La Crisi del Golfo sta contagiando il Corno d’Africa

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

I paesi del Corno d’Africa sono connessi a quelli del Golfo Persico da legami politici, economici e strategici, oltre che dall’estrema vicinanza geografica. La crisi diplomatica che sta vivendo il mondo arabo, culminata con l’isolamento diplomatico del Qatar, rischia quindi di arrivare sull’altra sponda del Mar Rosso.

Molti paesi africani hanno complessi rapporti con entrambi gli schieramenti e quindi stanno assumendo posizioni neutrali e di mediazione. Lo spostamento progressivo di alcuni di loro verso il fronte Saudita, però, rischia di scatenare reazioni a catena nei paesi rivali, riaprendo scenari di conflitto al momento stablizzati ma mai risolti.

Questo rischio è rappresentato principalmente dallo storico attrito tra Etiopia ed Eritrea e da un suo possibile inasprimento. Per capirne il perché è necessario fare un passo indietro, partendo proprio dalla crisi in atto.


Il Golfo vive oggi una fortissima tensione diplomatica, generata dagli obiettivi contrastanti dei suoi attori politici e culminata con la rottura diplomatica tra il Qatar e la coalizione sunnita guidata dai Sauditi
, che comprende Egitto, Bahrain, Giordania, Mauritania ed Emirati Arabi Uniti.

Il legame tra Emirati e Arabia Saudita si è poi rafforzato ulteriormente dallo scoppio della guerra in Yemen: Riyad mira ad attenuare l’influenza dell’Iran sciita nel Golfo e Abu Dhabi ha bisogno di ridimensionare l’islam politico dentro i suoi confini. Entrambi perseguono comunemente questi obiettivi attraverso il coinvolgimento attivo in Yemen contro i ribelli Houti (prevalentemente sciiti) e una forte retorica antiterrorismo in patria.

Il Qatar è invece impegnato da anni a ritagliarsi un ruolo come mediatore e moderatore internazionale, creando legami anche con molti gruppi islamisti come i Fratelli Musulmani, fatto che lo ha inevitabilmente fatto scontrare con gli altri paesi del Golfo. Nel processo Doha ha però costruito una forte alleanza con la Turchia, intervenuta per supportare il Qatar all’indomani delle sanzioni e molto influente anche nel Corno d’Africa.

Arabia ed Emirati stanno tentando di fare pressione sul Qatar affinchè “torni nei ranghi” dell’alleanza araba-sunnita, accusandolo di sostenere segretamente gli interessi iraniani in Medio Oriente, accusa ovviamente respinta da Doha.

Gli stati del Corno stanno reagendo in maniera diversa alla situazione a seconda dei loro legami con le parti in conflitto:

Sudan e Somalia

Il Sudan potrebbe muoversi verso il blocco Saudita: dalla secessione del Sud Sudan il paese ha perso gran parte dei profitti derivanti dal petrolio, trovando molto utile il rafforzamento delle relazioni con Riyadh. Per consacrare questa unione, tra l’altro, il  Sudan ha rotto le relazioni con l’Iran nel 2014. Con le stesse dinamiche si sono però già saldati da tempo dei legami economici con il Qatar e questo spiega l’attuale posizione neutrale del paese nei confronti della crisi diplomatica in atto.

La Somalia, da parte sua, è invece il teatro della competizione tra Turchia, Qatar ed Emirati per l’affermazione della loro influenza. Tutti e tre i contendenti stanno intervenendo visibilmente nel paese fornendo supporto finanziario, aiuti allo sviluppo e sostegno ai gruppi politici, arrivando ad appoggiare tre candidati diversi alle presidenziali del 2017. Anche la Somalia è quindi momentaneamente obbligata ad una posizione di non-allineamento nella crisi, dovendo curare le sue relazioni con entrambi gli schieramenti. Il paese sarebbe inoltre tra quelli più penalizzati da nuove conflittualità nel Corno.

Gibuti

La frontiera tra Gibuti e l’Eritrea è la prima area in cui la nuova tensione nel Corno sta diventando tangibile. Questo confine è al centro di una violenta contesa, che però nel 2010 era stata in parte normalizzata dall’invio di una forza di peacekeeping dal Qatar. Dopo che il piccolo stato costiero ha appoggiato la coalizione Saudita nella crisi del Golfo le truppe di interposizione sono state richiamate in patria senza una vera motivazione ufficiale. La situazione sta di nuovo degenerando nel conflitto politico e militare.

Ad offrirsi come possibile mediatore è stata la Cina, che ha buoni rapporti con entrambi i paesi e ha da poco installato una base militare proprio a Gibuti. L’interesse prioritario di Pechino è ovviamente la stbilità del Mar Rosso, tratto obbligato della rotte di quasi tutti suoi scambi con l’Occidente.

Eritrea ed Etiopia

L’Eritrea è un paese diplomaticamente isolato: dopo le accuse di finanziare i gruppi di opposizione in Etiopia e il gruppo islamista Al-Shabab in Somalia (oggi derubricata a sospetto) il paese ha subito un embargo militare e la rottura di molte relazioni istituzionali. In questo contesto la leadership del paese è divenuta sempre più autoritaria e l’esercito ha permeato moltissimi aspetti della vita pubblica.

Tra Etiopia ed Eritrea la tensione è sempre stata alta, a causa dello scontro dei rispettivi interessi geopolitici ma anche a causa dei trent’anni di guerra civile combattuti da Asmara per ottenere l’indipendenza nel 1991, un’eredità decisamente ingombrante. Questi rapporti già difficili sono poi decisamente peggiorati dopo il 1998-2000, quando alla fine di un aspro conflitto di frontiera si sono assestati in una realtà di nè guerra, nè pace.

Questo è stato possibile anche grazie all’isolamento internazionale del regime Eritreo: così indebolito non minaccia l’egemonia etiope sul Corno d’Africa, principale obiettivo strategico di Addis Abeba fin dal dopoguerra, situazione che in cambio garantisce la sopravvivenza del regime di Asmara.

L’Eritrea sta cercando di utilizzare a proprio vantaggio la nuova tensione vissuta dai suoi vicini e la guerra in Yemen per uscire dall’isolamento, saldando nuove relazioni internazionali e, in parte, aggirando l’embargo sulle armi impostole dalla comunità internazionale.

Oltre a una serie di tentativi di potenziamento dei rapporti politici, diplomatici e accademici del paese e i suoi vicini a fornire un aiuto inaspettato al paese africano per tornare importante sulla scena internazionale è stata la guerra nello Yemen, situato appena a 70 miglia marittime dalle coste eritree.

In questa guerra sono coinvolti militarmente molti paesi del Golfo, che si sono subito mossi per stabilire basi militari in Eritrea e ottenere il permesso di usarne i porti e altre infrastrutture. In cambio il paese africano sta ricevendo prodotti petroliferi e ingenti flussi di denaro.

L’Eritrea ha messo a disposizione della coalizione militare guidata dai Sauditi il porto di Assab, strategicamente situato tra il Mar Rosso e il Golfo di Aden, dove l’esercito degli Emirati addestra i propri combattenti e molti militari yemeniti impegnati nella guerra civile.

Oltre che con  paesi del Golfo il regime eritreo sta rafforzando i legami con l’Egitto (schierato contro il Qatar), parzialmente in chiave anti-etiope. Il Cairo potrebbe desiderare una base militare nel paese per meglio perseguire alcuni suoi interessi regionali, tra cui fare pressione sull’Etiopia affinché tratti con il Cairo riguardo il suo progetto della Grand Ethiopian Renaissance Dam (GERD), un’enorme diga per la produzione di elettricità di cui sono incerte le ripercussioni sul fiume Nilo.


L’Etiopia sta quindi premendo per una soluzione rapida della crisi
, presentandosi come neutrale e appoggiando fortemente le attività di mediazione svolte dai paesi coinvolti e dal Kuwait. Addis Abeba è la maggior potenza diplomatica e militare della regione ma teme che questo stato delle cose possa portare ad un rafforzamento dell’Eritrea, soprattutto dal punto di vista militare e della legittimazone internazionale del suo governo.

L’Etiopia denununcia il fallimento delle sanzioni Onu e dell’embargo sulle armi imposto al suo vicino, chiedendo che i recenti sviluppi vengano valutati come un aggiramento delle regole a cui è sottoposto e richiedendo l’intervento della comunità internazionale, che per ora non sta rispondendo.

Addis Abeba teme fortemente che il suo storico rivale abbia di nuovo un peso sullo scacchiere internazionale e sembra disposta anche a prendere una posizione di duro ostruzionismo a riguardo. Il riaccendersi di questo scontro decennale, unito ai fatti di Gibuti, è un’eventualità pericolosissima per la stabilità di una regione turbolenta come quella del Corno, nella quale lo stretto intreccio di interessi e rivalità amplifica qualsiasi conflittualità.

 

 

Fonti e Approfondimenti:

Martin Plaut – Understanding Eritrea: Inside Africa’s Most Repressive State

http://www.middleeasteye.net/columns/gulf-crisis-leading-difficult-choices-horn-africa-2121025667

http://allafrica.com/stories/201707140752.html

http://www.africanews.com/2017/07/07/ethiopia-worried-that-gulf-crisis-could-destabilize-horn-of-africa-region/

http://www.africanews.com/2017/07/05/eritrea-insists-on-qatari-mediation-in-territorial-dispute-with-djibouti/

http://www.africanews.com/2017/06/13/eritrea-backs-saudi-arabia-and-allies-in-gulf-crisis-ethiopia-on-the-fence/

http://allafrica.com/stories/201511162380.html

http://www.reuters.com/article/us-djibouti-eritrea-border-idUSKBN1980EP

https://www.crisisgroup.org/middle-east-north-africa/gulf-and-arabian-peninsula/dangerous-gulf-horn-how-inter-arab-crisis-fuelling-regional-tensions

Africa on the Horn of a dilemma

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