Dopo aver descritto a livello generale il funzionamento della Politica Agricola Comune il prossimo passo è vedere cosa succede a livello nazionale, nello specifico in Italia. Vedremo la gestione dei fondi europei e le competenze statali e regionali in materia di agricoltura, per poi analizzare i successi e le criticità della PAC nel nostro Paese.
Partendo dall’alto possiamo vedere come l’articolo 4 del TFUE indica la materia agricola come “competenza concorrente” tra Unione e Stati membri. Questi in virtù della tipologia “concorrente” eserciteranno la propria potestà nella misura in cui l’Unione non abbia esplicato la propria.
Nonostante ciò, si calcola che più dell’80% del diritto nazionale in materia discenda da quello europeo, lasciando sia allo stato che alle sue articolazioni territoriali ben poca discrezionalità in materia agricola.
Proprio l’articolazione territoriale è importante nel continuare la nostra analisi. In Italia infatti, a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione, ai sensi dell’articolo 117, la materia agricoltura è competenza esclusiva delle regioni. Inoltre l’articolo 118 pone a fondamento della distribuzione delle funzioni amministrative i principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza. Tuttavia la Costituzione attribuisce allo Stato il potere esclusivo in materia di tutela della concorrenza, profilassi internazionale, tutela dell’ ambiente e dell’ecosistema e, soprattutto, dei rapporti con l’Unione Europea, tutti i settori che interagiscono in vario modo con la materia agricola.
Alla luce del quadro normativo europeo e nazionale spetta allo stato (Governo-Ministeri) il compito di rappresentare gli interessi nazionali in ambito europeo, siano essi di competenza regionale, per i quali il governo esercita solo un ruolo di rappresentanza, che di competenza statale, per i quali, invece, esso ha piena autorità.
L’agricoltura italiana nella dimensione europea
Con un fatturato di oltre 43 miliardi di euro nel 2013, l’Italia è la terza potenza agricola dell’Unione Europea. Francia e Germania sono davanti al nostro paese, ma utilizzano quantità maggiori di terreno e impiegano molti meno lavoratori. L’Italia ha una superficie agricola utilizzata di circa 13 milioni di ettari e gli occupati raggiungono quota 817 mila.
I sessant’anni di storia della PAC hanno contribuito a trasformare l’agricoltura italiana. Nonostante le criticità complessive, sono stati raggiunti gli obiettivi dell’autosufficienza alimentare, della qualità dei prodotti alimentari, della sostenibilità ambientale dell’agricoltura e dello sviluppo delle zone rurali.
294 prodotti DOP, IGP, STG e 523 vini DOCG, DOC, IGT. L’Italia è il Paese europeo con il maggior numero di prodotti a denominazione di origine e a indicazione geografica riconosciuti dall’Unione Europea.
Il sistema delle Indicazioni Geografiche dell’UE favorisce il sistema produttivo e l’economia del territorio; tutela l’ambiente, perché il legame indissolubile con il territorio di origine esige la salvaguardia degli ecosistemi e della biodiversità; sostiene la coesione sociale dell’intera comunità.
Allo stesso tempo, grazie alla certificazione comunitaria si danno maggiori garanzie ai consumatori con un livello di tracciabilità e di sicurezza alimentare più elevato rispetto ad altri prodotti.
Oltre a vari fattori economici e tecnologici la PAC ha storicamente avuto ed ha tutt’oggi un ruolo fondamentale nello sviluppo agricolo, in Italia e in Europa. Ha, ad esempio, influenzato la produzione di beni agricoli, stimolando sia la nascita che il declino di diverse coltivazioni. Ha sollevato questioni controverse come le “quote latte” ma ha anche introdotto i “premi zootecnici” nel settore della zootecnia o i diritti di impianto dei vigneti nel settore vitivinicolo.
In altre parole, la PAC con i suoi pregi e difetti ha contribuito a modificare tanti aspetti dell’agricoltura italiana come gli ordinamenti produttivi, il reddito agricolo, le tecniche produttive e il mantenimento della vitalità delle zone rurali, grazie alla politica di sviluppo rurale.
I fondi FEAGA e FEASR per la PAC
L’Unione Europea sostiene in concreto la produzione agricola dei Paesi della Comunità attraverso l’erogazione, ai produttori, di aiuti, contributi e premi. Tali erogazioni, finanziate dal FEAGA (Fondo Europeo Agricolo di Garanzia) e FEASR (Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale), vengono gestite dagli Stati Membri attraverso degli organismi ad hoc creati da questi.
FEAGA
Il Fondo Europeo Agricolo di Garanzia (FEAGA) è finalizzato alle sovvenzioni dirette all’agricoltura oltre che a regolare e sostenere il Mercato agricolo comune.
Il fondo nasce col Regolamento (CE) n. 1290/05, che istituisce gli strumenti FEAGA e FEASR in sostituzione dell’unico fondo preesistente FEOGA, che incorporava tutta la finanza della Politica Agricola Comune: quella legata alle sovvenzioni dirette e di regolamentazione del mercato (FEAGA), e quella di sostegno indiretto per gli interventi di sviluppo rurale (FEASR), di cui fanno parte anche i finanziamenti all’agricoltura dei Piani di Sviluppo Rurale regionali.
Il FEAGA, con la compartecipazione finanziaria dei singoli stati membri sovvenziona:
- le restituzioni fissate per l’esportazione dei prodotti agricoli nei paesi terzi;
- gli interventi destinati a regolarizzare i mercati agricoli;
- i pagamenti diretti agli agricoltori previsti dalla Politica Agricola Comune;
- alcune azioni di informazione e promozione dei prodotti agricoli nel mercato comune e nei paesi terzi, realizzate tramite gli Stati membri.
FEASR
Il FEASR è stato introdotto dal Regolamento del Consiglio Europeo dei ministri n.1290/2005 con la riforma della Politica Agricola Comune per semplificare la gestione della programmazione dello sviluppo rurale. Questo gestisce oggi tutti i fondi indiretti per lo sviluppo rurale.
Grazie al FEASR l’Unione ha al momento un sistema di programmazione unico per lo sviluppo rurale che aggrega in un solo programma tutti gli interventi.
Attraverso il FEASR, tutti i finanziamenti indiretti all’agricoltura per lo sviluppo sono gestiti dai Programmi di Sviluppo Rurale (PSR) che possono essere nazionali o regionali, a discrezione degli Stati membri. L’Italia ha scelto la programmazione regionale e questo ha comportato 23 PSR, considerando anche le due provincie autonome.
In linea con la strategia Europa 2020 e con gli obiettivi generali della PAC è possibile individuare tre obiettivi strategici di lungo termine per la politica dell’UE relativa allo sviluppo rurale nel periodo 2014-2020:
- garantire la gestione sostenibile delle risorse naturali e l’azione per il clima
- realizzare uno sviluppo territoriale equilibrato delle economie e comunità rurali, compresi la creazione e la difesa dei posti di lavoro.
- stimolare la competitività del settore agricolo
L’organizzazione del FEASR prevede tre livelli di programmazione:
- Comunitario: il Regolamento del Consiglio Europeo dei ministri n.1698/2005; Regolamento del Consiglio europeo dei ministri n.1974/2005; e orientamenti strategici comunitari;
- Nazionale: il Piano strategico nazionale per lo sviluppo rurale, predisposto dagli Stati membri;
- Regionale: il Programma di Sviluppo Rurale 2014-2020, predisposto dalle Regioni e sottoposto all’approvazione della Commissione Europea.
I finanziamenti europei per l’agricoltura del PSR provengono in parte dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e in parte da risorse nazionali e/o regionali.
Svantaggi e criticità del modello per l’Italia
Uno dei problemi per il nostro paese è rappresentato dalla scarsa protezione dei suoi prodotti di specializzazione. Tale problematica per l’Italia con l’attuale struttura della PAC è infatti spiegabile partendo dalla storia di questa: i pagamenti diretti sono in gran parte connessi alle diverse Organizzazioni Comuni di Mercato (OCM), istituite negli anni sessanta e seguenti.
Queste OCM concentravano il sostegno soprattutto su alcune produzioni come latte e carne bovina, cereali, colture industriali e oleaginose, foraggi essiccati, ortofrutta destinata alla trasformazione, tabacco. Salvo eccezioni di più modesto peso, gli ordinamenti produttivi specializzati in queste attività produttive sono caratteristici dell’agricoltura “continentale”. Invece le produzioni più tipicamente “mediterranee”, quali frutta e ortaggi freschi, vino, agrumi, fiori, ecc., sono state storicamente meno protette o non protette affatto.
Le differenze tra agricoltura continentale e mediterranea sono determinanti anche per la seconda criticità che investe il rapporto PAC-Italia.
Infatti, il gap tra queste due realtà è allargato dalla scarsa capacità dell’Italia di gestire con rapidità e di trasformare tempestivamente gli stanziamenti comunitari in pagamenti, nel quadro del secondo pilastro della PAC. Questa lentezza amministrativa, che affligge in particolare le regioni italiane meridionali classificate “meno sviluppate” (proprio quelle sulle quali paradossalmente si concentra la maggior parte del sostegno FEASR) si traduce in ritardi nei pagamenti o anche nel recupero da parte dell’UE dei fondi stanziati ma mai utilizzati.
Infine un’ulteriore penalizzazione italiana si evince nella distribuzione dei fondi PAC. Nelle ultime negoziazioni sulla gestione finanziaria (particolarmente segnate dalla necessità di ridurre i costi) è stata presa la decisione di adottare la SAU (superficie agricola utilizzata) come parametro di riferimento per l’erogazione dei fondi. Si è inoltre stabilito di procedere verso una eguale distribuzione di fondi per ettaro in tutto il territorio dell’Unione.
Focalizzandosi sul parametro della sola superficie si penalizzano paesi come l’Italia che, come detto precedentemente utilizza il suo territorio in maniera diversa dagli stati continentali. La scelta di ripartire i fondi in base alla SAU è stata dettata anche da ragioni pratiche (la facilità nella gestione e nel controllo dei pagamenti a superficie, facendo uso dei sistemi satellitari; la costanza della SAU nel tempo, a fronte della variabilità degli altri possibili parametri), ma certamente la scarsa opposizione dell’Italia ha favorito gli stati del nord e centro Europa con vaste superfici agricole, sia pure di più scarso valore economico e produttivo.
In conclusione, l’Italia rappresenta forse la più ricca vetrina europea nel settore agricolo, con produzioni attente alla qualità del prodotto e al rapporto di questo con il territorio, sia in termini economici che culturali. Le esigenze di riforma della PAC imporranno in un futuro ormai alle porte una razionalizzazione e una diminuzione dei fondi (soprattutto alla luce dell’uscita di un contribuente al bilancio comune come il Regno Unito). L’Italia può e deve essere d’esempio proponendo nuove modalità attente sia alla produttività che alla concorrenza, ma restando come sempre legate alla qualità del prodotto e al legame con il territorio, caratteristiche inimitabili dell’agricoltura italiana.
Fonti ed approfondimenti:
http://www.reterurale.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/17068
https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/9102