Il 14 dicembre 1960 l’Assemblea generale adottò la Risoluzione 1514 (XV), con la quale le Nazioni Unite si mobilitavano ufficialmente per la prima volta per porre fine in tempi rapidi al secolare fenomeno del colonialismo. Nonostante non sia vincolante, la risoluzione – conosciuta anche come Dichiarazione sulla concessione d’indipendenza ai Paesi e popoli coloniali, o Dichiarazione sulla decolonizzazione – è un documento di estrema rilevanza poiché include principi e diritti ribaditi anche in altre convenzioni (dunque vincolanti) o facenti parte nel diritto consuetudinario o addirittura considerati ius cogens. L’adozione della risoluzione è da ritenersi un passaggio necessario in un panorama globale che stava affrontando cambiamenti epocali.
Cenni storici
Precedentemente alla Prima guerra mondiale i territori fuori dall’Europa erano soggetti a occupazione legittima, appropriazione delle risorse, distruzione di ogni organizzazione politica, schiavitù e lavoro forzato. La nascita della Società delle Nazioni, il programma in 14 punti del presidente degli Stati Uniti Wilson e la propaganda all’autodeterminazione dei popoli spinsero pian piano verso un naturale e necessario processo di decolonizzazione. Nel 1947 l’India ottenne l’indipendenza e questo avvenimento segnò l’inizio della decolonizzazione politica moderna che si concluse nel 1999 con la restituzione di Macao alla Cina. Sarebbe un errore, tuttavia, considerare del tutto conclusa l’epoca della colonizzazione. Alcuni territori devono infatti ancora oggi ottenere la loro completa autonomia. Inoltre, si può affermare che il processo di colonizzazione abbia sostanzialmente cambiato forma, divenendo più insidioso e meno esplicito, ed è strettamente legato al fenomeno della globalizzazione e allo sviluppo delle nuove tecnologie.
La risoluzione 1514 del 1960
La risoluzione 1514 è, dunque, frutto di un cambiamento interno al panorama internazionale e, di conseguenza, all’Assemblea generale, non composta più solo dagli Stati fondatori dell’Organizzazione, ma rappresentante di una comunità sempre più inclusiva in termini di cultura e ideologia. Questo cambiamento iniziò a registrarsi a partire dal 1955, quando 16 nuovi Stati furono ammessi come membri dell’Onu, che raggiunse quindi quota 76. La dichiarazione fu approvata da 89 Stati membri, nessun voto contrario e 9 astenuti (tutti Paesi coloniali a eccezione della Repubblica Dominicana).
Il testo, conciso, conta solo 7 articoli, e può essere descritto come un insieme di principi da seguire al fine di implementare lo sviluppo progressivo del diritto internazionale in accordo con la Carta delle Nazioni Unite e lo Statuto della Corte internazionale di giustizia. Nello specifico si fa menzione dei diritti umani e si considera una loro violazione qualsiasi atto di dominazione e sfruttamento dei popoli, i quali hanno il diritto all’autodeterminazione. Per autodeterminarsi è necessario che essi siano liberi di definire il loro status politico e di realizzare autonomamente il loro sviluppo economico e sociale. Ciò non può essere realizzato se i popoli sono ancora soggetti a controllo esterno e, di conseguenza, un importante riconoscimento della dichiarazione riguarda proprio i territori soggetti ad amministrazione fiduciaria Onu o ancora non indipendenti – per i quali per la prima volta si prevedeva il trasferimento del controllo ai popoli abitanti del posto.
Infine, l’Assemblea generale con questo documento intendeva riaffermare l’impegno a porre fine all’uso della forza e a qualsiasi misura di coercizione volta a mantenere un regime coloniale. Al fine di velocizzare e controllare la realizzazione del processo di decolonizzazione, con la risoluzione 1654 (XVI) del 27 novembre 1961, venne istituito il Comitato speciale sulla decolonizzazione, che divenne operativo l’anno successivo. Il suo ruolo principale è quello di monitorare la corretta implementazione della dichiarazione, anche facendo ricorso all’uso di raccomandazioni.
Il ruolo fondamentale degli organi delle Nazioni Unite
Alla base dell’implementazione della dichiarazione vi è il principio di autodeterminazione, che ha rappresentato nei primi decenni di vita delle Nazioni Unite una sfida di primo ordine. Questo diritto, seppur già menzionato prima della nascita delle Nazioni Unite, trova la sua forza nell’art. 1 della Carta Onu, dove si legge che uno degli scopi dell’Organizzazione è sviluppare rapporti amichevole tra Stati sulla base del principio di uguaglianza e autodeterminazione dei popoli, al fine di rafforzare la pace universale. In questo scenario, fondamentale è stato il ruolo di alcuni organi Onu: senza dubbio si fa riferimento all’Assemblea generale ma, in particolar modo, bisogna ricordare la Corte internazionale di giustizia.
L’organo giudiziario delle Nazioni Unite, anche grazie alla sua variegata composizione, ha fatto di questo presupposto una delle sue battaglie maggiori, essendosi prefissato l’obiettivo di fondare un nuovo diritto internazionale più inclusivo e attento alle esigenze dei Paesi appena nati. Il grande merito della Corte è stato anche quello di applicare il concetto di “autodeterminazione” a casi concreti, facendo sì che, per mezzo delle sue decisioni, esso potesse guadagnare un aspetto giuridico superando la mera e limitante aspirazione politica. In molti casi, ciò ha avuto una valenza decisiva per avviare il processo di decolonizzazione; in altri, purtroppo la sentenza giuridica non è riuscita a fornire gli strumenti necessari per questo passaggio. È questo, ad esempio, il caso del Sahara occidentale del 1975, in cui la Corte mondiale si espresse tramite un parere a favore della possibilità di applicare il principio di autodeterminazione. Tuttavia il parere consultivo della Corte non è vincolante e il caso del territorio in questione resta ancora oggi irrisolto.
Ulteriori sviluppi
Negli anni ’70 molti Stati ottennero l’indipendenza e altri presero la strada della decolonizzazione. La comunità internazionale, dunque, dovette rimarcare quanto già sancito dalla Dichiarazione del 1960. Nel 1970, venne adottata la Dichiarazione relativa ai principi di diritto internazionale concernenti le relazioni amichevoli e la cooperazione fra gli Stati, nella quale veniva esplicitamente ribadito il dovere di ogni Stato di promuovere la realizzazione del principio di uguaglianza e autodeterminazione dei popoli. Questo testo accelerò la fine del colonialismo e rafforzò l’importanza della promozione delle relazioni amichevoli tra i popoli.
Inoltre, nel 1976 entrarono in vigore due note convenzioni internazionali, adottate 10 anni prima – la Convenzione internazionale sui diritti economici, sociali e culturale e la Convenzione internazionale sui diritti civili e politici – nelle quali veniva riaffermata ancora una volta, in entrambi i casi nel primo articolo, il diritto dei popoli all’autodeterminazione come la possibilità di scegliere liberamente il proprio statuto politico e di perseguire sempre liberamente obiettivi economici, sociali e culturali.
La Dichiarazione ha deluso le aspettative?
Come emerso in precedenza, la Dichiarazione è il risultato di un cambiamento in atto all’interno della comunità internazionale a partire dalla fine degli anni ’50. Essa ha rivestito un ruolo primario ed è riuscita a realizzare lo scopo per cui fu adottata, vale a dire il consolidamento del processo politico, già avviato, per mettere fine ai vecchi imperi coloniali. Il panorama internazionale è oggi totalmente cambiato ma alcuni Stati, seppur formalmente indipendenti, sono in realtà dipendenti da altre potenze per quanto riguarda vari settori, tra cui le infrastrutture e le tecnologie. È verosimile che questo paradigma sarà sempre più frequente, incarnando il nuovo volto della colonizzazione.
Fonti e approfondimenti
Rochel, “The ICJ Facing Self-Determination Drawing Lessons for the Role of the Court”, in Judge in European and International Law, Paris, Lextenso Editions, 2013
Zyberi, “Self-Determination through the Lens of the International Court of Justice”, 56 Netherlands International Law Review, 2009
McWhinney, “Declaration on the Granting of Independence to Colonial Countries and Peoples”, United Nations Audiovisual Library of International Law, 2008
B.O. Okere, “The Western Sahara Case”, 28 The International and Comparative Law Quarterly, 1978
Special Committee on Decolonization
UNGA Resolution 1514 (XV) or Declaration on the Granting of Independence to Colonial Countries and Peoples, 14 dicembre 1960
UN Charter, 26 giugno 1945, San Francisco
UNGA Resolution 2625 (XXV), Dichiarazione relativa ai principi di diritto internazionale, concernenti le relazioni amichevoli e la cooperazione fra gli Stati, 24 ottobre 1970
Grafica: Marta Bellavia – Instagram: illustrazioninutili_