Ricorda 1950: Mao visita Stalin in Unione Sovietica

Tre mesi dopo la rivoluzione cinese – conclusasi con la vittoria comunista il 1 ottobre 1949 – Mao Zedong decise di raggiungere Josip Stalin a Mosca. In un panorama politico internazionale dove la Guerra Fredda era già iniziata, l’asse socialista mondiale stava attraversando uno dei momenti più fragili del Novecento. L’incontro tra due dei più importanti leader viene spesso sottovalutato, nonostante abbia posto le basi dello sviluppo diplomatico dei decenni successivi.

Il clima internazionale

Dagli occhi Sovietici

Dopo la fine della Seconda guerra mondiale nel 1945, la fondazione della Repubblica Popolare Democratica di Corea (Corea del Nord) nel 1946 ha definito un primo nodo nel conflitto ideologico tra socialismo e liberismo. Un secondo nodo, questa volta interno alla sfera socialista, è stato definito dalla divisione della sfera socialista tra Jugoslavia e Unione Sovietica nel 1947. Se Tito non si allineò con la sottomissione del proprio Paese ai dettami della Terza Internazionale, Stalin non poteva permettersi di dare ai piccoli Paesi socialisti l’indipendenza ideologica. La paura di una divisione che avrebbe portato l’Unione Sovietica a essere paritetica alle visioni di altri Stati guidati dai partiti comunisti aveva spinto il PCUS – fino alle gerarchie più alte – a sostenere il Kuomintang (KMT) di Chiang Kai-sheck contro il Partito Comunista Cinese (PCC) durante la guerra civile tra il 1947-1949.

Nonostante ciò, la guerra interna venne vinta dai comunisti cinesi, che entrarono vittoriosi a Pechino a ottobre 1949, consapevoli delle azioni sovietiche sulle sorti della Cina. Parallelamente, il Piano Marshall in Europa e la divisione della Germania e le bombe atomiche sul Giappone avevano dato respiro all’Unione Sovietica sul protratto sforzo armato. Una guerra imminente tra Occidente e sovietici era fuori discussione. La dottrina del “contenimento” adottata da Henry Truman – allora presidente degli Stati Uniti – cercava di asfissiare il comunismo sovietico attraverso una morsa da Est a Ovest.

In questa doppia ottica – interna al mondo socialista e in relazione al mondo Occidentale – era necessario per l’Unione Sovietica discutere nuovamente le proprie relazioni con la nuova Cina. La problematica più grande era sicuramente quella di preservare un ordine gerarchico nell’Internazionale. Allo stesso tempo, era cruciale non far slittare l’alleanza cinese verso la Jugoslavia, creando un rapporto socialista asimmetrico tra Est e Ovest nel mondo sovietico. Una seconda questione da risolvere era trovare una strategia che riuscisse a sbilanciare l’asse sino-sovietico in una direzione anti-statunitense. La terza questione, oltre le differenze ideologiche, era stabilire un rapporto chiaro e stabile con il Paese con cui l’Unione Sovietica condivideva la grande maggioranza del proprio confine.

Dagli occhi cinesi

Dalla prospettiva di Pechino, l’Unione Sovietica era ideologicamente una delle culle della strada socialista da percorrere. Le dottrine marxiste-leniniste erano incastonate nelle carte del PCC dal 1921. La struttura del Partito è tutt’oggi modellata su alcuni cardini organizzativi dettati da Lenin. La Rivoluzione d’Ottobre nel 1917 era stata una lanterna da seguire e da adattare alla realtà sociale (rurale) della Cina. Molti rivoluzionari cinesi avevano studiato e lavorato in Unione Sovietica. La necessità di stabilire una stretta alleanza con Mosca era evidente.

La necessità di dibattere con Stalin era anche dettata dalla questione di Taiwan. Sostenere Chiang Kai-sheck significava sostenere i controrivoluzionari, i nemici del popolo. Ma soprattutto, sostenere il KMT significava sostenere Taiwan diplomaticamente, delegittimando gli sforzi della rivoluzione.

I tre mesi che cambiarono le relazioni sino-sovietiche

Il 16 dicembre 1949 Mao Zedong arriva a Mosca. Alle 10 di sera – orario di Pechino – Mao e Stalin parlarono per la prima volta come leader dei rispettivi Paesi. Durante la discussione, l’obiettivo principale cinese era quello di chiedere assistenza economica all’Unione Sovietica. Come rappresentante delle forze comuniste cinesi, Mao spinse su questo punto “vorremmo trovare una decisione sulla questione del credito sovietico alla Cina, il quale accordo sarebbe di 300 milioni di dollari tra il governo sovietico e quello cinese […] questo avrebbe una risonanza importante in Cina”. L’aiuto economico sarebbe stato impiegato soprattutto alla costruzione delle reti di trasporto aria e mare nel Paese. Riguardo alla prima richiesta, Stalin offrì il proprio aiuto, “siamo pronti a dare questa assistenza. Le linee aeree possono essere stabilite sui cieli dello Xinjiang e della Repubblica Popolare di Mongolia.”

La seconda richiesta puntava all’aiuto non solo economico ma anche scientifico dell’Unione Sovietica per creare una marina cinese all’altezza degli obiettivi strategici di Pechino. La preoccupazione di Mao riguardava soprattutto l’annessione dell’isola di Formosa (Taiwan), riportando a Stalin che “i sostenitori del Kuomintang hanno costruito una base navale e aerea sull’isola di Formosa. La nostra mancanza di forze navali e di aviazione rende l’occupazione dell’isola da parte dell’Esercito di Liberazione del Popolo più difficile. Alcuni dei nostri generali hanno suggerito di chiedere aiuto all’Unione Sovietica, che avrebbe potuto mandare volontari – piloti e distaccamenti militari segreti – per accelerare la conquista di Formosa”. Se l’assistenza non fosse stata declinata, la possibilità di truppe sovietiche in aiuto cinese per conquistare Taiwan avrebbe creato un clima internazionale teso con gli Stati Uniti e la Gran Bretagna.

Riguardo alla diplomazia, Mao si volle confrontare con Stalin sulla strategia da adottare. Il leader cinese presentò la propria idea, sottolineando come “molti Paesi, specialmente la Gran Bretagna, stanno attivamente cercando di riconoscere (diplomaticamente) la Repubblica Popolare Cinese. Noi crediamo che non ci debba essere fretta nel riconoscere il nostro Paese. Dobbiamo prima riportare ordine nel Paese, rafforzare la nostra posizione, e solo dopo potremo parlare con gli imperialisti”.

Questo sottolinea come il viaggio di Mao a Mosca era di vitale importanza per le relazioni diplomatiche cinesi, che avrebbero dovuto essere create prima con i Paesi ideologicamente più vicini. Nonostante ciò, Mao dovette utilizzare tutte le proprie strategie migliori per raggiungere l’obiettivo desiderato: il riconoscimento diplomatico sovietico. In un telegramma al Comitato Centrale del PCC il 2 gennaio 1950, Mao riportava una “decisiva svolta” nelle discussioni sino-sovietiche. Infatti Stalin si era convinto a invitare Chou En-lai – ministro degli Affari Esteri cinese – a Mosca per firmare il nuovo Trattato Sino-Sovietico di Amicizia e Alleanza, oltre ad altri accordi commerciali e economici. L’arrivo di Chou e la discussione con Molotov – ministro degli Esteri sovietico – sui dettagli avrebbe tenuto impegnati i due Paesi fino a inizio febbraio. Il vecchio trattato Sino-sovietico firmato il 14 agosto 1945, sarebbe stato rimpiazzato dal nuovo nel 14 febbraio 1950. Questo implicava la delegittimazione della Cina di Chiang Kai-shek e il riconoscimento di un’unica Cina, quella nuova, socialista.

 

Il confronto tra i Timonieri in prospettiva storica

Il lento cambio del testimone (se mai avvenuto) come timoniere socialista da Stalin a Mao prese forma durante questi tre mesi tra dicembre 1949 e febbraio 1950. Gli ultimi anni di vita di Stalin portarono un grande cambiamento nella sfera socialista. La guerra di Corea voluta da Kim Il-sung e appoggiata da Stalin apriva una faglia di alleanze asiatiche tra Stati socialisti. I centinaia di migliaia di morti cinesi come “volontari” sono stati il prezzo pagato da Mao per mantenere l’alleanza con l’Unione Sovietica tessuta durante questi mesi. Nonostante la contrapposizione di Mao alla guerra, il lungo periodo nelle file militari sovietiche di Kim fece spostare la decisione di Stalin verso il leader coreano.

Dall’altra parte, la mutua ammirazione tra Stalin e Mao fu anche la base della frattura successiva tra Unione Sovietica e Cina alla morte del primo nel 1953. La damnatio memoriae che Chruscev riservò al proprio predecessore entrò in aperto conflitto con la linea socialista voluta da Mao, che pochi anni dopo avrebbe sospeso e inasprito le relazioni con l’Unione Sovietica.

I mesi che cambiarono la relazione tra Mosca e Pechino hanno una ripercussione su tutto l’assetto di relazioni sia tra i due Paesi che tra i leader dei rispettivi schieramenti. La disintegrazione del culto della personalità che accadde in Unione Sovietica dagli anni Cinquanta fino alla caduta è stata seguita dalla leadership di Deng Xiaoping in Cina alla morte di Mao nel 1976. Se non con la stessa forza, senza un rifiuto del passato, una grande critica è ampiamente accettata dell’operato di Mao Zedong, soprattutto in riguardo a tematiche quali la Rivoluzione Culturale e il Grande Balzo in Avanti. Oggi le relazioni tra Russia e Cina sono entrate in un “periodo d’oro”. In verità sono le relazioni tra Putin e Xi a essere entrate in un periodo d’oro, dove la stima reciproca e gli incontri frequenti oscurano spesso le relazioni diplomatiche tra i due Paesi. Guardando ai tre mesi tra dicembre 1949 e febbraio 1950, è possibile tracciare una linea che divide le relazioni tra i leader e le relazioni tra i Paesi. Se la prima relazione fiorisce, allora le relazioni tra i Paesi possono sbocciare. Ma le relazioni tra i due Paesi senza l’amicizia personale tra i leader sono molto più difficili e tortuose.

 

Fonti e approfondimenti:

Richard H. Immerman, Mao’s Moscow visit, December 1949-February 1950, CNN 3/01/2014

https://digitalarchive.wilsoncenter.org/collection/184/sino-soviet-alliance-1950-1959

https://china.usc.edu/conversation-between-soviet-unions-joseph-stalin-and-chinas-mao-zedong-1949

https://www.fmprc.gov.cn/mfa_eng/ziliao_665539/3602_665543/3604_665547/t18011.shtml

 

Grafica: Marta Bellavia – Instagram: illustrazioninutili_

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