Il 5 maggio dello scorso anno in Kirghizistan è entrata in vigore una nuova Costituzione, dopo essere stata approvata in tre letture dal Parlamento, e dai cittadini in un referendum tenutosi l’11 aprile. L’85% dei votanti si è dichiarato favorevole agli emendamenti, ma solo il 36,65% degli aventi diritto ha partecipato al referendum – la soglia minima perché sia valido è il 30%.
La riforma costituzionale era stata il fulcro della campagna elettorale di Sadyr Japarov, eletto presidente della Repubblica il 10 gennaio 2021. In linea con le politiche di Japarov, la nuova Costituzione è basata su due pilastri: l’accentramento del potere nelle mani del capo di Stato a discapito del Parlamento e la valorizzazione delle tradizioni kirghise, anche attraverso il recupero di istituzioni dismesse.
Sovranità e autoritarismo
Non è la prima volta che in Kirghizistan un presidente della Repubblica riforma la Costituzione per assicurarsi maggiori poteri. Era già accaduto nel 2016 con il presidente Almazbek Atambaiev, che aveva aumentato i poteri del primo ministro e limitato il raggio di azione del sistema giudiziario.
Nel 1993, il Kirghizistan, come tutti gli altri Stati nati dal crollo dell’URSS (Russia inclusa), aveva adottato una Carta fondamentale ispirata alle Costituzioni delle democrazie occidentali. Negli ultimi anni, però, si è assistito a un’inversione di rotta: le riforme costituzionali che si sono susseguite nei Paesi post-sovietici hanno progressivamente accentuato l’elemento della sovranità nazionale e ideologica a sfavore dell’assimilazione del liberalismo occidentale.
Questa è un’ulteriore conferma di come le ex Repubbliche socialiste sovietiche stiano cercando la loro identità spazzata via dal potere sovietico nel passato e nel recupero delle proprie peculiarità nazionali. Il potere sovietico, infatti, aveva tentato di cancellare la cultura locale, imponendo ai kirghisi una vita stanziale e sopprimendo tutte le tradizioni legate ai clan, così da esercitare un maggiore controllo sulla popolazione. Sotto il dominio sovietico, i kirghisi avevano dovuto rinunciare anche alle proprie credenze religiose per abbracciare, almeno ufficialmente, l’ateismo universale.
Il ritorno al sistema presidenziale
La nuova costituzione kirghisa prevede l’abolizione del sistema parlamentare e il ritorno a quello presidenziale, come approvato dai cittadini a larga maggioranza al referendum costituzionale del 10 gennaio 2021.
L’adozione di un sistema parlamentare era stato il più grande risultato ottenuto dai manifestanti nella rivoluzione di aprile nel 2010: il Kirghizistan era stato l’unico Stato dell’Asia centrale ad aver adottato questa forma di governo. Questo, insieme a un vivace sistema politico, gli era valso il titolo di Paese più democratico della regione.
La frammentazione dei partiti e l’impossibilità di raggiungere accordi politici, però, sono l’altra faccia della stessa medaglia: dieci anni di parlamentarismo non sono riusciti a risolvere i problemi del Paese, in particolare corruzione e disoccupazione, generando malcontento nella popolazione.
Il populista Japarov ha sfruttato questo sentimento per salire al potere. Ha incentrato la propria campagna elettorale sul ritorno al sistema presidenziale promettendo numerose riforme che avrebbero portato il Paese alla prosperità, e i kirghisi gli hanno dato fiducia.
L’accentramento del potere
La Costituzione, entrata in vigore a maggio 2021, prevede la riduzione da 120 a 90 membri del Parlamento unicamerale, il Jogorku Kenesh (Consiglio supremo). Nella visione di Japarov, in un’assemblea più piccola è anche più facile trovare un accordo tra partiti, soprattutto se la maggioranza è fedele al capo di Stato.
Una tesi che sembra confermata dalla rapida approvazione da parte del nuovo Parlamento di alcune leggi restrittive per la libertà di associazione e parola. Infatti, il 26 giugno 2021 è entrato in vigore l’obbligo per le organizzazioni non governative (ONG) di fornire all’erario statale un rendiconto fiscale dettagliato, inclusa l’origine dei finanziamenti ricevuti. Il 23 agosto, invece, è stata approvata la legge sulla protezione dalle informazioni false diffuse online, che istituisce un sistema di censura dei contenuti pubblicati sul web.
Inoltre, alle ultime elezioni parlamentari, tenutesi il 28 novembre 2021, i partiti vicini a Japarov hanno ottenuto la maggioranza dei seggi nel Jogorku Kenesh. Delle sei formazioni che hanno superato la soglia di sbarramento, cinque (Ata-Jurt Kyrgyzstan, Ishenim, Yntymak, Butun Kyrgyzstan e Yiman Nuru) sostengono la linea politica del presidente. L’unico partito di opposizione è Alyans che ha ricevuto l’8,12% dei voti.
Nell’ottica di accentrare il potere nelle mani del capo di Stato, la nuova Costituzione kirghisa prevede il conferimento al presidente della Repubblica del potere di iniziativa legislativa e della nomina e licenziamento dei giudici (sia delle Corti Suprema e Costituzionale che dei tribunali minori), e dei capi delle forze dell’ordine.
La Commissione di Venezia ha chiesto che il Kirghizistan modifichi la Costituzione specificando le circostanze in cui il presidente può procedere alle sospensioni, ma l’appello non è stato accolto. La Commissione, inoltre, ha sottolineato la necessità di rafforzare l’indipendenza del sistema giudiziario. In particolare, dovrebbe essere il Consiglio giudiziario, composto da membri incaricati dalla magistratura, a decidere su nomine, promozioni, trasferimenti e procedure disciplinari dei giudici.
Infine, la nuova Costituzione introduce il mandato presidenziale di cinque anni con possibilità di rinnovo.
L’assemblea dei clan
Per quanto riguarda la valorizzazione delle tradizioni kirghise, la nuova Costituzione ha riportato in auge l’istituzione del Kurultai, conferendole nuovi poteri. Si tratta dell’assemblea dei rappresentanti degli antichi clan nobili, che dominavo il Kirghizistan prima della sua annessione all’Unione sovietica.
L’istituto fu introdotto in Kirghizistan per la prima volta dai Mongoli, che nel XIII secolo estesero il loro impero fino a questa regione dell’Asia centrale. Il Kurultai era il consiglio nel quale venivano prese tutte le decisioni politiche e militari e sopravvisse fino al dominio sovietico, che impose al popolo kirghiso lo smantellamento delle tradizioni locali, inclusa l’assemblea dei clan.
Dopo il crollo dell’URSS, i governi che si sono succeduti alla guida del Paese hanno cercato di ricostruire l’identità del popolo kirghiso e, a questo scopo, hanno restaurato l’antico istituto di origine mongola. Il suo riconoscimento ufficiale come organo consultivo sia a livello locale che nazionale è avvenuto nella Costituzione del 2010 (Articolo 52).
Secondo la Costituzione del 2021, il nuovo Kurultai avrà poteri molto più ampi, tra cui quello di iniziativa legislativa. Inoltre, potrà proporre al presidente la destituzione del consiglio dei ministri, nominerà un terzo dei membri del consiglio giudiziario e dovrà essere costantemente aggiornato sulle attività del Parlamento. In qualche misura, la sua autorità si estende dunque a tutti i poteri dello stato.
La Commissione di Venezia ha chiesto al governo kirghiso di riconsiderare le prerogative conferite al Kurultai dalla nuova Costituzione per evitare che venga usato per indebolire ulteriormente i poteri del Parlamento e degli altri organi statali. Inoltre, ha rimarcato alcune lacune della Carta fondamentale: infatti, non viene chiarito né come i membri dell’assemblea verranno selezionati né come questa opererà nella pratica. Nemmeno queste richieste sono state accolte.
Da quando è salito al potere, Sadyr Japarov ha attuato una politica conservatrice e autoritaria: in nome della stabilità ha fatto approvare diverse leggi, inclusa la nuova Costituzione, che accentrano il potere e limitano le libertà individuali. La maggioranza del popolo kirghiso ha manifestato in diverse occasioni il proprio supporto al presidente: affidarsi alla guida di un leader carismatico appare la via per garantire la pace in un Paese che dal 1991 è stato teatro di tre rivoluzioni popolari e che è lacerato internamente dal conflitto tra le due etnie principali, quella kirghisa e quella uzbeka.
Nazionalismo e conservatorismo si confermano dunque i pilastri fondamentali delle politiche di Japarov. Dopo il crollo dell’URSS, il neonato Kirghizistan si è trovato ad affrontare grandi cambiamenti economici, politici e sociali, ma soprattutto ha dovuto costruire la propria identità nazionale. Molte antiche tradizioni sono state recuperate e usate come elementi di coesione tra i cittadini e le istituzioni. Concorrono allo stesso scopo anche la magnificazione della storia dei popoli della steppa, a partire dagli Unni e dall’Impero mongolo, e la valorizzazione della famiglia e degli antenati, come avveniva in epoca pre-sovietica.
Fonti e approfondimenti
Gori, Luca, La Russia eterna. Origini e costruzione dell’ideologia post sovietica, Luiss, 2021
Turgunbaeva, Aigerim, “What is the Kurultai: Kyrgyzstan’s political body based on an ancient nomadic tradition”, Global Voices, 15/07/2021
Venice Commission, Kyrgyzstan – Joint Opinion of the OSCE/ODIHR and the Venice Commission on the Draft Constitution of the Kyrgyz Republic adopted by the Venice Commission at its 126th Plenary Session (online, 19-20 March 2021), 19/03/2021
Editing a cura di Emanuele Monterotti
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