L’India è un colosso di 1,3 miliardi di persone, il paese più popoloso del mondo dopo la Cina, ma ormai candidato a superarla nei prossimi decenni. Se in Cina infatti il tasso di natalità è ormai sceso a 1,6 figli per donna, quindi sotto la soglia di conservazione, in India è ancora di 2,5 e non sembra destinato a cambiare bruscamente nel vicino futuro. L’India ha però già ora un primato in fatto di geografia umana: quello del paese con la maggior varietà culturale tra la popolazione.
Parlare della società indiana come un unico corpo è infatti impossibile, e la stessa identità nazionale ha un’importanza diversa per ogni abitante. Ognuno, nella percezione di sé stesso, si sente definito dalla sua lingua, dal suo retaggio familiare e dalla sua religione oltre che dall’essere cittadino indiano, e quest’ultimo dato spesso viene in secondo piano rispetto agli altri tratti culturali.
I gruppi così formati hanno identità sfaccettate, ma non rigide, il che ha permesso alle culture e agli individui di interagire e mutare nella ricerca dei propri obiettivi. Il mosaico sociale indiano è spesso definito “complesso ma non caotico”, un assunto audace e con molte eccezioni nella travagliata storia del Paese, ma accettabile se si pensa a quanto sia eterogenea la società del subcontinente e alle sorti degli altri paesi dell’Asia Meridionale.
Spiegare questa diversità della popolazione non è semplice, essendo il frutto di oltre tremila anni di avvicendamento di imperi grandi e piccoli, regni, sultanati e stati coloniali. Nel subconinente centinaia di popolazioni e tribù diverse hanno abitato più o meno stabilmente, assimilandosi e mescolandosi con la popolazione residente fino a generare un melting-pot simile a quello degli Stati Uniti.
Possiamo però osservare la situazione, dividendo l’analisi per le singole fratture che attraversano la popolazione, le linee di demarcazione tra gruppi sociali sulle quali si innesta la diversità e, a volte, il conflitto.
Etnia
Con “etnia” intendiamo un gruppo di individui che condividono caratteri come cultura (orizzonte dei valori), storia, lingua, territorio o religione, e rivendicano per questo una identità comune contrapposta a quella delle altre etnie.
Raggruppando le etnie secondo le loro affinità possiamo delineare 4 maggiori gruppi all’interno della popolazione indiana:
- Indo-Ariano: discendenti della popolazione giunta in India dal 1800 AC dagli altipiani della Persia e sin da allora gruppo maggioritario dell’area centrale e settentrionale del Paese.
- Dravidico: raggrupamento etnico maggiore del sud dell’India e di molti arcipelaghi del sud-est asiatico, presente nel meridione della penisola da millenni e base degli imperi che hanno resistito fino alla colonizzazione inglese.
- Tibeto-Birmano: presente nelle aree montane di confine e spesso minoritario.
- Austro-Asiatico: molto minoritario e suddiviso in piccole comunità. Abita da tempi antichissimi alcune aree a ridosso del Golfo del Bengala
Oltre queste quattro etnie principali va segnalata la presenza di almeno 400 gruppi tribali di varia origine, diffusi soprattutto nel nord del Paese, che rappresentano complessivamente l’8% della popolazione del subcontinente.
Questa suddivisione non è assolutamente sufficiente a descrivere il complicatissimo mosaico della società indiana. Questi gruppi maggiori sono in realtà i “contenitori” della diversità umana della federazione, essendosi divisi internamente in centinaia di sotto-etnie distintesi nel corso dei secoli di evoluzione culturale. Ad oggi con queste definizioni si designano i maggiori ceppi linguistici, da intendere come “famiglie” di lingue affini, ma al loro interno questi gruppi sono molto frammentati e variegati, con identità religiose, politiche e familiari eterogenee.
Lingua
In India si parlano 22 lingue riconosciute, ma, secondo i dati censitari, le più diffuse sono due. L’Hindi è parlato come prima lingua dal 39,85% della popolazione, ma se a questo dato aggiungiamo la lingua Urdu, che usa caratteri diversi, ma la stessa grammatica dell’hindi e quindi è comprensibile a chi lo parla, la percentuale di indiani con la prima lingua in comune sfiora il 45%.
Se a questa già grande varietà aggiungiamo i dialetti, definiti come lingue concentrate geograficamente e parlate da meno di un milione di persone, il totale degli idiomi della federazione tocca quota 1590.
Questa molteplicità, inoltre, si esprime attraverso decine di alfabeti diversi, ognuno con caratteri peculiari. L’ultimo censimento della federazione ha rilevato 66 di questi alfabeti, che spaziano dagli antichissimi Sanskrito e Bengali, fino ai più recenti alfabeti arabi, persiani e latini portati con sé dalle moltissime popolazioni migrate nel subcontinente e dai missionari.
L’inglese si è rivelato un ottimo collante sociale dal punto di vista linguistico, ma solo per le classi medie. Fin dai tempi della colonizzazione britannica la lingua inglese è stata la lingua del governo e di conseguenza il valore aggiunto con cui competere per i lavori migliori. Per molti l’opportunità di integrazione offerta dall’inglese si concretizza in realtà nell’ennesimo rimarcare la differenza tra privilegiati e non, escluendo di fatto questi ultimi dalla possibilità di migliorare il proprio status.
Religione
La maggioranza della popolazione indiana è di religione induista (79%) mentre quella musulmana rappresenta il secondo gruppo del paese (14%) fin dalla secessione del Pakistan e del Bangladesh (dove l’Islam è molto maggioritario). Cristiani (2,3%) e Sikh (1,7%) rappresentano minoranze molto attive e oltre le religioni tradizionali nel subcontinente sono diffusissimi i culti della personalità di Guru, profeti e santoni.
La religione induista è stata molto importante nel creare legami nel mosaico di localismi del subcontinente. Per la sua stessa natura politeista, con migliaia se non milioni di divinità più o meno importanti, è riuscita a incorporare culti e usi locali nella sua grande tradizione, fornendo a milioni di indiani un terreno comune da condividere con i propri compatrioti e una base utile al processo di costruzione della nazione.
Nella storia dell’India indipendente non sono mancate comunque le tensioni religiose, prima tra tutte quella con il Pakistan al tempo dell’unificazione, che poi ha portato alla separazione dei due paesi. Oggi le zone più turbolente da questo punto di vista sono il Kashmir e i territori del nord-est, isolati e lontani dall’influsso dello stato centrale, dove, a causa di ciò, istanze dei gruppi politici fanno facilmente leva anche sull’identità religiosa.
Casta
Quella delle caste è una delle più antiche forme di stratificazione sociale gerarchica, vecchia di almeno 3000 anni. La società indù è stata tradizionalmente divisa in Brahmin (sacerdoti e studiosi), Kshatriya (guerrieri e governanti), Vaishya (mercanti) e Shudra (lavoratori), ai quali si aggiungono i Dalit, senza casta e in fondo alla scala sociale. Questi gruppi sono a loro volta suddivisi in oltre 3000 caste minori e 25.000 sotto-caste.
Nella vita quotidiana di molti indù la casta di appartenenza definisce ancora i rapporti interpersonali, soprattutto nelle aree rurali dove questa antica segregazione sociale è ancora forte. Qui complesse regole sociali regolano i matrimoni, il lavoro e la semplice interazione quotidiana tra gli appartenenti ai vari gruppi sociali.
Lo stato indiano non riconosce la divisione in caste e persegue attivamente ogni disciminazione in base ad essa, e questo è un punto fondamentale della Costituzione democratica. A partire dagli anni ’50 inoltre i governi sono impegnati in programmi per favorire la mobilità sociale delle caste più discriminate. Sebbene abolito legalmente, però, questo sistema pesa ancora sulla vita di molti indiani.
L’India multiculturale
Uno dei punti chiave del processo di costruzione dell’India indipendente dopo la decolonizzazione degli anni ’40 è stato l’atteggiamento inclusivo e accomodante rispetto le diversità. Nel resto dell’Asia Meridionale questo non è successo e le differenze religiose, linguistiche, etniche e culturali sono presto diventate motivo di frattura sociale, se non vero e proprio conflitto armato.
Nell’area ci sono stati formalmente islamici (Pakistan, Bangladesh, Maldive e Afghanistan), indù (Nepal), buddisti (Bhutan) o a maggioranza etno-religiosa ufficializzata, come in Sri-Lanka con il gruppo Singalese di religione buddista Theravada.
In tutti questi paesi il conflitto sociale è stato incredibilmente più aspro rispetto a quello indiano, nonostante l’eterogeneità della popolazione si presenti in maniera simile e oltretutto in scala ridotta. Questo non è dovuto solo alla lungimirante politica in favore della multiculturalità, ma anche ad alcune caratteristiche proprie del contesto del subcontinente.
Per alcuni studiosi a smorzare la carica disgregante di tale della diversità della società indiana ha contribuito l’assenza di un meccanismo dominante in essa: l’insieme è talmente interconnesso da fare in modo che le fratture fatichino a radicalizzarsi, permettendo al sistema di non dividersi nettamente su un singolo aspetto (come in Pakistan per la religione o in Sri Lanka per l’etnia) in maniera pericolosa.
A disinnescare almeno parzialmente i conflitti ha contribuito anche la dimensione territoriale: i gruppi si identificano raramente con territori ben delimitati, essendo invece sparpagliati su grandi aree condivise con altre popolazioni. Dove questo viene meno, la tensione cresce.
Nell’estremizzazione dell’identità etnica e quindi nella politicizzazione della diversità giocano un ruolo critico fattori completamente slegati da essa. Ideologie radicali, influenza delle elites o di attori esterni, secessionismo e ragioni economiche sono i fattori capaci di rendere conflittuale la diversità, non lo “scontro di civiltà” in sé.
Fonti e Approfondimenti
Umberto Mondini – Adivasi. Le minoranze etniche dell’India
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http://www.indexmundi.com/india/demographics_profile.html
http://archive.unu.edu/unupress/unupbooks/uu12ee/uu12ee0j.htm