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Il 17 gennaio scorso Aleksey Naval’niy è tornato in Russia a bordo di un aereo di linea, dopo aver passato quasi sei mesi in Germania, dove era stato ricoverato in seguito all’avvelenamento da Novichok. Ad aspettarlo all’aeroporto vi era una grande folla di manifestanti e un numero ancora maggiore di forze dell’ordine. Il volo, che sarebbe dovuto atterrare all’aeroporto di Mosca Vnukovo, è stato dirottato a un altro aeroporto della capitale, e numerosi altri voli di linea sono stati costretti a ritardare l’atterraggio per “motivi di sicurezza”.
Giunto al controllo passaporti, il blogger e leader di opposizione è stato fermato alla frontiera e messo in detenzione preventiva fino a nuovo ordine, con accuse relative all’appropriazione fraudolenta di fondi legate a una vicenda risalente a più di cinque anni fa che coinvolge anche il fratello Oleg, che fu imprigionato per tre anni e rilasciato nel 2018. L’arresto è stato ampiamente spettacolarizzato sia dai sostenitori presenti, sia dai media statali, che hanno ripreso la scena in diretta nazionale.
Il giorno seguente si è tenuto il processo nella stazione di polizia dove Naval’niy era detenuto. Il blogger ha fermamente condannato questa procedura, denunciando una situazione “al di fuori dalle norme dello stato di diritto”. La corte ha condannato il leader a un periodo di almeno trenta giorni in un carcere di detenzione preventiva. Alcune fonti giornalistiche hanno descritto il regime di detenzione in queste strutture come particolarmente duro, e i detenuti spesso soggetti a maltrattamenti.
Il giorno successivo all’incarcerazione di Naval’niy, il Fondo contro la corruzione (FBK) da lui fondato ha pubblicato un documentario sul “palazzo di Vladimir Putin”: un’indagine sui possedimenti del presidente acquisiti in modo illecito, in particolare su un’enorme magione sulle coste del Mar Nero. Si tratta della prima indagine incentrata totalmente su Putin. Il video ha avuto un successo senza precedenti: in pochissimi giorni ha totalizzato più di settanta milioni di visualizzazioni, è stato trending topic sui maggiori social network in diversi Paesi europei e dell’ex URSS ed è stato riportato dai maggiori media occidentali.
Nel frattempo, i maggiori esponenti dell’FBK hanno proclamato manifestazioni non autorizzate in tutto il Paese per lo scorso 23 gennaio, invitando la popolazione a partecipare. Le autorità e le forze dell’ordine hanno risposto mettendo in detenzione preventiva più di cento persone fra attivisti, sostenitori e membri di FBK nei giorni immediatamente successivi all’annuncio. Fra questi, l’attivista e avvocata Lyubov Sobol’.
Inoltre, il Roskomnadzor (“Servizio federale per la supervisione nella sfera della connessione e comunicazione di massa”) ha formalmente richiesto la rimozione da TikTok e da VKontakte di tutti i contenuti che incoraggiano la partecipazione alle proteste. Proprio i social, primo fra tutti TikTok, si sono rivelati fondamentali per la diffusione di notizie in merito alle proteste, cui hanno partecipato tantissimi giovani e molti minorenni.
Lo scorso 23 gennaio, sia nelle maggiori città russe che nei centri minori delle aree rurali, si è radunato un numero notevole di partecipanti. L’inizio delle manifestazioni era previsto per le ore 12, ma già diverse ore prima la polizia aveva cordonato le strade e bloccato l’accesso alle piazze principali. A ciò si è aggiunta la strategia degli arresti a tappeto: ben prima dell’orario di inizio ufficiale la polizia ha fermato numerose persone presenti in strada, totalizzando oltre 300 arresti.
Ben presto sono iniziati gli scontri fra polizia e manifestanti, ampiamente documentati da canali di informazione alternativi, ossia principalmente quotidiani di opposizione, social media e canali Telegram. A fine giornata, gli arresti complessivi superavano le 3400 persone. A ciò bisogna aggiungere un numero non quantificabile di persone allontanate in via ufficiosa, e scontri violentissimi che hanno causato centinaia di feriti, tra cui svariati poliziotti.
Secondo il direttore di FBK, Ivan Zhdanov, solo a Mosca sabato scorso si sono radunate più di 50mila persone. Si tratta di una cifra fra le più alte, che sfiora i livelli delle proteste del 2012 e del 2019.
Naval’niy e il Cremlino: come è cambiata la strategia
Oltre ai numeri, ci sono però altre considerazioni interessanti da fare in merito alle proteste di sabato, alla figura di Naval’niy e al rapporto del Cremlino con gli oppositori politici.
Innanzitutto, il Cremlino ha ufficialmente interrotto la sua strategia di comunicazione volta a negare e sminuire la figura di Naval’niy. Fino al 23 gennaio, il presidente Putin non aveva mai pronunciato il suo nome in pubblico. Alle conferenze stampa, e solo quando strettamente necessario, si è per anni limitato a definirlo “blogger” o, nel periodo di permanenza a Berlino, “il cittadino ricoverato”. Le vicende legate al suo avvelenamento e al conseguente ricovero, avvenuti l’estate scorsa, erano state largamente ignorate dai media filogovernativi.
Questa volta le autorità e i media statali hanno invece parlato espressamente di Naval’niy e delle proteste a reti unificate, scoraggiando la partecipazione e definendole “un raduno di ragazzini a cui un criminale ha fatto il lavaggio del cervello”. È la prima volta che i media tradizionali filogovernativi, che in Russia detengono sostanzialmente il monopolio dell’informazione, hanno apertamente nominato il leader di opposizione e le vicende che lo riguardano.
Questo cambio di strategia da parte del Cremlino, in apparenza costretto ad affrontare apertamente un avversario e a conferirgli la dignità finora negatagli, potrebbe essere stato controproducente, aumentando la diffusione delle notizie relative a Naval’niy e alle proteste. Fino allo scorso fine settimana, solo una porzione minoritaria della popolazione – quella più avvezza a informarsi tramite quotidiani di opposizione e canali alternativi – si dichiarava al corrente delle vicende relative a Naval’niy. Naturalmente, trattandosi di sondaggi, i risultati potrebbero essere falsati: interrogati inaspettatamente su una questione avvertita come politicamente controversa e pericolosa, i partecipanti potrebbero aver dato la risposta che li fa sentire meno esposti. Ciononostante, questa rimane una significativa inversione di rotta.
La rappresentazione di Naval’niy nei media occidentali e la sua identità politica
A questo punto è necessario considerare la figura di Naval’niy, che viene spesso ritratta dai media occidentali in maniera incompleta e fuorviante, se non radicalmente sbagliata. La rappresentazione del leader dell’opposizione come sostanzialmente liberale, quasi filo-europeo, che viene spesso riproposta per screditare le politiche violente e autoritarie del Cremlino non offre una prospettiva di analisi veritiera.
Sebbene il leader dell’opposizione si sia da sempre impegnato contro la corruzione endemica del regime di Putin, non è di certo un liberale: anzi, ha sempre dichiarato posizioni apertamente nazionaliste e conservatrici, specialmente in merito alle politiche migratorie. Ha più volte rimarcato la tolleranza zero nei confronti delle comunità islamiche, accusando l’Europa di essere “un’orgia di tolleranza” nei loro confronti. Ciò pone non pochi problemi, poiché in Russia l’Islam è la seconda religione più professata.
Queste posizioni sono sinonimo di chiusura nei confronti delle persone che migrano verso la Federazione Russia dalle ex repubbliche sovietiche a maggioranza islamica e sono da ricondurre a una politica di carattere sostanzialmente xenofobo. Coerentemente, Naval’niy si è espresso in maniera molto dura nei confronti delle politiche migratorie europee di relativa accoglienza.
Inoltre, pur smentendo amicizie con gruppi neonazisti, Naval’niy partecipa ogni anno alla “Giornata dell’unità nazionale”, una marcia composta in gran parte da gruppi dichiaratamente neonazisti e militanti di estrema destra che rimarcano la propria ostilità nei confronti di musulmani ed ebrei, sostenendo la superiorità dell’etnia russa.
Il futuro della Russia
Gli eventi di sabato scorso sono estremamente significativi per comprendere l’evoluzione della società civile in Russia, ma anche per seguire le mutazioni delle tattiche del Cremlino nel fronteggiare gli avversari.
Da un lato, l’insofferenza verso un regime autoritario che esula dalle norme dello Stato di diritto sembra essere in crescita, specialmente fra le generazioni più giovani che non hanno sperimentato le ristrettezze dell’URSS e i turbolenti anni Novanta russi, e che pertanto non hanno un termine di paragone (spesso considerato peggiore) a cui riferirsi.
Dall’altro, il Cremlino sembra dirigersi verso una politica del pugno di ferro sempre più evidente, e non teme di mostrarsi al di sopra delle norme dello stato di diritto e della democrazia rappresentativa, nello sforzo di consolidare la propria natura autoritaria.
Nonostante l’enorme risonanza mediatica delle vicende relative a Naval’niy, architettata sapientemente dal blogger stesso a partire dalle modalità del suo ritorno in patria, non bisogna però dimenticare che secondo i rilievi di diversi istituti di ricerca, la grande maggioranza della popolazione russa non si ritrova nelle posizioni di Naval’niy. È quindi da escludere una svolta immediata nella politica interna russa. L’obiettivo a breve termine di Naval’niy, probabilmente, sono le elezioni parlamentari del settembre 2021, in cui FBK proverà a indebolire Russia Unita e le coalizioni di maggioranza.
Fonti e approfondimenti
АЛЕКСЕЙ НАВАЛЬНЫЙ: ОТНОШЕНИЕ И ОТРАВЛЕНИЕ, Levada Center
Editing a cura di Elena Noventa