Cosa sono le Banlieue

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Le banlieue sono da sempre al centro dell’attualità francese e in particolare negli ultimi mesi con il terrorismo e il caso del giovane Theo, arrestato e violentato da 4 agenti di polizia. Cerchiamo di capire cosa sono le banlieue, quando nascono, perché sono un elemento di grande criticità all’interno della società francese e cosa si è tentato di fare nel passato per risolvere il problema.

Partendo dal termine, vi sono due etimologie di questo nome. Tutte e due derivano dall’unione del verbo ban e dal nome lieue, che vuol dire luogo, ma il significato si modifica al variare dell’interpretazione che diamo al verbo. Nel medioevo questo termine indicava il territorio, solitamente una lega di distanza, che era sottoposto all’amministrazione cittadina, ma che non faceva parte della città stessa. Veniva inteso così il verbo ban con il senso di governare, dunque asssumeva il significato di il luogo da amministrare. Con il passare dei secoli però ban ha anche acquisito il significato di bandire trasformando le banlieues non più nel luogo da amministrare, ma nel luogo del bando e di conseguenza dei banditi.

Didier Fassin, antropologo francese che ha studiato a lungo le Banlieue e il comportamento della polizia in queste zone, sottolinea come il secondo termine è diventato il significato principale grazie alle vicende storiche che ha attraversato il paese e come il significato steso della parola costruisca un preconcetto sulla zona.

In senso comune con Banlieue si indica una fascia che che circonda il centro città delle metropoli francesi. Non ci sono solo Banlieue povere e disagiate ma anche ricche, come ad esempio Versailles.

 

La Storia delle banlieue

Le banlieue sono sempre state un punto caldo delle grandi città francesi, a partire dalla prima metà del ‘900 in cui, proprio in questi quartieri, viveva la base dei movimenti operai e da questi luoghi partivano le grandi manifestazioni e sommosse. Le problematiche che adesso vediamo però si sono sviluppate in un momento successivo che più o meno coincide con il periodo della ricostruzione nel secondo dopo guerra e la decolonizzazione delle colonie francesi.

Dopo il secondo conflitto mondiale infatti le città francesi, devastate dalla guerra, aspettavano un piano di ricostruzione abitativa. Le case erano la necessità numero uno dato il ritorno di moltissimi emigranti e dato l’arrivo di moltissimi migranti dalle colonie che, sfruttando ancora la cittadinanza francese di cui godevano essendo nati sotto il dominio francese volevano sfuggire alle situazioni difficili in patria. Solo la guerra di indipendenza algerina, nel 1961, portò quasi un milione di nuovi abitanti sul territorio francese, in particolare cittadini francesi che abitavano in Algeria ma anche moltissimi nativi, i quali avevano combattuto fianco a fianco con i francesi contro il Fronte di Liberazione Nazionale Algerina, ed ora erano considerati ormai dei traditori.

L’emergenza demografica fu gestita in modo disastroso dai politici della quarta e della quinta Repubblica. Per non infastidire la classe media, che era la base dell’elettorato e la parte consumatrice di Francia, nessuno osò organizzare grandi rivoluzioni delle città. I nuovi abitanti, per la maggior parte non facoltosi, non furono inseriti in quartieri già esistenti, cercando magari di abbassare il prezzo degli immobili, ma fu lanciato un piano di allargamento della città. Il problema fu risolto con la costruzione di quartieri dormitorio, spesso senza servizi, in cui si riversarono enormi fette di popolazione, che condividono paese di provenienza, cultura, lingua (diversa dal francese) e bassi livelli di benessere e istruzione. Qui si andarono a formare i primi ghetti.

Il razzismo per molto tempo è stato anche la linea guida delle politiche nazionali. Nel 1961 la polizia di Parigi si rese protagonista del famoso massacro degli algerini, uccidendo centinaia di cittadini francesi di origine algerina.

Nei famosi gloriosi trenta l’industria francese in grande sviluppo aveva bisogno di manodopera a basso costo e di conseguenza fu largamente incentivato l’arrivo di migranti dalle ex colonie e ammassati nelle zone limitrofe ai grandi stabilimenti industriali. La fine di questo periodo di luce economica portò all’innalzamento incontrastato della disoccupazione e alla trasformazione di queste zone in sacche di illegalità.

 

La situazione sociale ed economica

Gli abitanti di questi quartieri sono per la maggior parte giovani e solitamente, come abbiamo già detto, appartengono alla seconda/terza generazione di immigrazione da paesi ex colonie, o da paesi in stretti rapporti con la Francia nel novecento, come la Siria.

Il tasso di disoccupazione francese su base nazionale si afferma intorno al 10,5 % e quella giovanile arriva, circa, al 26,5% della popolazione. All’interno dei quartieri disagiati sembra di vivere in un altro paese se si guardano i dati. Il tasso di disoccupazione, calcolato tra le più note banlieue, si attesta intorno al 40% con la disoccupazione giovanile che sfiora il 60% sono dati allarmanti ma che si basano su un sistema spesso razzista e corrotto.

Il sistema lavorativo in queste zone infatti si basa sui centri di reclutamento che però difficilmente riescono a mettere i giovani in condizione di lavorare. Il dato allarmante si nota incrociando il dato della disoccupazione dei giovani laureati con quello del colore della pelle di questi. Infatti la disoccupazione di laureati di origini francese, nel 2014, si ferma al 5% mentre la disoccupazione dei laureati di origine arabo o africana arriva al 26,4%.

Giovani sottoposti a continue angherie da parte delle istituzioni. Questi sono i principali protagonisti della vita nelle periferie povere di Francia e inevitabilmente sono attratti da ideologie, radicalismo e false promesse di ricchezza, come la criminalità o l’islamismo.

 

Le soluzioni politiche del problema

Il primo piano per le banlieue arrivò alla fine degli anni ’70, con il ministro Olivier Guichard si pose fine della costruzione delle abitazioni ad alta densità, mentre nel ’77 con il ministro Barros, si costruì il primo piano di sostegno sociale intitolato “habitat et vie sociale. Con l’arrivo di Mitterand furono lanciati due progetti, uno per la costruzione di zone di istruzione prioritaria, in cui furono ideati dei piani d’istruzione mirati per i quartieri più disagiati, l’altro un piano di prevenzione statale con particolare attenzione ai giovani, volto a evitare nuove sommosse sociali, protagoniste  nei primi anni ’80. Nel 1991 fu lanciata la legge di coesione sociale che portò una ricetta per trovare nuove abitazioni per la popolazione in crescita, con questa legge furono obbligate le municipalità a prevedere che il 20% delle strutture fossero adibite a uso sociale.

Nel 1991 con la disoccupazione in crescita il ministro degli interni Bernard Tapie presentò un piano che cercava di migliorare la situazione dei quartieri difficili puntando sullo sport. Nel 1995 il Presidente Jacques Chirac denunciò nel suo primo discorso la frattura sociale e lanciò il piano Marshall per le banlieues, per rilanciare l’economia delle zone urbane, e il suo primo ministro Alain Juppé annunciò 68 misure straordinarie per risolvere la situazione di disagio sociale.

Nel 1996 arrivò la fondazione delle ZUS, le Zone Urbane Sensibili, legge che vale ancora adesso. Queste zone furono individuate in quei municipi urbani in cui vi erano grandi disuguaglianze e incominciarono a godere di particolari esenzioni e servizi, ma questo drogando il sistema allontanò i posti di lavoro dalle periferie.

La svolta arrivò nel 2005 con le grandi rivolte di piazza dopo la morte di due ragazzi durante un inseguimento con la polizia. Questo scatenò dieci giorni di sommosse che portarono il governo, con il ministro degli interni Sarkozy, a stabilire lo Stato di emergenza, l’ultima volta che venne utilizzato fu durante la guerra di Algeria. Il presidente Sarkozy, che nel 2005 usò il termine racaille (feccia) per indicare gli abitanti delle banlieue, nel 2008 lanciò un piano da un miliardo di euro per i quartieri disagiati.

I progetti che sono stati lanciati in questi 40 anni hanno sempre fallito, anche il piano di Hollande del 2013, i risultati non si sono visti e la situazione sociale resta grave. Le scelte sono sempre state quelle di innondare di soldi per la sicurezza, senza attenzione al modo in cui questi fondi sono stati spesi. Inoltre questo terreno sociale difficile è stato coltivato dall’attitudine delle forze dell’ordine.

 

Le BAC e la realtà

Molto spesso si è raccontato come la polizia francese abbia difficoltà ad entrare in alcuni quartieri. Queste problematiche sono nate in particolare nei primi anni ’90 e proprio nel 1994 sono state formate le BAC, brigades anti criminalité. Il primo dipartimento fu aperto a Saint Denis, storica banlieue al Nord di parigi dove vivevano molti degli attentatori del Bataclan. I membri di questa forza non sono solo dei semplici poliziotti ma hanno una particolare formazione e hanno anche il titolo di garanti della pace, che gli garantisce delle tutele particolari e li avvicina agli ispettori.

Didier Fassin afferma che questi corpi di polizia sono formati anche da persone provenienti da particolari ambienti, spesso legati all’estrema destra francese. Questo porta alla spiegazione di un modello di vigilanza totalmente differente rispetto alla polizia del resto del paese, di fatti non ci sono crimini minori ma solo crimini gravi e si presuppone la colpevolezza e non la innocenza, fino a prova contraria. La polizia commette regolarmente abusi su base razziale e di conseguenza costruisce un modello di controllo molto simile a quello dei servizi di sicurezza, cioè pervasivo.

Due modelli culturali contrapposti vengono ritrovati all’interno dello scontro tra giovani disillusi e frustrati e poliziotti addestrati e prevenuti su base razziale. Come è possibile vedere all’interno del film di Matthieu Kassovitz “l’odio”, da una parte i giovani hanno come propri punti di riferimento la criminalità, anche cinematografica come quella di Scarface, o i modelli islamici di purezza: entrambi restituiscono profondità e speranze in un quadro sociale totalmente privo. Dall’altra parte i poliziotti cresciuti in ambienti estrema destra si formano avendo negli occhi modelli più vicini al cop americano, se vogliamo allo sceriffo del selvaggio West, che portano giustizia e sicurezza, anche con la violenza.

 

 

 

Fonti e Approfondimenti

Scarica il report di Amnesty international sulle violazioni della polizia

http://www.lefigaro.fr/actualite-france/2013/02/20/01016-20130220ARTFIG00388-40-ans-de-plan-banlieue.php

http://www.vie-publique.fr/politiques-publiques/politique-ville/index/

http://sig.ville.gouv.fr/atlas/ZUS/ (Qui la lista di tutte le ZUS)

Download PDF Amnesty International

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