicatori economici di Lisbona, tuttavia il costo sociale da pagare fu alto.
Il Paese andò alle elezioni nel 2015 e, come spesso accade di questi tempi, non ne emerse una chiara maggioranza. Il partito social-democratico aveva la maggioranza relativa, ma i socialisti si accordarono con tre partiti della sinistra radicale, formando così un governo di minoranza monocolore socialista da essi sostenuto dall’esterno, come sarebbe accaduto tre anni dopo nella vicina Spagna. L’accordo di governo venne trovato per la comune volontà di concludere la stagione di austerità. Venne dunque nominato Primo Ministro Antonio Costa, segretario del Partito Socialista. Costa ha una storia personale molto interessante: avvocato, ex sindaco di Lisbona, è figlio di una delle prime giornaliste donna del Paese e di Orlando Da Costa, noto scrittore comunista proveniente da Goa, il più antico possedimento portoghese in India e l’ultimo a cadere nella breve guerra del 1961 tra Delhi e Lisbona.
I primi provvedimenti del nuovo governo furono un leggero aumento del salario minimo (che passò da 589 a 614 euro), la riduzione della settimana lavorativa dei dipendenti pubblici a 35 ore e un deciso abbassamento dell’IVA per alberghi e ristoranti. L’obiettivo era evidentemente quello di stimolare la domanda delle classi medio-basse e puntare sul turismo. I risultati si videro presto e furono più lusinghieri del previsto: l’economia portoghese ha iniziato rapidamente a crescere, il turismo ha avuto un’impennata e il tasso di disoccupazione è sceso fino a livelli migliori di Paesi come la Francia, passando dal 17.5% del 2013 al 7.9% del 2018.
Il consolidamento della Geringonça
La formula di governo era stata sarcasticamente soprannominata “Gerinconça”, letteralmente “Il pasticcio”. In pochi avrebbero scommesso infatti che Costa sarebbe stato in grado di non rimanere ostaggio dei veti dei partiti minori, come è invece recentemente avvenuto in Spagna. Ciò non è successo principalmente per il fatto che i partiti di sinistra erano consapevoli che l’unica alternativa al monocolore socialista era un ritorno al governo di centrodestra, fautore dell’austerità. Il successo delle scelte coraggiose di Costa ha fatto il resto, nonostante spesso persista un disaccordo di fondo tra i membri della maggioranza.
L’ex sindaco di Lisbona infatti ha sì rotto con le precedenti scelte in politica economica, ma lo ha fatto mantenendo sempre stretti rapporti con la Troika e senza smantellare le riforme dei governi precedenti, a cui ha riconosciuto di aver salvato il Paese dalla bancarotta. È infatti innegabile che senza la “cura di austerità” propugnata dal partito social-democratico sarebbe stato impossibile ridurre il deficit dal 9 al 2%, con conseguente uscita dalla procedura d’infrazione europea, avvenuta nel 2017. Inoltre, Costa ha attuato le sue riforme sociali gradualmente dopo aver visto i successi delle precedenti: così ha infatti restaurato la tredicesima e gli scatti di anzianità per i lavoratori, oltre che aver reintrodotto alcune festività soppresse dal governo precedente.
Il Portogallo ha raggiunto così un tasso di crescita invidiato dalle migliori economie europee: 1,6% nel 2016, 2,7% nel 2017 e 2,3% nel 2018 e una crescita prevista per il 2019 dell’1.7%. Per fare un paragone l’Italia nello stesso periodo è cresciuta dell’1,1%, 1,6%, 1,1% e una previsione dello 0,2% per quest’anno. Il tallone d’Achille dell’economia di Lisbona resta l’elevato debito pubblico, attualmente pari a circa il 122% del PIL.
Molto di questo successo deriva dal vero e proprio boom del turismo avvenuto nel Paese lusitano. Il dimezzamento dell’IVA per alberghi e ristoranti, gli investimenti nelle infrastrutture e più in generale nell’industria del settore hanno fatto sì che il Portogallo oggi non sia più noto solamente come terra del malinconico fado e del campionissimo Cristiano Ronaldo, ma come Paese accogliente e pieno di bellezze, dalle bianche spiagge dell’Algarve alle città affascinanti e ricche di storia come Lisbona, Coimbra e Oporto.
Il Portogallo è oggi una classica meta del turismo low-cost, favorito in questo da un costo della vita decisamente inferiore rispetto agli altri Paesi dell’Europa occidentale. Paradossalmente, inoltre, l’ondata di terrorismo che ha colpito il Vecchio Continente negli anni 2015-2017 ha incrementato il numero dei turisti, in quanto ritenuto Paese sostanzialmente non a rischio.
Un modello per le socialdemocrazie europee?
Dopo la caduta del governo Sánchez in Spagna, il Portogallo è attualmente l’unico Paese dell’Europa Occidentale governato dai socialisti. Il partito gode inoltre di ottima salute, essendo largamente favorito per le elezioni europee e politiche che si terranno quest’anno, con i sondaggi che lo stimano intorno al 40%. Prestigioso è inoltre il fatto che il padre nobile del gruppo, l’ex primo ministro Antonio Guterres, sia dal 2017 il Segretario Generale delle Nazioni Unite. Questi dati spingono a domandarsi se l’esperienza lusitana possa essere da esempio per gli altri partiti socialisti europei.
Per dare una risposta però, è necessario guardare alle peculiarità della politica portoghese. Essa è infatti un caso più unico che raro dove il bipolarismo tra i due partiti principali è sopravvissuto: inoltre, è sostanzialmente assente un raggruppamento sovranista di destra, confinando il populismo a movimenti di sinistra, per ora controllati dal carisma del Primo Ministro. Questo ha indubbiamente facilitato il compito di Costa, che tuttavia mantiene dei meriti importanti, che possono essere presi a esempio da altri leader del centro-sinistra europeo. In particolare, gli deve essere attribuito il coraggio di aver cambiato radicalmente rotta economica e di non aver smantellato il lavoro dei governi precedenti, bensì averlo integrato senza pregiudizi ideologici, mantenendo un approccio piuttosto liberale nonostante l’accordo con i partiti della sinistra radicale.
Le prossime elezioni porranno il Primo Ministro davanti a un bivio: l’acquisizione di una maggioranza sembra scontata, ma continuerà la “Gerinconça”oppure preferirà governare da solo? Quest’ultima scelta gli consentirebbe di attuare al meglio la sua agenda politica, ma da abile politico quale è, Costa sa che il modo migliore per evitare l’ascesa dei partiti radicali può essere proprio quello di tenerseli il più vicino possibile.
Fonti e approfondimenti
Francesco Lenzi, “Facciamo come il Portogallo?”, Il Sole 24 Ore, 18 gennaio 2018
Stefano Vergine, “Portogallo, così governa una buona sinistra”, L’Espresso, 21 febbraio 2018
Owen Jones, “No alternative to austerity? That lie now has been nailed”, The Guardian, 24 agosto 2017
Peter Wise, “Europe’s socialist success story: the strange rebirth of the Portuguese left”, New Statesman, 28 marzo 2018
“Social Democracy is floundering everywhere in Europe, except Portugal”, The Economist, 14 aprile 2018
Mário Centeno, “Portugal, una historia de éxito”, El País, 1 aprile 2018
Sébastien Laye, “Les raisons du miracle portugais actuel”, Le Monde, 28 agosto 2018