Ricorda 1979: gli accordi sull’inquinamento atmosferico

Per 40 anni, diversi Paesi in Europa occidentale e orientale, Balcani, Nord America, e parti dell’Asia occidentale e centrale hanno lavorato insieme affrontare gli effetti sull’ambiente e sulla salute dell’inquinamento atmosferico. In questo periodo, tale cooperazione è stata guidata dalla Convenzione su Inquinamento Atmosferico Transfrontaliero di Lungo Raggio (Long Range Transboundary Air pollution, CLRTAP), il primo accordo internazionale per affrontare il flusso dell’inquinamento atmosferico oltre i confini geografici dei singoli Paesi.

Le sostanze inquinanti rilasciate in atmosfera, infatti, non hanno effetti negativi solo nel Paese in cui vengono emesse. Gli inquinanti possono infatti essere trasportati oltre confine, con impatti sulla salute e sull’ambiente di regioni confinanti e oltre, viaggiando per centinaia di chilometri.

I primi ad accorgersi di questo fenomeno furono i paesi scandinavi negli anni ’60. In quegli anni in Nord Europa si iniziarono a notare problemi di acidificazione dell’acqua dei laghi e delle foreste, causando morte di specie acquatiche e mettendo a rischio interi ecosistemi.

Impatti così gravi sugli ecosistemi scandinavi erano ai quei tempi già sospettati di essere conseguenza dell’inquinamento proveniente dall’Europa continentale, dove erano concentrate attività dannose tali da poter essere responsabili di impatti così estesi. A tal proposito, nel 1972, la Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente umano a Stoccolma iniziò per la prima volta ad affrontare la questione della cooperazione internazionale per combattere l’acidificazione.

Questo sforzo fu rafforzato dai risultati di diversi studi condotti tra il 1972 e il 1977 che confermarono il fenomeno di trasporto a lunga distanza di sostanze inquinanti, collegandolo ai danni osservati in Scandinavia.

Nel novembre 1979, i Ministri nell’ambito del programma United Nations Economic Commission for Europe (UNECE) si riunirono a Ginevra e adottarono la Convenzione su Inquinamento Atmosferico Transfrontaliero di Lungo Raggio. La Convenzione entrò successivamente in vigore nel 1983 e conta attualmente 51 Parti, compresa la Comunità europea. Essa ha quindi la possibilità di estendere la legge sull’inquinamento atmosferico transfrontaliero su un’area geografica di 47 milioni di chilometri quadrati, comprendendo il 20% della popolazione mondiale.

La Convenzione stabilisce in questo modo un ampio quadro d’azione per limitare l’inquinamento atmosferico, definendo misure concrete attraverso una serie di “protocolli” (otto in totale). Ogni protocollo si riferisce a specifiche sostanze e zone di interesse, e l’insieme di tutti i protocolli riesce a coprire tutti i più importanti tipi di sostanze inquinanti. Essi includono obiettivi di riduzione delle emissioni di diossido di zolfo (SO2), ossidi di azoto (NOx), composti organici volatili (VOCs), inquinanti organici persistenti (POPs) e ammonia, identificando misure concrete tramite programmi di ricerca e sviluppo, scambio di informazioni scientifiche e tecniche tra i vari Paesi e monitoraggio.

Dal 1998, la conformità delle singole parti agli obblighi dei protocolli è stata inoltre oggetto di un riesame periodico da parte di un gruppo di esperti, il cosiddetto Implementation Commitee. Il lavoro di questi esperti ha ulteriormente rafforzato i lavori della Convenzione, incoraggiando le Parti a rispettare i loro impegni in modo tempestivo ed efficace. Gli sviluppi della Convenzione in questi 40 anni indicano che si tratti di uno dei migliori esempi di accordi ambientali multilaterali mai esistiti.

Principali progressi in Europa e Nord America

Il risultato di questo sforzo collettivo è stato infatti notevole: dal 1990 in Europa le emissioni delle varie sostanze nocive sono state ridotte del 40-80% a seconda delle zone. In particolare, la diminuzione delle emissioni di SO2 ha portato a foreste, corpi idrici e terreni più sani. Il calo delle emissioni è infatti riuscito a ridurre la deposizione di composti acidificanti a livelli inferiori rispetto a quelli critici di acidità in gran parte dell’Europa.

Le emissioni di NOx sono state ridotte, seppur in misura minore rispetto alle emissioni di SO2. Pertanto, nelle zone europee in cui l’acidificazione dei suoli forestali è ancora un problema, questi superamenti sono dovuti principalmente alla deposizione di NOx. Gli sforzi per ridurre le emissioni di NOx hanno portato ad una diminuzione dell’inquinamento da piombo, ridotto di quasi l’80% tra il 1990 e il 2012. I tassi di riduzione più elevati si sono verificati all’inizio del periodo, raggiungendo il 15-18% all’anno in diversi paesi (ad esempio Finlandia, Danimarca, Germania, Spagna, Norvegia, Finlandia, Danimarca, Germania, Spagna, Norvegia).

Anche il Nord America ha tratto notevoli benefici dalla partecipazione sia di Stati Uniti che del Canada alla Convenzione. La scienza e la modellistica hanno dimostrato infatti come altri Paesi abbiano un impatto sull’ambiente nordamericano, in particolare nelle aree settentrionali vulnerabili. Il Canada e gli Stati Uniti attuano le disposizioni della Convenzione attraverso accordi bilaterali, come quello sulla qualità dell’aria tra Canada e Stati Uniti del 1991 (Air Quality Agreement) e, con il Messico, la Border Air Quality Strategy varata nel gennaio 2003. Considerando solamente i benefici per gli Stati Uniti, tra il 1970 e il 2003, nonostante il prodotto interno lordo sia aumentato del 176%, i chilometri percorsi dai veicoli del 155% e il consumo di energia del 45%, le emissioni di NOx sono diminuite del 25% e i composti organici volatili sono diminuiti del 54%.

Sfide future

Nonostante fino a oggi la Convenzione abbia giocato un ruolo fondamentale per la riduzione di importanti fenomeni di inquinamento, rimangono ancora importanti sfide da affrontare.

Una delle più grandi sfide è quella di rendere più efficace la partecipazione delle varie parti, nonché aumentare il numero degli Stati partecipanti alla Convezione. Priorità principale, infatti, degli ultimi anni, è stata il rafforzamento dell’attuazione della convenzione e dei relativi protocolli, in particolare per le parti dell’Europa orientale, dell’Europa sudorientale, del Caucaso e dell’Asia centrale. A questo proposito, si sta avviando un programma di assistenza per migliorare il profilo politico della Convenzione nella regione e per incoraggiare la ratifica dei protocolli.

Inoltre, mentre i primi protocolli sviluppati nell’ambito della Convenzione si concentravano sulle tecnologie per ridurre le emissioni, i protocolli negoziati negli anni ’90 hanno utilizzato un approccio orientato agli effetti, su tecnologie “end of pipe, mirando al modo più economico per raggiungere gli obiettivi di riduzione, con interventi di trattamento dell’inquinamento a valle dei processi produttivi piuttosto che alla fonte. Questo tipo di soluzioni adottate per il raggiungimento dei target dovrà necessariamente essere sostituito con soluzioni più lungimiranti e sostenibili per tutti i protocolli della Convenzione, in vista anche della sempre più urgente sfida dei cambiamenti climatici. Infine, sono necessari ulteriori sforzi per estendere la Convenzione alla regione orientale dell’UNECE, e ciò può essere facilitato da chiari segnali da parte delle regioni occidentali che la lotta l’inquinamento atmosferico transfrontaliero sia una priorità e che sia realizzabile, nonostante le difficoltà economiche e politiche.

Fonti ed approfondimenti

Adam Byrne, “Trouble in the air: Recent developments under the 1979 Convention on Long-Range Transboundary Air Pollution”, 2015

Adam Byrne, “The 1979 Convention on Long-Range Transboundary Air Pollution: Assessing its Effectiveness as a Multilateral Environmental Regime after 35 Years“, 2015

UNECE, “Convention on Long-range Transboundary Air Pollution”, 2004

UNECE, “Updated Handbook for the 1979 Convention on Long-range Transboundary Air Pollution and its Protocols“, 2015

UNECE, “The Convention and its Achievements”

 

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