di Gabriele Morrone
Il concetto di nazione ha da sempre affascinato e diviso chi si occupa di relazioni internazionali. Se per nazione accettiamo la definizione generica di gruppo d’individui che condivide lingua, governo e territorio (F. Chabod, L’idea di Nazione, 1961, Editori Laterza), possiamo comprendere come tale visione non tenga conto delle sfumature e della complessità di molti quadranti geopolitici.
La storia del concetto di nazione è piuttosto lunga ed è prettamente legata alla storia politica europea. Non possiamo immaginare tale categoria politica, infatti, senza fare riferimento agli attori principali del Vecchio Continente: la Francia come esempio di nazione per eccellenza, la tormentata e sanguinosa storia della nazione tedesca, il nazionalismo come prodotto dell’Ottocento europeo e come benzina dei totalitarismi del ‘Novecento.
Se però si sposta l’attenzione su altri luoghi del mondo, si capisce la difficoltà di applicare in modo indiscriminato tale concetto ad ogni agglomerato umano. Eppure, in epoca coloniale e post-coloniale, tale errore è stato commesso frequentemente. Basti pensare alle regole coloniali francesi e in parte inglesi nei domini africani, la ricerca di leadership che potessero avere la pretesa di parlare a nome di nazioni esistenti sulla carta ma non nella realtà, come nel tragico caso del Congo o della Libia.
Sono numerosi gli esempi di minoranze che rimanevano inascoltate o divise nel momento in cui ex colonizzatori europei e nuovi governi fissavano i confini statali in nome di nuove o finalmente libere nazioni. La Penisola Arabica non fa eccezione: in una terra desertica e dominata dalle famiglie beduine, la nascita di nuovi Stati a cavallo degli anni ‘60 è ‘70 ha prodotto la frammentazione in stati-nazione di un territorio per nulla abituato a confini ed entità statali, ma dominato ancora da popoli nomadi e meno attenti ai legami territoriali.
Da nomadi ad apolidi
La storia dei Bedoon, o per completezza dei bidoon jinsiya (in arabo “senza nazionalità”) descrive alla perfezione quanto l’imposizione del modello di nazione è stato traumatico per parte della popolazione araba. La storia comincia nei primi anni ‘60, periodo durante il quale il Kuwait stava iniziando a organizzare le proprie istituzioni post-coloniali: parte della popolazione, residente nei nuclei più periferici del neo-Stato del Golfo e discendente da antiche tribù del luogo, non prese parte al censimento lanciato dal nuovo governo, vedendosi quindi negata la cittadinanza. Le ragioni della mancata partecipazione al censimento sono molteplici: naturale diffidenza nei confronti delle nuove istituzioni, analfabetismo, poca comprensione delle dinamiche stanziali e non più nomadi, e interessi del neonato governo.
Inoltre, anche i lavoratori provenienti da altri Stati del Golfo o del Medio Oriente che negli anni ’60 e ’70 migrarono in Kuwait attirati dalle opportunità lavorative o dalla possibilità di avere un lavoro sicuro tra le fila dell’esercito kuwaitiano – la cui componente Beedon fino agli anni Novanta rappresentava l’80% – vennero annoverati tra la popolazione Bedoon.
Va detto che subito dopo l’indipendenza del Paese le differenze tra i Bedoon e i cittadini riconosciuti si limitavano all’esclusione dei primi dall’esercizio del voto. I Bedoon potevano regolarmente svolgere qualsiasi lavoro, avevano accesso alla sanità pubblica e godevano degli stessi diritti civili dei cittadini del Kuwait. La situazione però cambiò rapidamente in seguito a due eventi traumatici che mutarono completamente il Medio Oriente e che ancora oggi influiscono sugli equilibri politici del Golfo: la Rivoluzione iraniana (1979) e la guerra tra Iraq e Iran (1980-1988)
Teste di ponte dell’Iraq?
Queste due cesure destabilizzarono il piccolo Kuwait, e il governo allora decise di dichiarare i Bedoon “residenti illegali’’. In parte ciò venne fatto per arginare il fenomeno dei disertori dell’esercito del vicino Iraq, che per evitare l’arruolamento coatto si dichiaravano Bedoon sperando di trovare rifugio in Kuwait.
Le conseguenze di tale scelta furono drammatiche: migliaia di Bedoon vennero licenziati, persero i più basilari diritti civili finendo per essere relegati ai margini della società kuwaitiana. La frattura si acuì ulteriormente in seguito all’invasione irachena del Kuwait del 1990: i Bedoon, che come detto rappresentavano la stragrande maggioranza dell’esercito, vennero incolpati dell’iniziale disfatta contro l’esercito di Saddam Hussein.
La collaborazione di alcuni Bedoon con l’esercito iracheno sancì la totale alienazione del gruppo dalla società del Kuwait; difatti tutti i Bedoon vennero dismessi dall’esercito, molti di loro vennero inoltre processati e imprigionati con l’accusa di collaborazionismo. Se quindi prima dell’invasione la situazione dei Bedoon era difficile, subito dopo essa divenne anche peggiore. Accusati di essere la testa di ponte del minaccioso vicino iracheno, e non potendo godere dei più elementari diritti, i Bedoon iniziarono ad ingrossare le fila del crimine. Non a caso, tuttora in Kuwait i Bedoon sono considerati la parte più arretrata della società, anche a causa dello stato di totale non alfabetizzazione nel quale sono stati relegati.
Le primavere arabe e la cittadinanza delle Comore
La situazione di sostanziale emarginazione di inizio anni ‘90 si è mantenuta fino ai giorni nostri; anzi, in certi frangenti la condizione si è addirittura aggravata. In occasione delle primavere arabe, tale popolazione apolide ha cercato di sfruttare i tumulti interni al mondo arabo per poter vedersi riconosciuti i più essenziali diritti connessi alla cittadinanza. Ovviamente, la partecipazione della minoranza Bedoon ha, se possibile, inasprito la posizione del governo kuwaitiano, che ha reagito alle manifestazioni di piazza con fermezza e reprimendo qualsiasi forma di dissenso.
Nonostante ciò, si possono registrare alcuni passi in avanti, forse proprio a causa della visibilità internazionale che i Bedoon hanno saputo guadagnarsi nel biennio 2011-2013. Al concludersi delle primavere arabe il governo ha annunciato il riconoscimento (per ora disatteso) di alcuni diritti fondamentali, come la possibilità di registrare nascite, matrimoni e funerali. Sempre nel 2013, a circa 80.000 Bedoon è stata riconosciuta la carta d’identità nazionale che però non è connessa al riconoscimento della cittadinanza kuwaitiana, ma solo alla regolarizzazione sul territorio.
La proposta che più di tutte si è avvicinata al riconoscimento di una nazionalità è quella datata 2014. La nazionalità in questione, però, non è quella del piccolo Paese del Golfo, ma delle isole Comore, una soluzione proposta anche dagli Emirati Arabi Uniti alla propria popolazione Bedoon. La minoranza ha però nettamente rifiutato tale escamotage: accettare la cittadinanza delle isole dell’Oceano Indiano avrebbe significato rinunciare al grado di protezione dall’allontanamento dal Paese garantito dalla condizione di apolidi.
Negli ultimi mesi la questione è stata affrontata anche dalle organizzazioni internazionali. Nel 2017 la Commissione ONU per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione ha formalmente richiesto al governo kuwaitiano di riconoscere i diritti basilari alla minoranza Bedoon, facendo diventare tale situazione di pubblico dominio.
Un futuro incerto
Ad oggi la situazione rimane cristallizzata ai piccoli progressi connessi alla fine delle primavere arabe. La soluzione però sembra lontana. La società kuwaitiana, similmente alle popolazioni autoctone degli altri Stati del Golfo, è restia a riconoscere la cittadinanza ai Bedoon, poiché si teme che tale riconoscimento potrebbe aprire la strada alle rivendicazioni di altre minoranze, che in Kuwait, così come negli EAU o in Qatar, rappresentano sempre di più le maggioranze produttive e poco tutelate dei Paesi.
Tale questione però dovrà essere risolta in qualche modo, poiché queste minoranze – ormai maggioranze – nel prossimo futuro potranno mettere a dura prova il difficile equilibrio tra prosperità economica e difesa dello status quo sul quale si reggono numerose monarchie del Golfo.
Fonti e approfondimenti:
Minority Rights Group International, Dec. 2017, Bidoon
“Kuwait. Bidoon, il popolo che non esiste”, Nena News Agency, 7/05/2015
Weiner, S., “The Politics of Kuwait’s Bidoon Issue“, Carnegie Endowment for International Peace, 20/10/2017
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