Il Caucaso alle elezioni

@LoSpiegone

Il Caucaso è da sempre stato una regione di vitale importanza per via della sua posizione strategica. Bagnato dal Mar Caspio e dal Mar Nero è la zona di transito e mediazione tra l’Europa ed il Medioriente, un’area di incontro-scontro tra potenti attori regionali come la Russia, la Turchia e l’Iran. L’apparente stabilità politica della regione è stata recentemente compromessa dall’instabilità economica: la limitatezza dei mercati e la loro mancata integrazione dal punto di vista regionale non facilita gli investimenti. Inoltre. essendo l’area fortemente legata al rublo, negli anni passati ha subito conseguenze negative causate dal suo ribasso (causato a sua volta dalle sanzioni imposte alla Federazione Russa).

L’Unione Europea ha recentemente sviluppato un maggiore interesse verso la collaborazione per una possibile stabilizzazione della regione. Questo si riflette anche nel rapido cambiamento delle politiche intraprese dalla Georgia che, assieme al Consiglio dell’UE, ha intrapreso il cammino verso liberalizzazione dei visti per i cittadini georgiani. Dal 2009 inoltre l’UE ha adottato la politica di “non-riconoscimento e coinvolgimento” (NREP) nei confronti dell’Abkazia e dell’Ossezia del Sud, al fine di creare uno “spazio di manovra politico e legale in cui l’UE possa interagire con le entità de facto, senza pertanto compromettere le proprie relazioni con la Georgia”.

Il 2017 ha portato una stagione di elezioni elettorali negli stati del Caucaso del Sud. I Paese interessato è stato l’Abkhazia, seguita dalle elezioni presidenziali in Ossezia del Sud e nel Nagorno-Karabakh. Questo quindi è un anno di particolare importanza in quanto verranno variati equilibri sia esterni che interni in questi Paesi. Il cambiamento di corso sia nell’amministrazione locale che in quella a livello regionale ha interessato soprattutto i Paesi non riconosciuti ufficialmente dalle comunità internazionali. Le vicende elettorali in un’area così strategica si sono svolte all’ombra del referendum costituzionale turco promosso dal partito di governo islamico-conservatore AKP tenutosi nell’aprile di quest’anno.  L’instabilità, infine, è anche militare: a Maggio di quest’anno l’escalation nel Nagorno-Karanakh ha subito una netta accelerazione. Lo scambio missilistico avvenuto tra le parti azere ed armene ha portato al deterioramento della situazione, come è possibile vedere dalle analisi dell’International Crisis Goup.

Andiamo quindi a analizzare la situazione di ogni singolo Paese.

Abkhazia

Il conflitto latente tra Russia e Georgia per la questione dell’Abkhazia e dell’Ossezia del Sud è tutt’ora molto forte e segna le sorti del Caucaso meridionale. Quello in Abkhazia resta un conflitto geopolitico a bassa intensità fra Occidente e Russia. Le elezioni di quest’anno in Abkhazia hanno avuto un duplice valore: consolidare-ribadire la propria indipendenza oltre a dare svolta alle politiche interne del Paese

L’Abkhazia, assieme all’Ossezia del Sud, è de facto indipendente, ma internazionalmente riconosciuta come parte della Georgia e si è proclamata indipendente il 23 luglio del 1992. Dopo la guerra del 2008 il paese è riconosciuto come tale da Russia, Nicaragua, Venezuela e Nauro. Tuvalu e Vanuatu hanno ritrattato l’iniziale riconoscimento. Mosca sostiene indirettamente l’indipendenza: tutt’ora c’è una forte dipendenza dalla Federazione Russa sul piano commerciale, diplomatico, ma anche nei comparti difesa e sviluppo. La presenza militare russa nella base di Gudauta sul Mar Nero e l’accordo siglato nel 2009 (che assicura l’intervento russo in caso di violazione dei propri confini terrestri e navali) ne dimostrano la solidità.

Il 12 marzo scorso in Abkhazia si sono svolte le elezioni parlamentari. Ad essere rinnovati sono stati i 35 membri dell’Assemblea Popolare (parlamento locale). Il mandato in parlamento ha la durata di 5 anni e, per ottenerlo, ogni candidato deve raggiungere almeno 50% dei voti nel proprio distretto elettorale. Soltanto 24 candidati erano appartenenti a partiti politici, come Ainar, Amtsakhara, il Forum per l’Unità nazionale abkhaza e il Fronte Popolare abkhazo per la Giustizia e lo Sviluppo. 12 dei 137 candidati sono riusciti a passare il primo turno, tra questi erano presenti l’ex primo ministro Leonid Lakerbaya e Aleksandr Ankvab (presidente del paese dal 2011 fino al 2014, l’anno in cui ha dovuto rassegnare le dimissioni in seguito alle proteste dell’opposizione).

L’Assemblea Popolare è eletta con sistema maggioritario, sulla base di 33 circoscrizioni elettorali. Il secondo turno ha avuto luogo il 26 Marzo, con un ballottaggio per 22 seggi. Solo 8 candidati uscenti  dalla precedente legislatura sono stati rieletti, e, solo una donna, è riuscita ad ottenere il seggio.

Sono circa 131.000 le persone autorizzate a votare, con un’affluenza che si è attestata intorno al 56%. Il distretto di Gali, al confine con la Georgia, ha registrato il maggior tasso d’affluenza. Gali è popolato dalla maggioranza georgiana dove però solo lo 0,5% della popolazione era stata autorizzata a partecipare al voto (esattamente 603 persone). Le elezioni sono state monitorate da molteplici osservatori internazionali, provenienti dalla Russia e da repubbliche de facto come l’Ossezia del Sud, il Nagorno-Karabakh, la Transnistria e le repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk. Tali elezioni, in conclusione, sono state considerate illegittime dagli alleati della NATO, l’UE, gli Stati Uniti e dal Ministero degli Esteri della Georgia stessa.

Ossezia del Sud

L’Ossezia del Sud si è autoproclamata indipendente dalla Georgia il 28 novembre 1991. In seguito alla “Seconda guerra in Ossezia del Sud” dell’agosto del 2008, Mosca ha sottoscritto degli accordi militari con l’autoproclamata repubblica.

Il 9 Aprile di quest’anno in Ossezia del Sud hanno avuto luogo le elezioni presidenziali. La candidatura di Eduard Kokoity è stata respinta dalla Commissione Elettorale Centrale (CEC): egli è già stato presidente dal 2001 al 2011 con due mandati consecutivi ed alle spalle delle frizioni con Mosca a causa dell’indebita appropriazione dei fondi. La forte presenza moscovita si avverte nel sostegno alla ricandidatura dell’attuale presidente  Tibilov . Altri candidati alla presidenza sono stati il Presidente del Parlamento Antoly Bibilov e Alan Gagloev, (il secondo è parte del KGB locale). E’ stato proprio l’ex presidente del parlamento Anatoly Bibilov, leader del partito Ossezia Unita, che con il 57,9% dei voti ha vinto le elezioni, superando l’ex presidente Leonid Tibilov, in carica dal 2012, fermatosi al 29,8% dei consensi. L’ affluenza alle urne è stata dell’81,23%.

Assieme alle elezioni ha avuto luogo anche un referendum per rinominare l’Ossezia del Sud con il nome di Alania (dal nome dello stato di Alania, fondato in epoca medievale dagli Alani, popolo nomade di origine iranica che fondò l’Ossezia). Un’ampia maggioranza degli elettori (il 78%) ha confermato il cambiamento della denominazione del Pese in “Ossezia del Sud – Stato di Alania”. Nella confinante Repubblica dell’Ossezia del Nord in Russia tale cambiamento ha già avuto luogo in precedenza, fatto che potrebbe far pensare che anche l’Ossezia del Sud stia prendendo la rotta dell’unificazione.

Bibilov è un forte sostenitore dell’annessione diretta alla Russia. Il disaccordo sulla questione del referendum di annessione ha portato al rinvio dello stesso a dopo le elezioni presidenziali, in modo da permettere al nuovo capo di stato di stabilire i termini dell’annessione. Bruxelles ha ribadito recentemente la sua posizione per cui l’Ossezia del Sud resta considerata come parte della Georgia. L’Ossezia del Sud utilizza stessi colori e simboli del nord ed esistono numerose facilitazioni, nel caso di una possibile ricongiunzione tra nord e sud, per il processo di unificazione. E’ importante notare che il 65% della popolazione dell’Ossezia del Nord è composto costituito da osseti, come anche sud dove gli ossetti sono la maggioranza (89%), e i georgiani sono una minoranza (7,4).

Nagorno Karabakh

Quest’anno nel Nagorno Karabakh ha avuto luogo un referendum costituzionale: l’affluenza alle urne per il 20 febbraio è stata dell’87,6% della popolazione.  I votanti si sono espressi a favore del cambio del sistema di governo da semi-presidenziale a presidenziale, oltre ad acconsentire a una variazione del nome della repubblica de facto in Artsakh.

Artsakh” è una parola armena che fa riferimento ad una delle dieci province storiche del Regno di Armenia, corrispondente oggi in buona parte al territorio del Nagorno Karabakh. “Nagorno Karabakh“, invece, è il nome con cui la comunità internazionale, assieme all’Azerbaijan, designano la precedente regione autonoma che si è dichiarata indipendente assieme ai territori limitrofi conquistati durante il conflitto tra Armenia e Azerbaijan e che ad oggi sono sottratti dal controllo di Baku. Letteralmente, il nome significa altopiano, (‘nagornij’ in russo), e giardino nero, (‘karabagh’ in turco-persiano).

Le ripercussioni istituzionali del referendum hanno una forte importanza: essendo stata abolita la carica del Primo Ministro la costituzione prevede un maggiore sbilanciamento a favore del presidente. L’attuale presidente Bako Sahakyan è al secondo e ultimo mandato, il che fa presuppore che saranno imminenti anche qui le elezioni presidenziali. E’ da notare però che Sahayan potrà avvalersi delle recenti riforme, che gli permetterebbero di restare al potere anche dopo la scadenza del suo mandato durante il periodo di transizione verso la nuova costituzione, ovvero fino al 2020.

L’Azerbaigian non ha riconosciuto il referendum svoltosi nel Nagorno Karabakh. E’ importante quindi notare anche che dopo gli scontri avvenuti in aprile del 2016 a Nagorno-Karabakh, l’Armenia e l’Azerbaigian sono in una fase di tensione che non ha precedenti sin dal 1994. Da metà gennaio 2017 le linee di contatto sono costellate da incidenti mortali per uso di armi pesanti.

 

Fonti e approfondimenti

http://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2017/02/27-visa-liberalisation-georgia/

https://www.crisisgroup.org/crisiswatch/may-2017#nagorno-karabakh-azerbaijan

https://www.balcanicaucaso.org/aree/Abkhazia/Caucaso-del-Sud-elezioni-de-facto-178984

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