di Cecilia Marconi, Damiano Mascioni e Alberto Pedrielli
Negli Stati Uniti, fin dallo storico scontro tra il democratico Kennedy e il repubblicano Nixon del 1960, i dibattiti televisivi sono uno dei classici appuntamenti in vista delle elezioni presidenziali. Quest’anno, i tre confronti tra candidati alla presidenza inizialmente in programma si sono ridotti a due, in quanto il dibattito previsto per la serata del 15 ottobre è stato annullato dopo che Trump è risultato positivo al Covid-19. In effetti, la Commissione per i dibattiti presidenziali aveva avanzato la possibilità di un inedito format online ma la proposta è stata rifiutata dal presidente stesso. Trump e Biden hanno dunque avuto modo di confrontarsi di fronte al pubblico del piccolo schermo il 29 settembre (Cleveland) e il 22 ottobre (Nashville).
L’impatto dei dibattiti presidenziali sul voto
Tradizionalmente, i dibattiti presidenziali vengono considerati come “l’ultima opportunità” prima delle elezioni per influenzarne l’esito, dato che offrono agli elettori la possibilità di sentire i due candidati discutere e confrontarsi sulle rispettive agende politiche. Eppure, diversi studi condotti sul comportamento degli elettori hanno dimostrato come i dibattiti non abbiano in realtà grande impatto sul voto. Infatti, molte delle persone che li seguono lo fanno perché genuinamente interessate alla politica, e difficilmente ricadono nella categoria degli indecisi, che potrebbero propendere per uno o l’altro candidato presidenziale dopo aver ascoltato un loro dibattito.
Inoltre, l’appartenenza politica e ideologica pesa moltissimo nel giudizio che gli spettatori hanno di questa particolare “competizione comunicativa”. La fidelizzazione partitica ha sempre avuto una grande rilevanza, ma quest’ultima potrebbe essersi accentuata con il ruolo assunto dai social network nel veicolare il discorso pubblico, in particolare se si pensa al fenomeno delle echo chambers. In sintesi, le camere dell’eco sono dei contesti sociali, formatisi online, in cui i partecipanti aderiscono alla medesima visione ideologica, e finiscono per isolarsi in una bolla autoreferenziale. I codici che guidano la formazione delle opinioni, algoritmi su tutti, porterebbero quindi a una sempre crescente polarizzazione sociale, che contribuirebbe a un’ulteriore sminuimento dell’influenza che hanno i dibattiti televisivi sulla scelta finale degli elettori.
Non dovrebbe stupire, pensando proprio alla diffusione dei social media, che molti giornalisti si siano convinti che l’era dei dibattiti televisivi sia sostanzialmente giunta al termine, in quanto se un tempo questi potevano costituire un’occasione unica per assistere a un confronto tra i candidati, nel mondo delle piattaforme social questa esigenza sarebbe scomparsa. I politici possono comunicare direttamente con gli elettori, i quali si trovano immersi quotidianamente in una campagna elettorale che non conosce sosta.
Sembrano andare incontro alla teoria della polarizzazione i dati raccolti dai quotidiani statunitensi, i quali mostrano come la maggior parte dei sostenitori di uno o l’altro partito dichiarino “vincitore” di un dibattito il proprio candidato, a prescindere dall’effettivo svolgimento. Quest’anno in particolare, i dibattiti tra Donald Trump e Joe Biden potrebbero contribuire a conquistare gli indecisi negli swing States, ma non ci si aspetta che spostino di molto l’ago della bilancia. In queste elezioni, una grande maggioranza degli statunitensi dichiara infatti di aver già deciso per chi votare, e più di 50 milioni di americani hanno già espresso il loro voto.
Ciononostante, i dibattiti presidenziali che si sono tenuti nell’ultimo mese tra i due candidati hanno suscitato un certo interesse tra i commentatori, non solo perché si siano svolti in circostanze eccezionali e per la condizione politica e sociale che vivono gli Stati Uniti alla vigilia di queste elezioni, ma anche e soprattutto per la dicotomia di stile e strategia dei due candidati.
La strategia di Trump
Dopo che nel primo dibattito Trump ha giocato all’attacco, impedendo nella sostanza uno scontro reale sui temi scelti dall’intervistatore, nella seconda manche il presidente ha modificato la sua strategia, orientandosi verso un approccio più soft, anche a causa dell’intervento della commissione sui dibattiti presidenziali, che ha cambiato le regole del gioco dopo la performance di Cleveland. Nel secondo confronto televisivo, Trump ha criticato Biden in modo più organizzato, e più efficace.
Per una buona prima metà del dibattito Trump ha espresso le sue posizioni in una maniera più “pacata”, per poi alzare i toni verso la fine. Infatti, secondo i sondaggi, il suo continuo interrompere, attaccare e criticare l’avversario durante il primo dibattito non è piaciuto alla maggioranza degli spettatori. Nella speranza di conquistare gli indecisi, Trump ha quindi assunto un tono meno irruento – mantenendo però uno stile piuttosto agguerrito.
Il dibattito ne ha senza dubbio beneficiato; a Nashville c’è stato un vero scontro sulle visioni dei due candidati, che si sono rivelate, come da pronostico, molto diverse su tutte le questioni affrontate, dalla gestione della pandemia alle misure per affrontare il riscaldamento globale, passando per la revisione/ampliamento dell’Obamacare.
Allo stesso tempo, nel corso del dibattito, Trump non ha limitato attacchi personali al rivale, accusato di corruzione e di avere approfittato sia della sua posizione al governo sia di quella di suo figlio per intrattenere rapporti non meglio precisati con Ucraina e Cina al fine di arricchirsi. Biden ha risposto sullo stesso piano, incalzando il presidente sulla mancanza di trasparenza sui suoi affari e conti economici, citando l’inchiesta del New York Times, ma alla lunga l’ex vicepresidente è calato in quanto a lucidità, dimostrandosi sempre meno combattivo.
Su due questioni, in particolare, la strategia di Trump ha colpito nel segno: la responsabilità di Biden rispetto al Crime Bill e la sua ambiguità sul tema del fracking (la fratturazione idraulica del sottosuolo, utilizzata per la produzione di idrocarburi), di grande importanza per gli elettori di alcuni Swing States (tra cui la Pennsylvania). Se da un lato Biden intende prendere le distanze dall’atteggiamento del presidente nei confronti delle minoranze e della (non)visione ambientale di Trump, nel merito delle proposte il candidato democratico mostra qualche fragilità. Trump è riuscito a fare leva su queste tematiche, nella speranza di allontanare dal suo avversario quella parte di elettorato che si rivela più sensibile in proposito.
In una elezione iper-polarizzata, può vincere Biden?
Fin dallo spot con cui ha presentato la sua candidatura, più di anno fa, l’elemento che caratterizza la narrazione di Biden è sempre stato quello dell’unità nazionale. Se allora si trattava dell’unità della società statunitense nella condanna alla discriminazione e al razzismo a seguito della manifestazione di Charlottesville, oggi si aggiunge la necessità di ripartire dopo la crisi sociale ed economica. Per i Dem, presentare il voto di novembre come un referendum su uno dei presidenti più divisivi della storia recente degli Stati Uniti e sulla sua gestione dell’emergenza sanitaria, stando ai sondaggi, sta pagando. Qualche mese fa, la maggioranza degli elettori pro-Biden (56%) individuava quale ragione principale per la propria scelta di voto il fatto che Biden non fosse Trump, e oggi il ticket democratico si trova in testa in gran parte degli Stati, anche in alcune tradizionali roccaforti del GOP.
In entrambi i dibattiti, la differenza tra i due è divenuta ancor più palese, sia sulle soluzioni proposte per i problemi prioritari, in primis razzismo e Covid-19, sia per quanto riguarda le modalità comunicative adottate. Sul secondo aspetto, Biden ha cercato di presentarsi come un politico moderato, ma allo stesso tempo molto deciso nelle sue critiche all’operato del presidente in carica. A differenza del suo avversario, molto concentrato nella ricerca dello scontro, il candidato democratico ha provato a evitare questa modalità discorsiva, rivolgendo il suo sguardo soprattutto alla telecamera e provando a stabilire un contatto diretto con il pubblico a casa.
La narrazione empatica di Biden
Nel dibattito di Cleveland, ad esempio, dopo che lo scambio si era spostato sulle vicende famigliari dei due candidati, Biden ha rimarcato come il momento del voto non si risolva in una scelta tra due famiglie, ma in una scelta delle famiglie statunitensi per le famiglie statunitensi. Lo scambio è risultato particolarmente significativo per la comprensione della strategia retorica di Biden. Puntando l’indice verso lo spettatore, e facendo seguire a questa frase un riferimento al contesto quotidiano, Biden si è calato nella vita privata degli elettori, nel tentativo di stabilire un legame personale e fare leva sull’elemento più emozionale per persuaderli.
Secondo McClutchy, la capacità di trasmettere empatia di Biden costituirebbe uno degli elementi fondamentali della cavalcata democratica verso la Casa Bianca. In uno dei momenti più difficili della storia recente degli States, l’ex vice di Obama offre un volto rassicurante e propone un modello di leadership empatica per uscire dalla crisi. In questo senso, i cittadini statunitensi si trovano di fronte a due candidati che non potrebbero essere più diversi; non a caso, alcuni membri dello staff del partito democratico avrebbero suggerito, quale strategia per il dibattito, un semplice “let Trump be Trump”, nella convinzione che fosse sufficiente la mera giustapposizione dei due modelli per fare risaltare tutte le differenze tra i candidati. Biden ha provato a seguire questo schema e il 3 novembre, forse, sapremo se sarà stata la tattica vincente.
Fonti e approfondimenti
Choi M., Trump, Biden get their do-over: Key moments from the final debate, Politico, 22/10/2020
Jacobs A., Biden is winning with undecided voters, Aljazeera, 5/10/2020
Lakhani N., Trump has made fracking an election issue. Has he misjudged Pennsylvania?, The Guardian, 10/10/2020
Lerer L., Medina J., Gluek K., For Voters Still Mulling, One Thing Is Clear: That Debate Didn’t Help, The New York Times, 1/10/2020
Lopez G., The controversial 1994 crime law that Joe Biden helped write, explained, Vox, 29/9/2020
Parnes A., Biden’s debate strategy is to let Trump be Trump, The Hill, 21/10/2020
Only 24% of Trump supporters view the coronavirus outbreak as a ‘very important’ voting issue, Pew Research Center
Roarty A., Joe Biden is (relatively) popular. In a hyper-polarized election, how is that possible?, McClutchy, 20/10/2020
Donald Trump did himself no favours in the first presidential debate, The Economist, 30/9/2020