L’articolo che stai leggendo è firmato dalla redazione perché Lo Spiegone ritiene fondamentale la tutela fisica, mentale ed economica dei propri collaboratori e delle proprie collaboratrici. Ogni qual volta tale tutela è a rischio, ricorriamo a questa formula. Le idee contenute nell’articolo non rispecchiano necessariamente l’esperienza e le opinioni di tutte le persone della nostra redazione, ma rispettano comunque i valori e la linea editoriale del nostro progetto.
Il fenomeno del corporate raiding, ossia “raid d’impresa”, è stato definito come “l’ultimo stadio della lotta per la proprietà nella transizione economica russa”. In cosa consiste esattamente?
Per “corporate raiding” (reiderstvo in russo) si intende l’appropriazione di un’impresa tramite l’acquisizione di quote di maggioranza sufficienti a dimettere il manager in carica oppure tramite metodi illegali e/o violenti – spesso con l’appoggio più o meno diretto di agenzie statali corrotte, in veste di complici o di mandanti. Questo secondo tipo di raiding è quello che ha maggiormente caratterizzato gli ultimi vent’anni dell’economia russa. Vediamo come si è sviluppato questo fenomeno e come ha influenzato l’economia del Paese.
Un fenomeno russo
Dopo le radicali iniziative di privatizzazione tramite vouchers (1992-1994) e la cessione di azioni di grandi imprese a privati in cambio di prestiti alle banche statali (1995-1996), la grande maggioranza delle risorse si è ritrovata concentrata nelle mani di un ristretto gruppo di oligarchi. Giunti al 1998, coloro che non erano riusciti ad accaparrarsi una fetta della torta poterono iniziare a prendersi la loro parte grazie all’introduzione di una nuova legge riguardante le procedure di bancarotta. Questa nuova legge aveva l’obiettivo di risolvere problemi legati alla gestione d’impresa, come la tutela dei diritti degli investitori e il raggiungimento di una maggiore efficienza nell’utilizzo delle risorse. Nella pratica, tuttavia, la mancata applicazione delle norme vigenti e la corruzione dilagante trasformarono questa nuova legge in un meccanismo che consentiva di espropriare in modo illecito imprese private con relativa facilità, grazie all’appoggio del governo regionale e del sistema giudiziario.
Per comprendere il fenomeno del raiding, è necessario sapere che all’inizio degli anni Novanta vennero fatti dei significativi tagli di personale all’apparato di sicurezza statale. Improvvisamente disoccupati, molti ex agenti entrarono a far parte di agenzie di sicurezza private al servizio di grandi imprenditori, mantenendo al contempo stretti contatti con gli ex colleghi nel vecchio posto di lavoro. Non è difficile immaginare quanto potesse essere semplice, per questi ex agenti, entrare in contatto e scambiare informazioni con agenzie di sicurezza statali, le quali divennero sempre più corrotte e cominciarono ad appoggiare privati in attività di raiding.
Nello specifico, queste espropriazioni illegittime venivano portate a termine con l’appoggio delle corti regionali, delle forze di polizia e del governo regionale. In molti casi, le forze dell’ordine confiscavano documenti all’impresa, come in un regolare controllo. Questi documenti venivano poi usati dai raiders per muovere accuse di violazione – generalmente infondate, o basate su irregolarità minori – a causa delle quali l’azienda veniva confiscata direttamente dalla pubblica amministrazione. In alternativa, i vertici dell’azienda venivano sottoposti a un processo il cui esito era già stato precedentemente concordato coi funzionari giudiziari corrotti; oppure, venivano direttamente prodotti documenti falsi che dichiaravano il cambio di proprietà dell’azienda, la cui veridicità veniva confermata dal giudice e dalle forze dell’ordine. Gli amministratori dell’azienda venivano sottoposti a minacce, ricatti e intimidazioni, dinanzi ai quali la polizia e le agenzie di sicurezza statali corrotte non fornivano alcuna protezione.
L’illegalità diventa prassi
Dal 2000 in poi, questo genere di episodi si è fatto sempre più frequente, coinvolgendo grandi corporazioni e ampi gruppi di piccole e medie imprese. All’inizio del decennio, i raid interessavano prevalentemente l’industria pesante nelle regioni degli Urali, in Tatarstan e Ul’yanovsk. Una volta concentrato l’impero economico di questi grandi conglomerati industriali nelle mani di potenti oligarchi, il focus delle espropriazioni illecite si è sposato su un altro tipo di industria: dal 2005, infatti, i raid hanno interessato prevalentemente il settore di trasporti, servizi e telecomunicazioni, soprattutto in regioni della Russia meridionale come Voronezh, Volgograd e Samara. Questo cambiamento indica un generale consolidamento della proprietà nel settore manifatturiero e dell’industria pesante: molte imprese, entrando a far parte di grandi holding dopo essere state espropriate, riuscivano a difendersi in maniera più efficace. Così, dal 2005 in poi, il focus dei raiding è spostato verso un ampio spettro di imprese di vari settori, non ancora ben consolidati in grandi gruppi.
La tipologia di settori interessati dal corporate raiding non è stata l’unica cosa a cambiare: anche il rapporto fra agenzie statali e raiders si è evoluto col passare del tempo. Mentre, inizialmente, i raiders erano soliti pagare ufficiali corrotti per ottenere il supporto logistico alle espropriazioni, verso i primi anni Duemila i membri delle agenzie statali hanno cominciato a usare gli stessi raiders come strumenti al proprio servizio per raggiungere i loro obiettivi. Grazie all’enorme quantità di informazioni largamente compromettenti raccolte nel corso della collaborazione con i privati, gli ufficiali statali hanno iniziato a ricattare i raiders stessi per asservirli alle proprie esigenze, diventando così i principali beneficiari delle attività predatorie di corporate raiding. Dal 2000 in poi, dunque, il coinvolgimento di agenzie statali nei raid ha seguito un trend positivo, raggiungendo picchi dell’80%.
La strategia di Putin fra Cremlino e regioni
Ciò che ha permesso il consolidamento di questo schema sono i cambiamenti istituzionali introdotti da Putin fin dal suo primo mandato nel 2000, con lo scopo di rinforzare e stabilizzare il proprio potere. Infatti, specialmente a partire dal 2004, molte istituzioni volte a garantire un controllo democratico dell’esecutivo sono state smantellate. Tra queste, è stata particolarmente eclatante l’eliminazione dell’elezione diretta dei governatori regionali, sostituita fra 2005 e 2011 dalla nomina da parte del governo federale (le elezioni governative sono state poi reintrodotte nel 2012, in seguito a violente proteste). Pertanto, l’aumento di attività predatorie da parte delle agenzie statali è da collegare al progressivo declino della qualità delle istituzioni e al rafforzamento del potere centrale; rafforzamento che appare prioritario rispetto alla difesa del diritto di proprietà dei cittadini.
E’ evidente che in cima alla lista delle priorità governo federale e del nuovo sistema istituzionale russo vi sia la fedeltà politica al potere federale da parte dei governi regionali, che si impegnano ad assicurare una larga maggioranza al Cremlino e ai suoi affiliati nelle elezioni presidenziali, parlamentari e governative – mentre le effettive performance politiche passano in secondo piano. Questa tendenza ha raggiunto il suo picco nel periodo 2007-2008, alla luce dei moti rivoluzionari scoppiati negli anni immediatamente precedenti nei Paesi vicini (Ucraina 2004, Kyrgyzstan 2005, Bielorussia 2006).
Quindi, si è progressivamente rinforzato il meccanismo di quid pro quo per cui i governatori regionali – nominati direttamente da Putin nel periodo 2005-2012 – si impegnavano ad assicurare il proprio sostegno al governo federale in cambio di una maggiore permissività da parte del Cremlino nei confronti delle loro attività predatorie e di raiding. Questo schema è evidente osservando come è aumentato sensibilmente, dal 2005 in poi, il numero di governatori regionali nominati senza avere precedenti legami politico-istituzionali con l’apparato amministrativo della propria regione.
La formale illegalità del corporate raiding
Alla luce di questi dati, è evidente come il fenomeno del corporate raiding sia un nodo centrale del legame fra governo federale e governi regionali. Iniziato come un fenomeno che interessava maggiormente i privati desiderosi di approfittare dell’instabilità politico-economica e della corruzione istituzionale degli ultimi anni del governo El’cin per cercare di accumulare maggiori ricchezze con metodi illegali e violenti, il corporate raiding si è radicato sempre più in profondità nel sistema istituzionale russo. Lo Stato è rimasto coinvolto in queste pratiche tanto da renderle il principale elemento di una sorta di tacito patto fra regioni e Cremlino: quest’ultimo è disposto a “chiudere un occhio” sulle attività predatorie delle sue principali cariche istituzionali, in cambio di fedeltà politica e stabilità nelle regioni.
Nel 2010, l’allora presidente Dmitrij Medvedev ha ratificato la legge federale 147-FZ, appositamente creata per contrastare il corporate raiding. Per la prima volta il concetto di raiding è stato inserito nel Codice Penale russo: la legge è incentrata perlopiù sul reato di falsificazione di atti e documenti ufficiali, punito con pene che possono raggiungere fino a dieci anni di carcere in presenza delle aggravanti di violenza, minaccia o ricatto.
Sebbene questa legge sia un passo importante per la lotta al fenomeno, vi sono comunque perplessità all’interno della comunità giuridica – specialmente riguardo alle sue applicazioni pratiche. Ad oggi, risulta ancora difficile dimostrare un cambiamento sostanziale della situazione. A fianco del raiding vero e proprio, ricerche e inchieste sottolineano la persistenza di una notevole pressione sulle imprese: il coinvolgimento di forze dell’ordine e autorità giudiziaria in atti di corruzione e appropriazione indebita di attività commerciali sembra ancora un fenomeno piuttosto frequente nella Russia di Putin.
Fonti e approfondimenti
Lain, Sarah, “Corporate raiding in Russia. Tracking the Legal, Semi-Legal and Illegal Practices that Constitute Reiderstvo Tactics”, Royal United Services Institute (2017)
Treisman, Daniel, “Russia’s Billionaires”, American Economic Review, 106 (2016)
Rochlitz, Michael, “Corporate Raiding And The Role Of The State In Russia”, Post-Soviet Affairs, 30 (2014)