Il Malawi e l’estinzione degli albini

Albinismo-Africa-Malawi
@Janjacob - Wikimedia, CC BY-SA 3.0

Poche settimane fa la testata giornalistica Al Jazeera ha riportato che, stando a quanto riferito dall’APAM (Associazione degli Albini in Malawi), la situazione nel Paese riguardo la sicurezza garantita agli individui albini sia sempre più grave. Analizziamo ora per quale motivo è fondamentale comprendere qual è l’attuale situazione in Malawi e perché si può parlare, riguardo questo contesto, di una vera e propria crisi umanitaria. I vari report di Amnesty International registrano, dal 2014 ad oggi, almeno 117 casi di individui affetti da albinismo vittime di violenza nella Regione.

L’albinismo, che deriva da “Albus” (bianco in latino), è una malattia congenita, risultato di un’ereditarietà autosomica recessiva. Ciò significa che si tratta di una patologia ereditaria che viene trasmessa al feto da entrambi i genitori quando questi presentano nel loro DNA un gene recessivo o, altrimenti, nel caso in cui la madre sia a sua volta albina. Questa condizione, rara e non curabile, è caratterizzata dall’assenza di melanina e presenta, come complicazioni collegate alla mancanza di tale pigmento, seri problemi alla vista, ipersensibilità alla luce e un altissimo rischio di tumori alla pelle.

Generalmente, secondo quanto riportato dai dati, si stima che al Mondo ci sia un albino ogni 20.000 persone ma, per motivazioni non ancora chiare, questo dato cambia quando si va ad analizzare la situazione sub-sahariana, dove si stima che ci sia un albino ogni 5.000 individui. Uno dei paesi con la più alta quota di albini è, in questo contesto, proprio il Malawi. Si calcolano infatti esserci più di 10.000 albini per una popolazione di circa 16 milioni di abitanti. Questo ultimo dato è, però, in continuo calo, a causa delle svariate forme di violenza cui sono sottoposti gli individui colpiti da tale patologia, tanto che l’Esperto designato dalle Nazioni Unite nel 2015 ha parlato di una possibile estinzione degli albini in Malawi nel medio termine.

Ma quale è la situazione nel Paese e, soprattutto, per quale motivo c’è il rischio dell’estinzione di quella che può essere definita a tutti gli effetti una “minoranza“?

La discriminazione e le violenze contro la popolazione albina del Malawi, nonostante siano presenti da sempre, hanno subito un’impennata dal 2014, dovuta all’enorme crisi finanziaria del 2012. Quest’ultima ha fatto crollare il Paese, secondo quanto riferito dalla World Bank, all’ultima posizione della classifica stilata annualmente per reddito pro capite, come Stato più povero al Mondo. L’altissimo tasso di povertà, più di più di 3 milioni di persone vivono con meno di 2$ al giorno, accompagnato da alti indici di disuguaglianza e dal fatto che il paese abbia un’economia essenzialmente rurale,  ha portato sempre più individui a cercare modi alternativi per guadagnarsi da vivere. Tra questi rientra il commercio illegale collegato al mercato nero della tratta degli albini ed, in particolare, delle loro ossa. Si afferma infatti che c’è chi sia disposto a pagare, per il corpo di un individuo albino, circa 75.000$.

La principale motivazione legata al commercio e alla tratta di esseri umani colpiti da albinismo è rappresentata dall’alto tasso di analfabetismo e di ignoranza che affligge il Paese e che porta a svariate credenze collegate all’esistenza degli albini. Queste variano da quella più comune, diffusa tra i guaritori che utilizzano cure tradizionali, convinti che si possano creare medicinali utilizzando le ossa degli albini, in quanto ricche di proprietà curative se non addirittura magiche, a quella che consiste nel pensare che all’interno delle ossa delle persone affette da albinismo sia presente dell’oro. Infine c’è un’ultima convinzione per cui, avendo un rapporto sessuale con una donna affetta da albinismo, sia possibile guarire dall’HIV.

Sono quindi aumentati, dal 2014, i rapimenti, le uccisioni e gli stupri ai danni di tale gruppo, al punto che, nel 2015, è stato designato dalle Nazioni Unite un “Indipendent Expert” per studiare la situazione. A tal proposito si è inoltre arrivati a definire le violenze ai danni degli albini come “racial discrimination“, sulla base principalmente di tre fattori principali: razza, colore e disabilità.

Ma il problema principale nella regione è dato dal fatto che, nonostante la situazione generale sia abbastanza chiara, sia a livello governativo, che giudiziario, non vengono attuate soluzioni in grado di un cambio di rotta e garantire il rispetto dei diritti fondamentali di tali individui . Come riportato dal report di Amnesty, infatti, il Malawi, non solo è parte di più di dieci convenzioni internazionali, tra cui l’ICCPR (International Covenant on Civil and Political Rights), la CEDAW (Convention on Elimination of Discrimination against Women), l’ICESCR (International Covenant on Economic, Social and Cultural Rights) e l’ICERD (International Convention against Racial Discrimination), ma presenta anche all’interno della sua Costituzione articoli a difesa di svariati tipi di diritto come quelli politici, sociali e culturali. Tra questi forse quello più importante da ricordare è quello riguardante la discriminazione. La sezione 20(1) stabilisce infatti che: “La discriminazione nei confronti degli individui è proibita in ogni forma e tutte le persone hanno garantita, sotto ogni tipo di legge, un’eguale ed effettiva protezione contro la discriminazione sulla base di razza, colore, sesso, lingua, religione, opinione politica, nazionalità, origine etnica o sociale, disabilità, proprietà, nascita o qualsiasi altro status“. Stando a quest’ultimo articolo quindi, la suddetta discriminazione razziale dovrebbe essere ritenuta totalmente illegale.

Purtroppo, nonostante ancora una volta, nel 2015, il Governo abbia provato a dare un’ulteriore spinta verso la soluzione della questione, con la creazione di un Piano Nazionale relativo a sei aree strategiche di intervento (che variavano dall’educazione, alla sicurezza interna, all’amministrazione della giustizia, fino al monitoraggio del rispetto dei diritti umani), la realtà dei fatti registra un sistema giudiziario e penale estremamente debole, a cui si aggiungono forze di polizia non in grado di gestire le investigazioni e identificare i colpevoli. Questa serie di mancanze alimenta un clima di insicurezza ed impunità di cui si stanno notevolmente avvantaggiando i gruppi criminali, i quali si vanno ad arricchire sempre di più grazie al mercato nero.

Agli individui albini, dai più piccoli ai più anziani, sia donne che uomini, è quindi sottratta ogni forma di diritto e sono costretti a vivere in un clima costante di paura. Tra i diritti negati troviamo quello all’istruzione, dovuto sia alla mancanza di infrastrutture e mezzi adeguati per lo studio (ricordiamo infatti che gran parte degli albini soffre di seri problemi di vista), sia alla paura di essere rapiti nella strada verso la scuola o, nel peggiore dei casi, all’interno della stessa scuola (sono stati riportati più casi di insegnanti che hanno tentato di vendere o hanno venduto i propri alunni albini in cambio di denaro). Viene inoltre negato il diritto all’uguaglianza in generale, con conseguente emarginazione dalla società, e all’uguaglianza economica in particolare. Per un individuo affetto da albinismo è estremamente difficile lavorare al sole e, come è stato già sottolineato, il Malawi è un paese rurale in cui la principale fonte di guadagno è data proprio dall’agricoltura. Alla mancanza di diritti e alla paura costante di poter essere rapiti o uccisi o stuprati, si accompagna un’esclusione quasi totale dalla società. Per un individuo colpito da albinismo è praticamente impossibile intrattenere relazioni sociali con gli altri membri della comunità e una relazione di tipo amoroso è, in questo contesto, assolutamente proibita. La discriminazione avviene sia a livello di comunità sia, addirittura, a livello familiare, tanto che, alle volte, sono proprio i membri della famiglia a prendere parte alle violenze o alla tratta della persona in questione.

Ad essere colpiti da discriminazione non sono però solo gli individui affetti da albinismo, ma anche i parenti più vicini o chi si offre per fornire aiuto. Tra questi, quelle che sicuramente soffrono di più di tale situazione sono le madri, o perlomeno, le madri che decidono di non vendere o uccidere i propri figli. A queste infatti viene riservato un trattamento simile a quello riservato agli stessi figli. Vengono ripudiate dai mariti, colpevolizzate per la malattia dei figli ed emarginate dalla società. Sempre in questo contesto c’è stato anche il caso di una donna che afferma di credere che le siano stati uccisi i primi tre figli perché albini e che le sia stato detto in tutti i tre i casi che erano morti come conseguenza del parto.

La situazione nel Paese rimane quindi molto grave e, nonostante ci sia una crescente mobilitazione da parte della società, con sempre più persone che si offrono volontarie per difendere e proteggere questi individui, tutte le misure messe in pratica dal governo si sono rivelate fallimentari. C’è quindi bisogno di una strategia onnicomprensiva in grado di dare risposte soddisfacenti. A tal fine c’è sicuramente bisogno di aiuti a livello internazionale e di una riforma interna, soprattutto del sistema giudiziario (ad oggi in tutta la Regione ci sono solo 400 avvocati), in grado di risolvere il clima generale di impunità nel Paese. A ciò va accompagnato, anche secondo il parere dell’Indipendent Expert, un ampio progetto di istruzione in grado di colmare le lacune presenti nella società, rimediare all’analfabetismo e, di conseguenza, eliminare le credenze e i miti legati all’esistenza degli individui colpiti da albinismo.

 

 

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