Il valore condiviso: la nuova sostenibilità aziendale

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

di Maria Colella

A quasi un decennio dalla pubblicazione dell’articolo sulla Harvard Business Review a cura di M. Porter e  M. Kramer (Creating shared value, 2011) che ne consacrò la sua affermazione, continua a persistere un intenso dibattito, non solo accademico, sul tema della creazione di valore condiviso da parte delle imprese (creating shared value, CSV in inglese). È importante dunque fare chiarezza su questo concetto, sulla sua evoluzione nel tempo e sull’attenzione crescente che sta avendo a livello internazionale. Ormai, il vestirsi di “verde” e l’essere “socialmente responsabile”  per un’impresa non basta più: è necessario rivoluzionare il paradigma se si vuole dare un nuovo futuro sostenibile al “fare impresa”, in risposta ad una società in continuo cambiamento ed in un’ottica di evoluzione delle pratiche di responsabilità sociale così come tradizionalmente intese.

Dalla responsabilità sociale d’impresa al concetto di shared value

Con il termine valore condiviso (shared value in inglese) si fa riferimento “all’insieme delle politiche e delle pratiche operative che rafforzano la competitività di un’azienda, migliorando nello stesso tempo le condizioni economiche e sociali della comunità in cui essa opera” (Porter, 2011). Tale nuovo approccio, basato su un rapporto di dipendenza reciproca tra la competitività delle aziende e il benessere delle comunità esterne a essa, attribuisce alle prime un ruolo nuovo e innovativo, superando i modelli tradizionali legati alla responsabilità sociale d’impresa (Corporate social responsability, CSR ,in inglese).  In particolar modo il tema della responsabilità sociale delle imprese ha cominciato ad essere discusso e affrontato nella società americana degli anni ’50, dove alle sporadiche iniziative filantropiche di aziende sensibili alle questioni sociali (condizioni abitative dei lavoratori, condizioni di salute e sicurezza previdenziale), cominciò a sostituirsi un modello strutturato che vide prima nella figura dell’uomo d’affari, poi nell’impresa quale soggetto economico, la responsabilità di azioni che andavano ben oltre la sfera economica (massimizzazione dei profitti) e legale (rispetto delle leggi). Fu soltanto nel 1979, grazie al contributo dell’economista A.B. Carroll, che cominciò ad affermarsi una prima visione moderna di  CSR che vedeva nel soddisfacimento simultaneo di una più ampia gamma di responsabilità da parte delle imprese, un miglioramento dello sviluppo economico e sociale delle società in cui quest’ultime erano inserite. In altre parole, si includeva l’idea che le organizzazioni non avessero soltanto obblighi economici e legali, ma anche responsabilità etiche e discrezionali (filantropiche).

Con l’evoluzione del concetto si è assistito a un ampliamento di responsabilità anche nei confronti degli stakeholders o portatori di interesse interni ed esterni fino a coniugare la nozione stessa di sviluppo sostenibile: essere socialmente responsabili significa soddisfare pienamente gli obblighi economici e giuridici applicabili, facendosi carico nello stesso tempo di iniziative volte a individuare e a rispondere alle aspettative economiche, sociali e ambientali dei numerosi interlocutori che influenzano e sono influenzati dalle attività delle imprese. 

 

Creare valore condiviso

Ma ciò che propongono M. Porter e M. Kramer nel loro articolo del 2011, ponendosi sulla scia delle teorie legate alla CSR, è un radicale cambio di prospettiva, partendo dalla consapevolezza di una stretta interconnessione tra la competitività di un’impresa e il benessere della comunità circostante. Il valore condiviso viene visto come una nuova e innovativa strategia per il successo economico, generando nello stesso tempo progresso e valore sociale attraverso l’integrazione delle questioni ambientali e dei bisogni sociali nel core business e nelle strategie delle imprese. Le modalità funzionali che i due autori individuano per la creazione di valore condiviso sono essenzialmente tre:

  • riconcepire prodotti e mercati; 
  • ridefinire la produttività lungo la catena del valore;
  • facilitare lo sviluppo di cluster locali.

La novità apportata da questa nuova concezione potrebbe riuscire a generare un’inversione di paradigma, capace di riorientare il capitalismo verso una nuova ondata di crescita globale, cercando di superare quel trade off della visione neoclassica, e nello stesso tempo andando oltre il mero concetto di CSR: un fallimento di quest’ultima legato principalmente all’aver concepito come costo e come estranee alle strategie e al business delle imprese quelle azioni  “da buon cittadino”, spesso portate avanti in modo generico e non continuativo come riciclare i rifiuti, fare donazioni per cause sociali ecc.

 

Un esempio tutto italiano

Il gruppo Sanpellegrino, azienda leader nel settore delle acque minerali e del beverage, è un esempio nostrano di come l’adozione di strategie volte alla creazione di valore condiviso e alla crescita sostenibile abbiano portato a ricadute positive in chiave economica, ambientale e sociale. L’obiettivo dell’azienda verso una migliore qualità della vita è sviluppato lungo tre pilastri fondamentali: generazioni più sane, comunità al centro e sostenibilità per il pianeta. Identificando il proprio bisogno sociale nella salute e nel benessere della collettività, Sanpellegrino ha promosso l’importanza di un consumo adeguato d’acqua e di una corretta idratazione, fornendo bevande più sane (meno zuccheri) e senza conservanti. La salvaguardia della risorsa idrica e del territorio, la riduzione degli impatti lungo tutte le fasi del processo produttivo e della distribuzione, il recupero e riciclo dei materiali e un trasporto e una logistica eco-sostenibile sono alla base delle politiche di sostenibilità ambientale. Seguendo questa linea, oltre a perseguire tre dei cosiddetti SDGs (6,8,12), nel 2017 l’azienda ha aderito allo standard internazionale Alliance for Water Stewardship, che promuove la gestione sostenibile delle risorse idriche locali e la tutela dei territori, impegnandosi a certificare tutti i propri stabilimenti entro il 2025. Inoltre, dal 2011, oltre ad aver privilegiato le fonti alternative di energia (tutti gli stabilimenti del gruppo utilizzano energia elettrica proveniente al 100% da fonti rinnovabili, certificata RECS, Renewable Energy Certificate System), vi è stata una riduzione delle emissioni di CO2 del 50%, considerando tutti i siti produttivi nel periodo 2010-2017. Questi, come altri progetti volti alla valorizzazione del territorio, in collaborazione con organizzazioni e istituzioni sia a livello locale che nazionale, rappresentano l’impegno concreto di un’azienda che utilizza il valore condiviso come modus operandi nel suo approccio alla sostenibilità, generando, nello stesso tempo, valore economico per sé stessa.

 

Conclusioni

In sintesi, lo Shared Value si presenta come uno strumento capace di indirizzare le imprese verso una nuova forma di sostenibilità aziendale che vada oltre la  mera “politica d’immagine”, in favore di un nuovo tipo di adattamento aziendale, capace di generare nuove opportunità di innovazione e successo. Questa è la peculiarità di tale concetto, che si presenta più come una forma di strategia aziendale – sebbene sia privo di un vero e proprio modello operativo da seguire e da poter adattare a ogni realtà – e di strumenti univoci utili a misurare l’interazione tra le performance economiche, sociali e ambientali. Per le aziende intraprendere questa strada significa abbandonare quella visione di breve periodo orientata al solo profitto; un esempio positivo in tale direzione è Sanpellegrino, che ha indirizzato prevalentemente le proprie iniziative verso l’ottimizzazione e l’innovazione di tutte le fasi del suo processo produttivo e distributivo. Ispirandosi a un modello di sostenibilità e circolarità, l’azienda ha puntato alla valorizzazione delle risorse idriche, alla tutela dell’ambiente e alla promozione di una cultura dell’acqua, cercando così di superare quell’approccio che vedeva il solo sostegno all’ambiente, la conformità alle normative e il risparmio energetico quali responsabilità dell’impresa. 

 

 

Fonti e approfondimenti

Camilleri M. A. 2017, “Corporate Sustainability, Social Responsibility and Environmental Management: An Introduction to Theory and Practice with Case Studies”, Springer.

Porter, Michael E. and Mark R. Kramer, Creating Shared Value, Harvard Business Review 89, nos. 1-2 (Gennaio /Febbraio 2011). 

Porter, Michael E. and Mark R. Kramer, Strategy and Society: The Link Between Competitive Advantage and Corporate Social Responsibility, Harvard Business Review, Dicembre 2006.

Sanpellegrino, “CSV Report Update 2018. The Future we share, 2018.

 

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