L’Uzbekistan sta eleggendo la sua nuova Camera legislativa

@Bobyrr - Wikimedia Commons - CC BY-SA 4.0

Domenica 22 dicembre 2019, nel Paese più popoloso dell’Asia Centrale, si sono tenute le “elezioni più democratiche di sempre”, per scegliere i componenti della Camera bassa dell’Oliy Majlis, il parlamento uzbeko. Dopo i 27 anni di dittatura di Islam Karimov, infatti, queste sono state le prime consultazioni nazionali sotto la presidenza di Shavkat Mirziyoyeveletto nel 2016, dopo la morte del suo predecessore.

Molte riforme sono state attuate dal nuovo governo nel corso di questi ultimi tre anni. Durante la dittatura di Karimov, legioni intere di uomini, donne e bambini venivano costrette ai lavori forzati nei campi di cotone per sostenere l’economia collettivizzata, e i dissidenti finivano bolliti vivi dal regime. Oggi, una legge vieta il lavoro minorile, e sono stati rilasciati oltre 50 prigionieri politici. Sono state finalmente aperte le frontiere, non solo ai giornalisti stranieri, ma anche a tutti i cittadini della regione. La produzione agricola è stata diversificata e l’economia progressivamente liberalizzata. Nel 2017, il governatore della capitale Tashkent è stato eletto dal popolo, e non dal capo dello Stato. Il 21 novembre di quest’anno, inoltre, il parlamento ha discusso e votato il budget statale per la prima volta.

Tutti questi importanti cambiamenti hanno fatto sì che The Economist nominasse l’Uzbekistan come “la nazione che è migliorata di più nel 2019”. Ma in che direzione sta andando veramente il Paese?

La campagna elettorale e il panorama politico

Il 10 novembre scorso, è avvenuto un evento che prima del 2016 sarebbe stato impensabile per il panorama mediale uzbeko: i candidati alle elezioni parlamentari hanno tenuto per la prima volta un dibattito televisivo, a cui sono stati invitati blogger e giornalisti lasciati liberi di intervenire con delle domande.

Sono stati ammessi in tutte le regioni del Paese anche 825 osservatori, rappresentanti di 9 organizzazioni internazionali – tra cui le Nazioni Unite e l’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) – e di 41 Paesi stranieri.

Nelle settimane prima del voto, inoltre, il presidente Mirziyoyev ha invitato i partiti politici a darsi da fare, incrementando le proprie attività con idee e proposte nuove. Tra queste, i partiti hanno aperto diverse pagine Facebook, il cui accesso è stato finalmente sbloccato dopo molto tempo. Il numero di follower e post è ancora piuttosto limitato, ma l’uso dei social network in questa campagna rimane una novità estremamente rilevante.

D’altronde, le restrizioni imposte sul web sono state allentate in senso generale: adesso è possibile accedere anche ad altri 11 siti internet, tra cui Eurasianet, Human Rights Watch e la sezione della BBC in uzbeko. Tuttavia, l’OSCE ha denunciato che i siti di diverse organizzazioni per i diritti umani sono rimasti oscurati dall’inizio della campagna fino a dopo la chiusura delle urne.

Si sono osservate anche poche tracce di poster elettorali ed eventi pubblici: molti dei residenti di Tashkent non sapevano nemmeno che ci fossero delle elezioni in corso. Non sono mancati nemmeno i cittadini sfiduciati che, dopo quasi tre decadi di oppressione, ritengono che anche queste elezioni “non cambieranno niente” nella politica uzbeka.

I risultati elettorali

Il clima di scetticismo all’interno del Paese non ha tuttavia impedito un’alta affluenza alle urne, al 71%. Dopo il ritiro di 6 persone, i candidati in corsa per la Camera bassa sono stati 744, presentati dai cinque partiti registrati per la competizione. Le liste di partito hanno registrato una maggiore percentuale di donne (41%) – grazie alla nuova legge elettorale che ha fissato una quota rosa al 30% – e di giovani in generale. Sono state abolite anche le restrizioni al diritto di voto per gli individui sottoposti a procedimenti penali o condanne.

Domenica 22 dicembre le urne sono rimaste aperte per 12 ore, a partire dalle 8 del mattino. Tuttavia, le operazioni di voto si sono concluse solo in 128 dei 150 distretti elettorali in cui è suddiviso il Paese, perché alcuni candidati non sono riusciti a raggiungere il numero necessario di voti per essere eletti nel sistema maggioritario uninominale uzbeko. Pertanto, la Commissione centrale elettorale ha annunciato che nei 22 distretti rimasti si tornerà nuovamente alle urne il 5 gennaio 2020 per il ballottaggio.

In questa tornata elettorale, ad ogni modo, i risultati hanno confermato la composizione del parlamento uscente:

  • il Partito liberal-democratico (O’zLiDeP) ha ottenuto 43 seggi;
  • il Partito democratico del rinnovamento nazionale (Milliy Tiklanish) ne ha ottenuti 35;
  • il Partito democratico per la giustizia sociale (Adolat) ne ha ottenuti 21;
  • il Partito democratico del popolo (O’zXDP) ne ha ottenuti 18;
  • il Partito ecologista (O’zEH) ne ha ottenuti 11.

Conclusioni

La nuova legge elettorale, in vigore da giugno 2019, non ha reso il sistema più competitivo o più trasparente. Il conteggio dei voti è stato valutato negativamente nel 42% dei seggi elettorali osservati dall’OSCE, con irregolarità familiari ai cittadini uzbeki – come il voto per procura. Secondo l’organizzazione internazionale, quindi, la nuova legge elettorale segue alcune delle raccomandazioni per migliorare la procedura di voto nel Paese, ma ne ignora altre riguardo al rispetto delle “libertà fondamentali”.

Per esempio, nessun nuovo partito è stato registrato nel Paese dal 2003, dato che sono richieste almeno 20.000 firme: non c’è da stupirsi se la composizione del parlamento uzbeko è rimasta sostanzialmente la stessa.

Gli stessi cinque partiti che hanno partecipato a queste elezioni parlamentari sono parte dell’establishment da lungo tempo. Anche se l’attuale presidente non è affiliato a nessun partito preciso, infatti, sono stati proprio i liberal-democratici oggi vincenti a sostenerlo nelle elezioni del 2016. Mirziyoyev sostiene di voler trasformare il parlamento in una “vera scuola di democrazia”, ma l’assenza di partiti di opposizione al suo interno rimane un difetto evidente.

Inoltre, anche se il presidente sta cercando di incrementare la dialettica partitica, i toni dei dibattiti durante quest’ultima campagna sono rimasti così pacati che l’attivista Nazima Davletova ha definito la loro retorica “superficiale e artificiale”. I programmi di partito ancora faticano a differenziarsi gli uni dagli altri, tanto che gli elettori non riescono bene a distinguerli.

Per tutti questi motivi, le elezioni del 22 dicembre sono considerate da molti osservatori come un passo significativo verso un sistema meno autoritario, ma non ancora sufficiente per parlare di vera democrazia. Le libertà di stampa, espressione e associazione sono ancora limitate, nonostante le aperture di Mirziyoyev. “Ci vorrà ancora molto tempo perché le persone inizino a lottare per i propri diritti” – sostiene Akhmed Rahmanov, analista – “Le diseguaglianze economiche fanno la loro parte: chi è affamato non pensa alla politica.”

Intanto, resta da capire quanto questa nuova Camera legislativa riuscirà ad agire in modo indipendente nei prossimi anni, e soprattutto quanto l’Uzbekistan riuscirà ancora a maturare, fino alle prossime elezioni presidenziali nel 2021.

 

Fonti e approfondimenti

Uzbekistan holds a semi-serious election”, The Economist, 18/12/19

Which nation improved the most in 2019?”, The Economist, 21/12/19

C’è qualcosa di nuovo in Uzbekistan”, Il Post, 22/12/2019

Uzbekistan holds parliamentary elections lacking opposition”, Aljazeera, 22/12/19

“Uzbek LibDems lead in vote criticized by Western observers”, Reuters, 23/12/2019

After a Smooth Election, Real Challenges Still Ahead for Uzbekistan”, The Diplomat, 23/12/2019

Organization for Security and Co-operation in Europe (OSCE), “Uzbekistan, Parliamentary Elections, 22 December 2019: Statement of Preliminary Findings and Conclusions”, 23/12/2019

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