La pratica dello Stop and Frisk e la sentenza Terry v. Ohio

Silent march to end Stop and Frisk - longislandwins - Flickr - CC BY 2.0

Tra le pratiche più discusse messe in atto dalla polizia statunitense c’è sicuramente quella dello Stop-and-Frisk (letteralmente “ferma e perquisisci”). 

Lo Stop-and-Frisk permette agli agenti di fermare e perquisire i cittadini, o le loro proprietà come la casa o la macchina, senza alcun mandato. L’agente che, secondo la propria esperienza, crede che qualcuno stia commettendo un crimine, deve identificarsi e porre delle domande al sospettato, cercando di fare chiarezza sul suo comportamento. Se questa strategia non risulta efficace, può effettuare una veloce perquisizione personale, limitandosi a un controllo dell’abbigliamento esterno del soggetto. Se emerge la prova della commissione di un reato, il pubblico ufficiale esegue un vero e proprio arresto.

A partire dagli anni Novanta, questa pratica è stata adottata in particolare dalla polizia di New York nell’ambito dell’Operation Clean Halls, un programma volto a ridurre il tasso di criminalità di alcune zone della città. Nel 2013, lo Stop-and-Frisk è stato dichiarato incostituzionale dal giudice Shira Scheindlin, secondo cui questo tipo di intervento viene utilizzato soprattutto nei confronti delle minoranze. 

I dati della NYCLU rilevano che dal 2002, più di 5 milioni di volte i cittadini di New York, in particolare appartenenti alla comunità latina (circa il 30% dei fermi) e afroamericana (in media il 55%), sono stati sottoposti a interrogatori e perquisizioni che non hanno portato alla scoperta di nessun reato. Solo nel 2011, sotto l’amministrazione Bloomberg, oltre 685 mila persone sono state fermate: 9 su 10 erano innocenti.

Lo Stop and Frisk e la teoria delle finestre rotte

Gli studi degli statunitensi James Wilson e George Kelling sulla teoria criminologica delle finestre rotte sono stati utilizzati dall’ex sindaco di New York Rudolph Giuliani come base della sua zero tolerance policy, che ha incentivato in modo spropositato l’utilizzo dello Stop-and-Frisk

Secondo Wilson e Kelling esisterebbe un legame diretto tra il degrado urbano e la devianza: il senso di abbandono di una comunità sfocerebbe in attività criminali e in un senso di indifferenza generale verso qualsiasi manifestazione antisociale. Gli studiosi hanno proposto lo svolgimento di attività di controllo, volte a dimostrare maggiore attenzione verso la comunità con l’obiettivo di scoraggiare i potenziali autori di crimini più gravi rimuovendo le “tentazioni”, ad esempio riparando i danni prodotti dal vandalismo e combattendo i crimini minori. La teoria prende questo nome dall’esempio pratico fatto dagli autori:

“Consideriamo  un edificio con poche finestre rotte. Se le finestre non vengono riparate, la tendenza è che i vandali rompano qualche altra finestra. Alla fine, potrebbero persino irrompere nell’edificio e, se non è occupato, forse diventare abusivi o accendere fuochi all’interno.”

Questa teoria è stata più volte confutata: in primo luogo, i dati raccolti nel corso degli esperimenti su cui essa si basa, non sono mai stati pubblicati su riviste scientifiche, che garantiscono una valutazione indipendente dei risultati. 

Inoltre, diversi studi nel tempo (tra i più recenti Harding e Hepburn del 2014 e Keuschnigg e Wolbring del 2015) hanno evidenziato come la criminalità sia soprattutto una funzione del disagio sociale, della povertà e dei bassi livelli di capitale sociale nei quartieri. 

Ciononostante, la teoria delle finestre rotte ha fatto sì che molte città statunitensi adottassero la pratica dello Stop-and-Frisk per aumentare i controlli del territorio urbano, in particolare nei quartieri a maggioranza afroamericana o latina.

La Corte Suprema è stata coinvolta diverse volte a causa di questa pratica, pronunciandosi spesso in maniera favorevole (tra le più recenti Illinois v. Wardlow, Minnesota v. Dickerson). Non è un caso infatti che questa procedura sia diventata nota negli Stati Uniti comeTerry Stop, dalla fondamentale pronuncia Terry v. Ohio del 1968.

La sentenza della Corte Suprema Terry v. Ohio (1968)

Il 31 ottobre del 1963, il detective Martin McFadden della polizia di Cleveland effettuò una perquisizione personale nei confronti di tre uomini visti in atteggiamenti sospetti nelle vicinanze di un esercizio commerciale. Il poliziotto, a seguito di una lunga attività di osservazione e in base alla sua esperienza, ritenne che i soggetti si stessero preparando per fare una rapina. Due degli uomini, John Terry e Richard Chilton, avevano effettivamente delle armi con loro e vennero arrestati. A seguito della condanna in primo grado, i due proposero appello, sostenendo che le prove a loro carico erano state ottenute a seguito di una perquisizione illegale. Il caso arrivò davanti alla Corte Suprema, presieduta da Earl Warren, nel 1967. 

La sentenza afferma chiaramente che casi di questo tipo vanno valutati singolarmente ma i giudici hanno ritenuto che non avrebbe alcun senso chiedere agli agenti che individuano una sospetta attività criminale di attendere la valutazione di un giudice per l’emissione di un mandato. Nella majority opinion, il giudice Warren stabilì che, ai sensi del IV Emendamento della Costituzione, McFadden aveva l’autorità per effettuare la perquisizione dal momento che i due uomini erano stati visti in comportamenti “ragionevolmente sospetti”.

Il IV Emendamento della Costituzione statunitense difende i cittadini da perquisizioni e arresti irragionevoli (“unreasonable) ammettendo però che ove ci siano dei fondati sospetti di attività criminali in corso, sostenuti da fatti e accurate descrizioni, le azioni della polizia siano legittime anche in assenza di un mandato, in ragione della pubblica sicurezza. 

In questo caso, infatti, la Corte ha ritenuto che McFadden avesse l’obbligo di neutralizzare il pericolo per proteggere se stesso e i cittadini della zona. 

Infine, il giudice White ha aggiunto la propria riflessione sul momento precedente rispetto alla perquisizione: le domande poste dall’agente al sospettato. Nessuno è effettivamente obbligato a rispondere alle domande poste dagli agenti, come sostiene il giudice White, ma queste possono essere utili a evitare ulteriori azioni. Un rifiuto di rispondere non è certamente motivo di arresto ma un comportamento chiaro e collaborativo può essere sufficiente ad allontanare ogni dubbio. 

Il giudice Douglas, nella sua dissenting opinion, ha ritenuto invece che consentire agli agenti di agire secondo una propria valutazione determinata da “fondati sospetti” (teoria della probabile causa) circa la possibile commissione di un crimine, concede loro lo stesso potere di un giudice, determinando una pericolosa confusione dei ruoli. 

Le parole del giudice Douglas appaiono oggi come una sorta di profezia: lo Stop-and-Frisk ha di fatto aumentato in maniera spropositata il potere discrezionale di cui dispongono le forze dell’ordine, stante l’assoluta inconsistenza del concetto di “ragionevole sospetto”. Questa rafforzata autorità ha portato, nel corso degli anni, a un aumento del numero di fermi e arresti privi di fondamento, inutili e sempre più spesso violenti, soprattutto nei confronti degli appartenenti alle comunità afroamericane e latine. In sostanza, lo Stop-and-Frisk è stato uno degli strumenti che ha posto le basi per il regime di mass incarceration, soprattutto nella sua dimensione razziale.

Nonostante tutto, il cambiamento è ancora

Michael Brown, Trayvon Martin, Kimani Gray sono solo alcuni dei giovani che hanno perso la vita a seguito di azioni di polizia giustificate dallo Stop-and-Frisk, che ha continuato ad essere utilizzato nonostante una sentenza di incostituzionalità, nonostante i dati che hanno messo alla luce la sua inefficacia nella riduzione del tasso di criminalità. 

Purtroppo solo a seguito della morte di George Floyd, delle proteste esplose in tutti gli Stati Uniti grazie al movimento Black Lives Matter e degli ulteriori atti violenti della polizia nella repressione dei manifestanti si è finalmente messo in discussione l’operato di quest’ultima. La strada per una vera e propria riforma però è ancora bloccata: alcune città avevano in un primo momento annunciato modifiche all’organizzazione e ai budget dei dipartimenti di polizia che però, di fatto, non sono stati attuati.

 

Fonti e approfondimenti

Bump P., The Facts about stop-and-frisk in New York City, The Washington Post, 27/09/2016.

Kelling G. L. & Wilson J. Q., Broken Windows,The police and neighborhood safety, The Atlantic, marzo 1982.

Mackey D. A., Terry v. Ohio, Britannica.

Marotta G. 2015. “Criminologia Storia, Teoria e Metodi”. Padova. Wolters Kluwer. pp. 373-375.

Southall A. & Gold M., Why stop-and-frisk inflamed Black and Hispanic Neighborhoods, The New York Times, 17/11/2019.

Stop-and-frisk Data, NYCLU.

Terry v. Ohio 392 U.S. 1 (1968), ACLU Ohio.

Terry v. Ohio, Case Briefs.

Terry v. Ohio:: 392 U.S. 1 (1968), Justia US Supreme Court.

What does the Fourth Amendment Mean?, United States Courts.

 

Editing a cura di Cecilia Coletti

 

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