La scelta coraggiosa da cui nacque l’Europa

Parlamento europeo
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Dalla seconda metà del XIX secolo lo sfruttamento di alcune risorse naturali, nello specifico acciaio e carbone, è stata condizione indispensabile per qualsiasi sviluppo dell’industria bellica, soprattutto in Europa. Vittorie e sconfitte, conquiste territoriali e difesa dei propri confini sono state fortemente influenzate dalla disponibilità di queste due risorse.

Il Regno Unito dominò i mari grazie a un primato nello sfruttamento delle risorse, così come, sempre grazie a risorse maggiori, l’Unione sconfisse la Confederazione nella guerra civile americana. Anche in Europa la corsa agli armamenti caratterizzò un lungo periodo fino a sfociare nella distruzione totale delle guerre mondiali.

Proprio alla fine del secondo conflitto mondiale, nel momento in cui la Germania usciva sconfitta e devastata dalla guerra e dall’esperienza del totalitarismo, la gestione delle risorse al confine tra Francia, Germania e Benelux da parte dei paesi vincitori, nonostante una iniziale volontà Francese di sfruttamento ai danni della Germania, si rivelò lungimirante. Un nuovo sbaglio non sarebbe stato accettabile, l’occupazione ad oltranza con conseguenti misure punitive avrebbe solamente fatto rinascere nuovi revanscismi sulle due sponde del Reno.

L’allora ministro degli esteri francese Robert Schuman, con l’”aiuto” di Jean Monnet, pronunciò la famosa “Dichiarazione Schuman” il 9 maggio 1950, il primo discorso pubblico in cui si parla apertamente di Europa come comunità economica. Nel discorso si prospettava il superamento della storica rivalità tra Francia e Germania, rivalità costata svariate guerre e vite, e la chiave per risolvere la diatriba era identificata nella produzione di carbone e acciaio. Con il Trattato di Parigi del 18 aprile 1951 si arrivò alla costituzione della CECA: Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio.

La rilevanza di questa prima forma di integrazione sta in 3 fattori:

  1. Rappresenta la prima forma di integrazione europea, dando il via a tutto il lungo processo che ha portato all’Europa di oggi. Come afferma Jean Monnet (che ha partorito il progetto ed ha avuto un ruolo da protagonista nel suo sviluppo) la solidarietà di fatto che si instaurerà renderà un conflitto tra Francia e Germania “impensabile” e “materialmente impossibile”.
  2. La forma di cooperazione che si instaurò, basata sul metodo funzionalista, ha costituito il modello ispiratore del trattato di Roma del 1957 e dunque ha gettato le basi per il futuro dell’Europa.
  3. Il sistema istituzionale applicato nel 1951 è rimasto invariato, ovviamente con dovuti aggiustamenti di dettaglio, fino ad oggi ed ha dato uno scheletro istituzionale alla moderna Unione Europea.

Questo sistema istituzionale era formato da 4 organi:

  • Un organo esecutivo sovranazionale denominato “Alta Autorità”. Il compito dell’esecutivo era quello di assicurarsi che gli obiettivi del trattato fossero raggiunti e i vincoli rispettati. Gli 8 membri erano nominati dai governi nazionali aderenti al trattato, questi eleggevano il presidente dell’autorità che portava a 9 il numero dei membri. L’azione dell’organo si articolava tramite 3 tipi di iniziativa: decisioni (totalmente vincolanti), raccomandazioni (una sorta di legge cornice con i soli obiettivi vincolanti) e opinioni (non vincolanti).
  • Il Consiglio dei Ministri, organo non vincolante formato dai rappresentati degli esecutivi nazionali e dunque degli stessi interessi nazionali.
  • La Corte di Giustizia, chiamata a verificare la legittimità degli atti e a dirimere le controversie tra i vari organi.
  • L’Assemblea Comune, composta da parlamentari degli stati aderenti. Il suo ruolo solamente consultivo venne lentamente reinterpretato, interpretando in maniera estensiva il dettato del trattato. L’importanza delle dinamiche interne a questo organo fece sì che in poco tempo la sua importanza accrebbe sia dentro che fuori la CECA, con enormi ricadute nel futuro assetto europeo.

Le dinamiche sorte all’interno dell’Assemblea Comune sono la dimostrazione di quanto la scelta operata nel 1950-1951 siano state gravide di conseguenze positive per la nostra Europa, questa rappresentò infatti il brodo primordiale dell’integrazione europea. Lo sforzo dei membri dell’Assemblea, la loro autoaffermazione e volontà di andare oltre una interpretazione restrittiva del trattato di Parigi rappresenta l’inizio di quell’iter che oggi ci garantisce un Parlamento Europeo con maggiori poteri e soprattutto eletto dai cittadini europei. Poteri di certo inferiori rispetto a quelli di un parlamento nazionale, ma maggiori di qualsiasi altra assemblea rappresentativa sovrastatale.

L’assemblea esercitava, da trattato, il controllo sull’azione dell’Alta Autorità, poteva sfiduciare il presidente con una mozione votata con maggioranza dei due terzi. Sin dall’inizio, tuttavia, si rivelò chiara la volontà dei membri dell’assemblea di implementare la propria sfera d’azione all’interno della CECA. Sviluppò un controllo preliminare sull’azione dell’Alta Autorità, e non a posteriori come indicato dalle procedure. Inoltre si formarono, all’interno dell’assemblea, sette commissioni permanenti su settori specifici. Lavorò a pieno regime introducendo sessioni straordinarie in aggiunta a quelle ordinarie, arrivando a riunirsi in tre sessioni annue: due straordinarie all’inizio dell’anno ed in autunno e una sessione ordinaria tra maggio e a giugno.

Questo lavoro frenetico costruì un sempre maggior vincolo tra Assemblea e Autorità, portando i funzionari di quest’ultima a analizzare le posizioni uscite fuori dalle commissioni e ad accettare critiche e proposte nate dai lavori assembleari. Ciò comportò, inoltre, il fatto che non si arrivò mai a una mozione di sfiducia verso l’autorità da parte dell’assemblea.

Il primo presidente dell’Alta Autorità fu proprio Jean Monnet, che sottolineò quanto la stabilità e la salute del neonato processo di integrazione dipendesse dal fruttuoso rapporto instauratosi fra i due organi. Il secondo presidente dell’Autorità, René Mayer vincolò l’azione dell’Autorità alle risoluzioni approvate dall’Assemblea.

Un fattore vitale per il successo dell’azione dell’Assemblea è stata la sua rapida transizione  da organizzazione rappresentativa di stati a organizzazione rappresentativa di linee politiche. Proprio in questo primo esperimento assembleare europeo sono nati i moderni partiti politici europei.

Se infatti gli altri tre organi dovevano assicurare un bilanciamento sotto il profilo delle nazionalità, l’assemblea riuscì presto a esprimersi come luogo di rappresentanza delle visioni politiche, un luogo in cui si costruivano affinità ideologiche transnazionali (non dimentichiamo che siamo a inizio anni ’50) .

Nel 1953, viene introdotto all’interno del regolamento un nuovo articolo che riconosce i gruppi prlamentari. Si vengono così a formare 3 gruppi: I Cristiano-Democratici con 38 membri, i Socialisti con 23 membri e i Liberali con 11 membri. Così come avveniva nei sistemi nazionali, i comunisti furono vittima anche in sede europea della conventio ad excludendum.

La proposta di stanziare fondi ai gruppi passò solo dopo una lotta fatta di dure critiche al provvedimento, nel 1953 i gruppi parlamentari potevano ricevere fondi. Maan Sassen, rappresentate dei Cristiano-Democratici Olandesi e presidente del gruppo parlamentare commentò così il risultato raggiunto:

Consideriamo indispensabile questo provvedimento per studiare e conoscere più nel dettaglio i problemi estremamente complessi che dobbiamo risolvere è […] Questi studi sono indispensabili per il semplice fatto che: data la complessità dei problemi, un controllo parlamentare democratico e politico deve essere assicurato. Questo tipo di controllo è particolarmente necessario ad un’Assemblea che senza non riuscirebbe a fronteggiare il pericolo di una tecnocrazia”.

Da un lato i due partiti popolari erano fortemente organizzati, data la loro composizione omogenea e la loro impostazione, appunto, “di massa”. Il partito liberale, invece, risentiva della composizione disomogenea, al suo interno si trovavano membri dei vari parlamenti profondamente diversi: dai monarchici italiani ai radicali francesi.

Tuttavia il lavoro nelle commissioni si svolgeva in un clima disteso senza rotture profonde tra i tre gruppi politici. Dato questo assunto è facile constatare che un confronto su scala generale non poteva avvenire in un ambiente tecnico e specifico come quello di una comunità operante in un settore ristretto come quello del carbone e dell’acciaio. La fondazione di gruppi politici in questo antenato del parlamento europeo è stato dunque un fenomeno straordinariamente precoce, tuttavia la futura fondazione dei partiti politici europei, lo vediamo tutt’oggi, è stato ed è un percorso lento e difficile, ancora lontano da una completa affermazione.

Partendo da una posizione di svantaggio, l’Assemblea riuscì a ritagliarsi un ruolo di prim’ordine all’interno delle dinamiche della CECA, ruolo riconosciuto nel 1958 quando la CECA, EURATOM e la CEE vennero accorpate mantenendo l’impianto dell’assemblea parlamentare delineatosi negli anni dell’attività dell’Assemblea Comune.

Nel 1962 la vecchia Assemblea comune decise di cambiare il suo nome in “Parlamento Europeo, il ruolo di questa assemblea divenuta parlamento è stato fondamentale nonostante sia stato tutto tranne che lineare: Nel 1978 entra in vigore l’elezione degli europarlamentari, il numero di rappresentanti varia con il susseguirsi dei vari trattati solo nel 1992 con Maastrischt i poteri del parlamento sono stati sostanzialmente riconosciuti ed ampliati.

Per concludere, la scelta operata nell’immediato dopoguerra generò conseguenze ancora oggi ben visibili: la pace assicurata e la guerra resa impensabile e impraticabile nel cuore dell’Europa e l’avvio di un processo di integrazione su base democratica che ancora oggi, forse nel momento più difficile, è ancora in corso. Dai gruppi politici dell’assemblea comune sono nati successivamente i moderni partiti politici europei: il PPE (Partito Popolare Europeo) fondato nel 1976 , PSE (Partito Socialista Europeo) nato nel 1992, ALDE (Alleanza dei Liberai e dei Democratici per l’Europa) rifondato più volte nel corso degli anni. Oltre a questi se ne aggiungono altri.

Il compito dei partiti in un momento di crisi come questa è quello di trovare nella crisi delle istituzioni e della credibilità di queste un punto di uscita, il pragmatismo e la voglia di autoaffermarsi e raccogliere sempre più centralità sono una lezione e un esempio che i primi membri di quell’assemblea comune hanno lasciato ai posteri. L’esperienza di quasi sessant’anni fa mancava di copertura mediatica, di fondi adeguati e di poteri riconosciuti, ma portò comunque alla nascita di un fruttuoso esperimento assembleare sovranazionale. Le condizioni per portare avanti quel processo sono oggi presenti e non bisogna dunque ridursi alla sterile retorica europeista che troppo spesso viene riproposta, ma applicare la lezione di pragmatismo politico che negli anni ’50 portò risultati enormi in Europa.

L’Unione Europea vive una crisi che sta sfuggendo di mano alla classe politica, l’anno che verrà sarà caratterizzato dalla competizione elettorale in Francia e Germania, dove partiti e soprattutto leader europeisti si scontreranno con movimenti e partiti antieuropeisti. La competizione su scala nazionale sarà particolarmente accesa e, indipendentemente dal risultato, ne uscirà un’Europa diversa. Non ci resta che augurarci che i leader europei si rendano conto di quanto questo fenomeno vada combattuto con più pragmatismo, con più sentimento comune europeo e con misure che riavvicinino la politica ai cittadini. L’Europa non si è risollevata dopo ogni crisi automaticamente, non c’è nessun postulato che lo dimostri, quindi solo una classe politica trasparente, legittimata e con un piano nel lungo periodo potrà far risollevare le sorti dell’Unione.

 

Fonti  e Approfondimenti:

Sandro Guerrieri, The start of the European integration and the parliamentary dimension: The Common Assembly of the ECSC (1952-1958)

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