Nei primi 17 anni del ventunesimo secolo il mondo ha assistito a due terribili ondate di terrorismo jihadista, intervallate da un periodo di circa dieci anni in cui gli attacchi sono diminuiti e hanno fatto meno vittime. Cerchiamo di analizzare le tattiche dei primi attacchi, il mutamento che vi è stato nel periodo di latenza e le nuove tattiche degli ultimi attacchi.
La prima ondata: Al Qaeda e il terrorismo internazionale
Il terrorismo jihadista internazionale è entrato violentemente negli incubi di tutti con il terribile attentato al World Trade Center del 11 settembre 2001 nonostante avesse già colpito tre volte. La prima fu il tentato attacco sempre contro World Trade Center del 1993, mentre nel 1998 vennero attaccate e distrutte le ambasciate americane in Kenya e Tanzania.
Questi tre attacchi, contando solo quelli riusciti, sono stati caratterizzati da una tattica precisa e ripetuta: l’organizzazione di questi eventi è sempre stata portata avanti dal nucleo centrale, con base in Sudan e in Afghanistan, dopo un lungo periodo di studio della situazione. Gli attentatori non sono stati reclutati in loco ma sono stati fatti arrivare dopo numerosi scali attraverso aeroporti con differenti livelli di controllo così da lasciare diverse piste e far perdere le tracce. Gli attentati sono sempre stati portati avanti con tecniche estremamente tecnologiche per il tempo, come gli aerei e gli esplosivi ad alto potenziale. Gli attentatori hanno massimizzato il numero di vittime attraverso una scelta chirurgica nel luogo dove colpire lasciando totalmente ignari i sistemi di sicurezza.
L’esempio classico che supporta queste teorie è quello degli attacchi alle Torri Gemelle, dove quattro squadre coordinate di attentatori hanno sequestrato e poi colpito usando 4 aerei di linea che si erano alzati da alcuni dei terminal più avanzati in termini di controlli di sicurezza.
L’11 settembre ha totalmente cambiato la situazione e le forze governative in tutto il mondo hanno adattato le proprie tecniche di lotta al terrorismo. In questo periodo le forze di sicurezza hanno migliorato i controlli sui trasporti e hanno attivato una rete di caccia ai leader dell’organizzazione che ha portato i capi dei vari gruppi terroristici a doversi nascondere e a tagliare tutti i legami con le cellule sparse nel mondo.
Questo colpo duro alle organizzazioni centrali ha portato alla prima forma di “appalto del terrore“. I quadri delle reti terroristiche hanno incominciato a doversi nascondere, prima dalla guerra al terrore di Bush poi dai droni di Obama, e di conseguenza le cellule hanno guadagnato maggiore autonomia. Con questa nuova modalità sono stati portati avanti i due grandi attacchi terroristici in Europa di Madrid nel 2004 e di Londra nel 2005.
Prendendo il caso spagnolo le indagini hanno dimostrato che il gruppo che ha colpito era un gruppo salafita marocchino a cui Al Qaeda aveva fornito fondi molto tempo prima degli attacchi e il nucleo aveva organizzato in modo totalmente autonomo l’attacco. Nonostante l’autonomia l’attentato era stato portato avanti con le stesse modalità, con bombe ed esplosivi ad alto potenziale fatti arrivare dal Marocco, anche se manca la componente del martirio (cosa tipica delle organizzazioni nordafricane). Dopo l’attentato di Londra, che ha avuti caratteri molto simili, il terrorismo islamico ha incominciato a fermare la propria azione entrando in quello che viene chiamato “periodo di latenza”.
È centrale ricordare che in questa prima ondata è particolare la modalità del reclutamento, che è sempre avvenuto nelle moschee. Questo reclutamento è stato affrontato dai servizi di sicurezza attraverso l’infiltrazione delle moschee, in particolare quelle non autorizzate, e attraverso i protocolli firmati tra i governi e le comunità islamiche.
Il periodo di latenza e i nuovi sviluppi
Dal 2005 al 2015 gli attacchi terroristici sono stati pochi e di bassissima intensità ma proprio in questo periodo, con l’alleggerimento delle misure di sicurezza, i gruppi hanno potuto organizzare nuovamente la propria rete e apportare nuovi sviluppi alle proprie tattiche.
Mentre nel frattempo il Medio Oriente ha visto le primavere arabe e l’esplosione delle tre grandi guerre civili in Siria, Iraq e Yemen, in Europa la situazione è sempre rimasta tranquilla se non per un importante evento che ha incominciato a mostrare una parte del futuro del terrorismo jihadista.
Questo evento centrale è l’attacco alla scuola ebraica di Tolosa del 2012 da parte del giovane radicalizzato Mohammed Merah, franco-algerino di 23 anni. L’attentatore in questo caso ha prima assassinato due militari francesi e poi ha attaccato una scuola ebraica dove ha ucciso due studenti e un professore.
Merah è stato infatti il primo attentatore europeo che si è radicalizzato online attraverso alla nuova idea di reclutamento organizzato dall’allora giovanissima organizzazione Stato Islamico, che in quel momento aveva il nome di ISIL (Islamic State of Iraq and Levant). Il giovane non è stato il primo ad essere coinvolto nella modalità di radicalizzazione, ma il primo a mettere in pratica la tattica che adesso sta terrorizzando l’Europa: una tattica a bassa intensità con attacchi multipli portati avanti con mezzi di fortuna, rendendo l’intercettazione ancora più difficile.
La nuova ondata di Jihadismo
I frutti prodotti da questa nuova tecnica non sono stati utilizzati nell’immediato riesplodere della campagna jihadista in Europa. I primi due attentati, l’attacco a Charlie Hebdo e l’attacco al Bataclan, hanno avuto caratteristiche simili ai primi attentati di Al Qaeda con una forte centralizzazione dell’organizzazione, nonostante vi siano state delle differenze. Soltanto alcuni dei terroristi di Parigi erano foreign fighters che si erano addestrati in Siria, mentre molti altri erano solo giovani radicalizzati che hanno avuto una formazione paramilitare solamente parziale. L’unico dato che questi due attacchi avranno in comune con i futuri sarà la mancanza della componente del martirio e la volontà di colpire più volte, anche nello stesso giorno e nella stessa città.
Dopo questi due attacchi mirati la campagna di intelligence che è stata portata avanti dalle forze occidentali ha obbligato l’organizzazione a tagliare ogni legame con gli affiliati lontani dai teatri di Siria e Iraq, lasciando attivo solo il canale della propaganda. Proprio questo ultimo dato è centrale, infatti la propaganda in stile Hollywood è lo strumento che crea seguaci al nuovo jihadismo.
Questo taglio netto e l’invito comunque a portare nuovi attacchi ha creato la nuova modalità di attentati che abbiamo visto negli ultimi mesi, e purtroppo anche negli ultimi giorni. Merah è stato uno degli anticipatori e infatti molti degli attentati hanno avuto quella tattica.
Il quadro classico degli ultimi eventi riporta un singolo uomo spesso descritto usando il termine “lupo solitario” un piccolo gruppo di persone, solitamente cittadini della nazione colpita, radicalizzati online e spesso con un passato di piccola criminalità. L’attacco è di solito portato avanti all’improvviso con mezzi comuni che sono difficili da controllare. I numeri delle vittime non sono paragonabili tra gli attacchi dei primi anni duemila e quelli di adesso, ma il numero di episodi è molto superiore e la facilità con cui sembrano colpire ancora maggiore.
Nell’ultimo attacco di Barcellona abbiamo nuovamente visto l’utilizzo di veicoli come arma per uccidere, una strategia usata più volte nell’ultimo anno. Questa tattica, a differenza di quanti pensano, non è stata usata per la prima volta a Nizza il 14 luglio del 2016, ma è un’arma nata nella guerra israelo-palestinese come arma contro i civili israeliani.
Questa nuova strategia del terrore ha portato un aumento della paura degli attentati, anche perché, come ha ben spiegato Pieter Van Ostaeyen, grande esperto di terrorismo:
“Lo Stato Islamico in questo modo ha massimizzato il concetto che ognuno può essere un bersaglio in ogni momento, da quando si attraversa la strada a quando si prende un treno, e chiunque può essere il perpetratore dell’attacco“.