Tra mercoledì 26 e giovedì 27 giugno, a Miami, si terranno i primi due round di dibattiti tra i candidati alle primarie democratiche. In ognuna delle due serate saranno in 10 a sfidarsi, con la composizione dei due gruppi decisa tramite un sorteggio casuale dal Democratic National Committee (DNC). Questo per cercare di avere una distribuzione equa dei nomi più rilevanti tra le due serate.
Il 26, quindi, si sfideranno Warren, O’Rourke, Booker, Castro, Klobuchar, Gabbard, De Blasio, Inslee, Delaney e Ryan. Il 27, invece, saranno Biden, Sanders, Harris, Buttigieg, Gillibrand, Yang, Hickenlooper, Williamson, Bennet e Swalwell a salire sul palco televisivo.
Il numero totale di sfidanti è stato fissato a 20, nonostante gli sfidanti alle primarie democratiche siano già 23, tramite una decisione presa dal DNC. Il numero record di candidati, infatti, ha imposto all’establishment democratico di iniziare a porre dei criteri di selezione per evitare di saturare eventi come questo. Quindi, l’ammissione è stata concessa solo a coloro che hanno raggiunto l’1% in tre sondaggi diversi e hanno raccolto 65.000 donazioni individuali. Nei prossimi dibattiti, i criteri diventeranno ancora più stringenti, per limitare la dispersione che deriva da un numero così elevato di contendenti.
Inoltre, proprio il campo così vasto di candidati rende questo primo dibattito televisivo un momento chiave per la campagna elettorale. Infatti, nonostante ci siano 5-6 candidati che già si differenziano nei sondaggi, rispetto alla massa di altri sfidanti che faticano a superare il 2%, queste primarie sono ancora apertissime e – a otto mesi dal primo voto in Iowa – c’è ancora spazio per “far saltare il banco”.

Sondaggi. Fonte: Wikimedia Commons
I nomi da seguire
Per i candidati di punta – Biden, Buttigieg, Harris, O’Rourke, Sanders e Warren – il dibattito sarà il momento in cui solidificare la propria posizione e cercare di guadagnare terreno rispetto agli altri concorrenti. Ognuno di loro guarda a questo momento come un possibile spartiacque per il successo della propria campagna.
Per Biden, sarà importante mantenere il vantaggio importante che ha sugli altri candidati, cercando al contempo di spegnere le polemiche su alcune sue dichiarazioni discutibili in tema di razzismo e segregazionismo. Buttigieg, che era un outsider e ha guadagnato molto nei primi tre mesi, proverà a sfruttare le sue doti telegeniche per solidificare ulteriormente la sua posizione tra i primi, magari puntando anche sul fattore età nel dibattito con gli ottantenni Biden e Sanders. Harris cercherà di sfruttare la sua esperienza di prosecutor, che le dà un vantaggio importante nella gestione emotiva e dialettica dei dibattiti. O’Rourke, che era entrato nella mischia come nome di punta, è sceso molto nei sondaggi, e deve assolutamente rilanciarsi per evitare di perdere definitivamente contatto dai primi. Come suo solito, Sanders cercherà di imporre la propria agenda estremamente progressista, sfidando gli altri a seguirlo e cercando di metterli alle strette sui suoi temi. Infine, Warren cercherà di sfruttare la sua ottima preparazione in tema di policy per continuare la sua scalata nei sondaggi, che adesso la vede costantemente tra la seconda e la terza posizione.
Gli outsider del dibattito
Per tutti gli altri, invece, questo dibattito sa già di ultima spiaggia. Il resto del gruppo dei 23 candidati, infatti, è molto distante dai 6 sopracitati, e – a meno di un’ottima performance a Miami – rischia di uscire definitivamente dalla sfida. Alcuni nomi da tenere d’occhio sono Booker, Klobuchar, Gillibrand e Castro.
Entrati nella corsa già da qualche mese, tutti e 4 erano considerati nomi interessanti, o quanto meno in grado di poter dire la loro. Non più di tre mesi fa, Booker era addirittura considerato uno dei favoriti, mentre oggi fatica a sfondare il muro del 2% nei sondaggi. Tutti loro hanno bisogno di raddrizzare campagne elettorali sottotono, in cui si sono giocati molto, e per questo saranno probabilmente all’attacco durante i dibattiti.
La posta in gioco
Dal punto di vista degli elettori, questa sarà la prima occasione per mettere davvero a confronto i candidati, cosa essenziale essendoci moltissimi nomi in gioco. Inoltre, le primarie 2020 offrono una varietà di sfidanti che non è riducibile a una mera questione numerica: i candidati si distribuiscono bene attraverso le differenze di sesso, età, genere, etnia, orientamento sessuale e orientamento religioso. Si va da candidati come Buttigieg (uomo, 37 anni, episcopale, gay) a Harris (donna, 54 anni, afroamericana), passando per politici di lunga data come Biden e Sanders, o appartenenti ad altre minoranze etniche come Castro o Booker.
I candidati si distribuiscono uniformemente anche sullo spettro politico che va dai moderati (con nomi di spicco come Biden e O’Rourke) ai socialdemocratici (su tutti, Warren e Sanders). L’offerta politica è anch’essa molto varia, simbolo che un campo così vasto offre all’elettorato possibilità di identificazione su moltissimi livelli. Il confronto televisivo ci farà quindi capire chi, tra tutti, riuscirà a stabilire una connessione emotiva con l’elettorato. Non sarà il momento in cui si decideranno le primarie, ma potrebbe essere uno dei momenti in cui qualcuno potrebbe perderle.
Fonti e approfondimenti
Montellaro, Zach, “Who’s in — and out — of the first Democratic debates”, Politico, 06/06/2019
Be the first to comment on "Guida ai dibattiti tra i candidati alle Primarie Democratiche 2020"