Nato al termine del vertice sociale per l’occupazione equa e la crescita di Göteborg, tenutosi in Svezia il 17 novembre 2017, il Pilastro per i diritti sociali in Unione europea rappresenta la punta dell’evoluzione di un processo di costruzione di società europea.
La sua esistenza, seppur in forma ancora embrionale, risale alle dichiarazioni rilasciate dal presidente del Consiglio europeo Donald Tusk per il Sessantesimo anniversario dei Trattati di Roma, celebrato il 25 marzo 2017.
Infatti in quell’occasione è stato ricordato come il progetto di una società unitaria e complessa a livello europeo costituisca sempre e da sempre l’obiettivo fondante dell’Unione e che “è molto importante che tutti noi rispettiamo le nostre regole comuni quali i diritti umani e le libertà civili, la libertà di espressione e la libertà di riunione, i pesi e contrappesi e lo Stato di diritto. È questo il vero fondamento della nostra unità”.
La Risoluzione del 2017
Questo progetto si è coronato con la creazione del Pilastro Europeo dei Diritti Sociali, nato dalla collaborazione del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione europea come auspicato dal Presidente Juncker nel discorso sullo stato dell’Unione del 13 settembre 2017. A ben guardare in realtà le origini sono ancora più lontane, in particolare si possono riferire alla Risoluzione del Parlamento europeo del 19 gennaio 2017.
Qui, infatti, l’ultimo considerando sottolinea come il Parlamento “ritiene opportuna l’adozione del Pilastro Europeo dei Diritti Sociali nel 2017, sotto forma di accordo tra il Parlamento, la Commissione e il Consiglio europeo, con il coinvolgimento delle parti sociali e della società civile al più alto livello, oltre che di una chiara tabella di marcia per la sua attuazione; invita la Commissione a proporre meccanismi per un adeguato coinvolgimento di tutte le parti interessate, a tutti i livelli, nell’attuazione dell’EPSR (European Pillar of Social Rights)”.
La Risoluzione contiene molto più di questo solo auspicio: si presenta infatti come un vero e proprio atto programmatico per l’attuazione dell’EPSR, indicando gli elementi necessari per l’intervento proficuo e le linee guida di attuazione del programma.
Pertanto, già nei considerando della Risoluzione vengono tratteggiati con disarmante e inappellabile chiarezza i punti focali sui quali si sarebbe basata poi la struttura del Pilastro sociale. Ciò che emerge in particolare è lo sguardo a tutto tondo che il Parlamento europeo ha dimostrato – richiedendo lo stesso atteggiamento agli Stati membri e gli altri organi dell’Unione – nella programmazione sistematica della creazione di questa nuova sfida. Ridotto ai minimi termini, il messaggio che veicola la risoluzione è uno: continuare a pensare che le condizioni globali di lavoro possano ancora far riferimento ai modelli pre-crisi del 2001 è anacronistico e sbagliato. L’incidenza che la crisi ha avuto sulla società non può e non deve essere ignorata, così come non possono essere ignorate le nuove esigenze e i nuovi diritti che stanno emergendo con forza negli scenari sociali e popolari.tre categorie dell’ESRP (Fonte: COFACE Family Europe)
Le parole chiave, che ricorrono quasi come promemoria nel corso di tutta la Risoluzione, tracciano un percorso ampiamente proiettato nel futuro e intrinsecamente legato alla società e alle persone; come infatti ricorda il considerando D “ [le] politiche economiche e sociali sono intese a servire le persone, anche promuovendo attività economiche sostenibili e socialmente responsabili in condizioni di parità, e […] le persone sono anche il fattore più importante della competitività di un’impresa e del corretto funzionamento dell’intera economia”. Il centro dell’intervento è quindi la persona e il suo vivere complessivamente considerato, partendo dal diritto all’istruzione fino ad arrivare al diritto a una pensione dignitosa.
È altrettanto certo che viene riconosciuta al massimo grado l’importanza del ruolo edificante del lavoro sia nei confronti dei singoli soggetti che dell’intera società. È infatti stato evidenziato quanto sia importante procedere alla costruzione di società e sistemi sociali che consentano lo sviluppo lavorativo a lungo termine e che si interessino di formare una rete di lavoro rivolta a tutti, in particolar modo nei confronti di coloro che vengono emarginati o ostacolati per caratteristiche fisiche e o sociali. La risoluzione infatti analizza con specifica attenzione la posizione di “persone che si trovano in situazioni vulnerabili o che sono più spesso vittime di discriminazione, come le donne, le minoranze etniche, i disoccupati di lungo periodo, i cittadini anziani e le persone con disabilità”, i quali – continua il considerando M. – “potrebbero essere necessarie misure aggiuntive per promuovere la loro partecipazione al mercato del lavoro e garantire standard di vita dignitosi per tutta la durata della loro vita”.
Ecco quindi che grazie a questo tipo di considerazione e di progetto della società europea l’Europa, assieme ai suoi Stati membri, è chiamata ad affrontare le numerose sfide sociali che sono proposte e che si susseguono nel corso della storia. Alla luce di ciò si mostra con maggiore chiarezza l’importanza programmatica delle parole contenute nel considerando B. Innegabilmente la creazione di un sistema lavorativo remunerativo ed economicamente proficuo è un obiettivo importante, ma il fine ultimo è evidentemente quello di riuscire a creare – con la necessaria collaborazione dei governi degli Stati membri – un modello sociale europeo inclusivo e attento. Il considerando è molto chiaro nel descrivere questa volontà nell’affermare la necessità di un impianto che “miri autenticamente alla piena occupazione, garantisca una protezione sociale adeguata e servizi essenziali di qualità per tutti, dia legittimità alle persone in situazioni vulnerabili, lotti contro la povertà e l’esclusione sociale, rafforzi la partecipazione alla vita civile e politica e migliori le condizioni di vita di tutte le persone […]”.
La creazione dell’EPSR
Con queste premesse e come auspicato dal presidente Juncker già nel discorso sullo stato dell’Unione del 13 settembre 2017, il Pilastro è stato approvato dal Parlamento europeo, dal Consiglio e dalla Commissione europea durante la conferenza di Göteborg. Nelle intenzioni dei creatori, e poi anche nella pratica, l’EPSR vuole essere una guida per la realizzazione dei risultati sociali e occupazionali auspicati dall’Unione, ricordando che le basi legislative su cui essa si fonda (con particolare riferimento ai Trattati europei e alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo) non possono e non devono essere sviliti per il raggiungimento dei suoi obiettivi, ma devono consistere in ulteriori mezzi per il perseguimento dei risultati. È chiaro che la concreta attuazione delle proposte dovrà essere sostenuta anche dai singoli Stati membri ed è per questo che le attività dovranno essere integrate in modo tale da essere conformi alle reali esigenze e capacità degli Stati, seguendo i principi di sussidiarietà e di proporzionalità.
Il Pilastro Europeo si basa su 20 principi chiave, strutturati nelle tre categorie di pari opportunità e accesso al mercato del lavoro, condizioni di lavoro eque e protezione sociale e inclusione.
Si evince intuitivamente che il percorso creato dalle macro aree di intervento seguono fedelmente quella che è la vita di un soggetto nel mercato del lavoro: la prima macro categoria è infatti incentrata sul diritti a un’istruzione formativa e includente, che tenga conto delle specificità dei singoli e che abbatta le differenze di genere che tutt’ora ostacolano l’accesso al mercato. Dopo l’ingresso, c’è la permanenza: a questo periodo è invece dedicata la seconda area che prescrive non solo il diritto a un’equa retribuzione, ma riconosce il diritto a godere di una vita dignitosa e felice, sia in campo lavorativo che in campo esclusivamente personale. In più viene costantemente promosso il dialogo costruttivo e paritario tra lavoratori e datori di lavoro, ponendo l’accento in particolare sui diritti di informativa che spettano ai lavoratori in ogni momento del rapporto, incluso quello conclusivo del licenziamento. Infine viene data attenzione all’area di protezione sociale, che spazia dalla tutela dei disoccupati e degli invalidi fino ad arrivare a ribadire il diritto dei bambini all’istruzione e a condizioni di vita dignitose e al diritto alla pensione che sia adeguata e proporzionata alla vita lavorativa svolta fino a quel momento.
Ad un anno dalla creazione del Pilastro sociale, il presidente Juncker ha commentato i risultati ottenuti fino a quel momento. La sua analisi è stata lucida e critica e ha indicato ciò che è stato compiuto ma, sopratutto, quello che si deve ancora compiere. Nel novembre del 2018, al ricorrere del primo anniversario, Juncker aveva indicato le elezioni di maggio 2019 come una sorta di primo traguardo per raccogliere i frutti di questa nuova creazione, andando a sottolineare che i fondi economici esistono e che le proposte per la creazione per una unità sociale europea sono state promosse più volte e da più soggetti. Infatti si è immediatamente provveduto a creare il Fondo Sociale Europeo Plus, come versione semplificata del Fondo Sociale Europeo e con un budget di oltre 100 miliardi di euro per il periodo 2021-2027, disposto per supportare e incentivare qualsiasi programma per l’attuazione degli obiettivi del Pilastro. Il Fondo Plus segue le caratteristiche dell’EPSR, avendo cura di sostenere le attività di semplificazione amministrativa, di lotta alla disoccupazione giovanile e di assistenza sanitaria.
Le dichiarazioni del presidente Juncker vertevano sulla necessità di continuare con più convinzione nel progetto, richiamando però non solo l’ambito meramente occupazionale. Il vero fondamento del Pilastro è una configurazione della società vivibile, nella quale ci siano gli strumenti per poter vivere in modo equilibrato tutte le fasi e le componenti della vita. È per questo motivo che nel programma di attuazione dell’EPSR si fa esplicito riferimento alla vita familiare, all’importanza della parità di genere a alla continua formazione della persona, insistendo sulla centralità dei giovani. Le proposte avanzate nel corso del primo anno, quali per esempio l’implementazione della Youth Guarantee, richiamano all’impegno costante gli Stati membri: non si vuole ignorare l’esistenza delle differenze sociali ed economiche, ma non si può nemmeno permettere che queste diventino una giustificazione per l’inerzia degli Stati, dal momento che la costruzione di oggi è dedicata alle generazioni future, alle quali l’Unione vuole ancora dare ciò che spetta.
Fonti e approfondimenti:
Parlamento europeo, Risoluzione del Parlamento europeo del 19 gennaio 2017 su un Pilastro Europeo dei Diritti Sociali
Commissione Europea, Bruxelles 2018, Presentazione Fondo Sociale Europeo Plus
European Commission, European Pillar of Social Rights
European Commission, 2018, Statement by President Juncker, Vice-President Dombrovskis and Commissioner Thyssen one year following its proclamation