Il Brasile è noto per le sue iniquità; la distribuzione sbilanciata della ricchezza è uno dei punti fondamentali, ma non l’unico. Oltre ad una iniqua spartizione del reddito, il Paese soffre pesantemente di una mancata ridistribuzione della terra.
I numeri ci parlano del 79% della terra posseduta da solo il 4% dei proprietari, tale distribuzione accresce sempre maggiormente la conflittualità sociale tra proprietari e non proprietari. Lo sviluppo economico sostenibile e quello sociale sono bloccati da una gestione della terra inadeguata. Le proposte riguardanti una riforma agraria, ovviamente basata sul mercato, si sono riproposte più volte nel corso dei decenni, ma le politiche sviluppatesi sono risultate molto spesso inefficienti e incoerenti tra di loro.
Le necessità delle popolazioni rurali e urbane brasiliane sono cambiate nel corso del tempo, insieme a queste è mutato il mondo circostante. La crescita record dell’economia brasiliana nell’ultima decade e il suo rallentamento negli ultimi anni possono far riflettere su quanto la struttura agraria del Paese sia fonte di successi o insuccessi, in campo economico, politico e sociale.
Molti dei vecchi latifondi sono stati convertiti in aziende moderne, si è passati dalle rendite fondiarie alla gestione imprenditoriale di migliaia di ettari di terra. Ciò ha comportato un aumento sostanziale della produttività, rendendo il Brasile un produttore e soprattutto esportatore mondiale di prodotti che è bene definire “agro-industriali”. Impianti di monocultura hanno sostituito le vecchie colture e oggi il settore agro-industriale brasiliano rifornisce le grandi multinazionali del cibo, dei biocombustibili e delle manifatture.
I vecchi sistemi sono stati quindi rivoluzionati, sostituiti da nuovi che si basano sull’impiego temporaneo di forza lavoro, che in molte regioni del Paese non offre protezione assistenziale e sindacale ai lavoratori. In alcune zone il lavoro forzato esiste ancora, le condizioni di lavoro sono pietose e la forza lavoro minorile non viene risparmiata. Le ricadute sociali del mutamento nella “gestione della terra” in Brasile sono dunque ben visibili: basti pensare all’eliminazione dell’agricoltura di sussistenza, che porta masse di contadini a migrare verso le città sovraffollate, dove ad aspettarli c’è nella maggior parte dei casi un futuro inesistente.
A cavallo tra anni ’90 e nuovo millennio la questione agraria e quella dei contadini in cerca di terre coltivabili è stata affrontata dalle amministrazioni di Fernando Henrique Cardoso (1995-2003) e Luiz Inácio Lula da Silva (2003-2011).
Cardoso ha mantenuto due atteggiamenti contrastanti riguardo la riforma. In un primo periodo ha voluto puntare molto sull’eliminazione del problema, garantendo a molte famiglie la possibilità di colonizzare terre. Tuttavia all’azione di Cardoso mancava un intervento profondo che potesse cambiare in modo strutturale le modalità di accesso alla terra. Proprio la mancanza di interventi strutturali fecero naufragare il primo approccio del presidente Cardoso. Nel secondo periodo si iniziò quindi a criminalizzare i movimenti per l’occupazione delle terre, utilizzando la violenza contro di loro e riducendo gli interventi statali volti a facilitare la vita delle famiglie e delle comunità rurali. Il 17 aprile 1996 la polizia militare uccise 19 persone durante una manifestazione pacifica presso Eldorado dos Carajas nello stato di Para.
L’arrivo di Lula alla presidenza portò con sé molte speranze da parte di tutti coloro che sostenevano la necessità di una riforma. Durante i suoi anni all’opposizione di Cardoso, Lula aveva guadagnato il rispetto e l’appoggio dei movimenti rurali. Il suo arrivo alla presidenza ammorbidì molte sue proposte iniziali, tra queste anche la riforma agraria. L’azione di Lula presidente passò da socialismo degli anni all’opposizione al “developmentalism” della presidenza.
Lula non ha messo in piedi una riforma agraria, gli interessi dell’agrobusiness erano già troppo radicati nel Paese, ha semplicemente portato avanti una politica aperta verso la colonizzazione di terre da parte dei contadini. Tra il 2003 e il 2009, secondo i calcoli del Ministero dello Sviluppo Agricolo, sono state 580’000 le famiglie a ricevere appezzamenti di terra coltivabile, circa 2,9 milioni di persone hanno beneficiato di questo processo. L’altra direttrice dell’azione di Lula è stata la certificazione a livello giuridico delle occupazioni con cui il governo ha consolidato la posizione giuridica di coloro che già avevano occupato la terra.
Per questi motivi l’azione di Lula può essere considerata favorevole ai movimenti e alle popolazioni bisognose di terre con mosse coraggiose e rivoluzionarie rispetto alle violenze degli anni precedenti, ma come abbiamo analizzato, Lula non ha messo in piedi nessuna riforma agraria.
I movimenti sono stati il vero motore dell’occupazione di terre da parte della popolazione. Questi hanno raggiunto dimensioni considerevoli in termini di “iscritti”, unendo centinaia di migliaia di famiglie e usando questa dimensione politicamente rilevante per portare avanti le loro battaglie, trovando o meno l’appoggio di forze politiche.
Tra questi il Movimento dei Lavoratori Rurali Senza Terra è il più importante detenendo anche il record di più grande movimento sudamericano. Nel 1979 il Movimento compì la sua prima occupazione e dopo un anno il governatore dello stato permise ai contadini di restare nella zona occupata di Macali. Questo primo successo portò un enorme numero di famiglie a unirsi al movimento, il quale comprese quanto l’occupazione diretta delle terre fosse la strategia migliore da utilizzare.
Oggi il Movimento ha 1,5 milioni di iscritti ed è considerato uno dei più influenti nel continente. 180’000 famiglie abitano nei centri dell’MTS, la vita all’interno di queste comunità è basata su regole democratiche cercando di garantire la piena partecipazione degli abitanti alle scelte da intraprendere. Inoltre nei centri si provvede alle cure sanitarie, alla formazione tecnica, all’educazione e a molti altri servizi che il governo nella maggior parte dei casi non riesce a dispensare nelle aree rurali.
L’insoddisfazione dei proprietari terrieri è crescente, la polizia non impedisce più ai gruppi di occupare le terre, l’epoca dei massacri a opera delle forze dell’ordine degli anni ’90 è conclusa. Molti proprietari hanno però iniziato a mettere in piedi milizie private che attaccano le comunità. Si stima che circa 1000 persone siano state assassinate da questi sicari, moltissime vittime erano proprio membri dell’MST.
Come fanno i movimenti come l’MST a non incorrere in sanzioni e sgomberi forzati da parte delle forze dell’ordine?
La risposta sta nell’articolo 184, titolo VII della costituzione brasiliana. Questo articolo permette l’espropriazione da parte dello Stato delle terre che non abbiano una funzione sociale. L’articolo 186 spiega che la funzione sociale della terra trova la sua espressione in alcuni elementi come: un uso razionale e adeguato, l’uso adeguato delle risorse naturali e la preservazione dell’ambiente, il rispetto delle norme in materia di lavoro, la non lesione di proprietari e lavoratori della terra espropriata.
Le disposizioni lasciano tuttavia spazio a interpretazioni variabili di “funzione sociale”. Da un lato l’occupazione delle terre può trovare il benestare dello Stato, rientrando nei parametri dettati dalla costituzione, dall’altro, l’MST e i movimenti che portano avanti l’occupazione delle terre, sono visti come un problema serio per quanto riguarda gli investimenti nel settore agro-industriale brasiliano.
L’azione del MTS, è bene sottolinearlo non si pone come una protesta, una guerriglia rurale del quale l’America Latina è stata protagonista. Le forme di mobilitazione dell’MST sono da ascriversi a quelle di un movimento che sebbene nato alla fine della dittatura ha vissuto e si è sviluppato negli anni della transizione, vivendo momenti diversi della storia brasiliana. L’MTS è sempre rimasto un movimento interno alla società e mai esterno, lo dimostra il fatto che poggia la sua azione su norme costituzionali. MTS è un movimento sociale che non vira verso il partito o il gruppo d’opposizione. Lo dimostrano le manifestazioni pacifiche e soprattutto i “momenti storici di vicinanza” al potere che ha vissuto.
Oggi l’MST e gli altri movimenti che si battono per l’accesso alla terra devono confrontarsi con un mondo profondamente cambiato rispetto a 20 anni fa. Progressivamente non si combatte più con milizie private, con cowboys assoldati da vecchi latifondisti. Il progressivo abbandono della violenza da parte di chi ha il controllo delle terre non vuol dire che la battaglia è vinta, ma che si è evoluta. Il campo in cui si gioca la partita degli ultimi anni è quello dei mercati finanziari, i giocatori sono avvocati, investitori e lobbisti.
Il Brasile ha già conosciuto la crisi del settore petrolifero, aggravata dallo scandalo di corruzione intorno alle aziende petrolifere statali, e nelle campagne queste dinamiche cominciano a farsi sentire. La terra, intesa in migliaia di ettari è considerata oggi un bene rifugio, attrae su di sé l’interesse degli investitori dei vari mercati mondiali. Se vogliono continuare a combattere, come sempre hanno combattuto, i membri delle comunità dovranno capire il senso di queste evoluzioni e prepararsi ad una nuova lotta.
Fonti e Approfondimenti:
http://www.fao.org/docrep/006/y5026e/y5026e04.htm
http://www.mstbrazil.org/content/what-mst