Biden verso la vittoria, i giovani non bastano a Sanders

A una settimana di distanza dal Super Tuesday, le primarie democratiche hanno fatto tappa in sei Stati, in una manche meno importante da un punto di vista simbolico, ma altrettanto decisiva per il futuro della competizione, soprattutto per Biden.

In seguito al ritiro di Warren e Bloomberg, motivato in entrambi i casi da un risultato molto al di sotto delle aspettative nel voto di martedì scorso, Biden si è presentato alla vigilia fresco di endorsement da parte di noti esponenti del Partito Democratico, compresi gli ex candidati alla presidenza Harris, Booker e lo stesso Bloomberg.

In vista del voto, erano in molti ad aspettarsi una presa di posizione anche da parte di Warren, candidata ideologicamente più vicina a Sanders; tuttavia, la senatrice ha preferito limitarsi a concludere la campagna senza dare indicazioni ai suoi elettori. 

Delineati gli schieramenti, e rimasti solamente Biden e Sanders a correre per la Casa Bianca, i democratici si sono recati alle urne in Michigan, Mississippi, Missouri, Idaho, Washington e North Dakota. Come da pronostico (i sondaggi lo davano ampiamente in vantaggio), è stato il vicepresidente di Obama a uscirne da vincitore, sfruttando in questo modo il momento positivo cominciato una settimana fa. 

Il successo di Biden

Su sei Stati al voto, Biden si è aggiudicato la netta maggioranza degli elettori in quattro, mentre a Sanders è rimasta come unica soddisfazione la vittoria in Nord Dakota. Nello Stato di Washington, infatti, dove il calcolo deve ancora essere completato, i due sono testa a testa. I fari erano puntati soprattutto sul Michigan, dove venivano assegnati più di un terzo (125) dei delegati totali della tornata. 

Se alle primarie del Michigan 2016 Sanders era riuscito a ottenere più voti della sua sfidante in quasi tutte le circoscrizioni, quattro anni dopo la situazione si è completamente rovesciata.

Biden ha prevalso ovunque, potendo contare sul voto dell’elettorato afroamericano (18% del totale), che si dimostra sempre molto fedele all’ex di Obama, e, in misura maggiore rispetto a Clinton, sul voto delle donne.

Chi vota per Biden

Un altro dato interessante riguarda le diverse zone di voto: Biden è riuscito a vincere nelle città più grandi, nei sobborghi e nelle zone rurali; questo dato riflette l’ampiezza del fronte che è riuscito a riunire, in quanto a zone diverse corrispondono storicamente intenzioni di voto differenti. 

In effetti, i dati forniti dagli exit polls dimostrano che oggi Biden risulta un candidato credibile non soltanto per l’elettorato afroamericano e gli elettori con più di 65 anni, ma anche per i lavoratori bianchi della classe operaia e con basso titolo di studio. Infatti, se in Mississippi la vittoria a larghissimo margine si può comprendere facilmente, pensando che in questo Stato gli afroamericani rappresentano più o meno il 70% degli elettori dem, il risultato in Missouri e Washington è dovuto anche agli elettori bianchi, che quattro anni fa costituivano uno degli zoccoli duri dell’elettorato di Sanders. 

Come già rilevato nel voto della settimana scorsa, un altro dato interessante è quello relativo al momento della scelta del candidato: in tutti gli Stati, molti elettori (tra il 20% e il 30%) hanno deciso nelle ultime settimane, se non proprio negli ultimissimi giorni, chi votare alle primarie. È probabile che molti elettori di Biden provengano dalle file dei candidati che hanno abbandonato la competizione, mentre Sanders non ha ottenuto alcun vantaggio da questo sviluppo.

La sconfitta di Sanders

Dopo la netta sconfitta di una settimana fa, che nel giro di una notte ha visto sfumare le grandi aspettative, con il voto di ieri si è consumata un’altra giornata difficile per il senatore del Vermont. Mentre Biden è stato capace di vincere nel Sud e nel Midwest allargando il consenso a suo favore, Sanders non solo non è riuscito ad espandere il suo bacino, ma ha finito per conseguire dei risultati molto inferiori a quelli ottenuti quattro anni fa, portando oltretutto meno elettori al voto. 

Infatti, per combattere ad armi pari con Biden, Sanders avrebbe dovuto almeno contare a pieno sui giovani e sulla classe operaia, visto che i latinx, altro suo gruppo di riferimento, non costituivano una parte in grado di spostare gli equilibri negli Stati andati al voto. Tuttavia, come testimoniano i dati relativi alle fasce anagrafiche, anche se la base più forte di Sanders si conferma quella composta dagli elettori di età compresa tra i 18 e i 30 anni, rispetto al 2016 questa rappresenta una percentuale più bassa sul totale dei votanti. In tutti gli Stati, le fasce più rappresentate al voto sono state quelle costituite dagli over45, tra le quali il consenso per Sanders è molto basso.

Ebbene, se fin dall’inizio della campagna era molto complicato pensare a un esito diverso per quanto concerne gli afroamericani – a nulla è valso l’endorsement di Jesse Jackson arrivato in settimana -, si può affermare che la strategia di Sanders di puntare a rafforzare il consenso nella sua base “storica” per ora non ha pagato.

Considerato anche che tra gli elettori di Biden figura, oltre agli elettori “moderati”, anche una parte cospicua di quelli che si definiscono “un po’ liberali”, è evidente come si sia formata una certa distanza anche rispetto agli elettori potenzialmente più appetibili, che non sono stati raggiunti dal messaggio “Not me, US.

Tra l’altro, in un momento in cui l’emergenza per il coronavirus ha cominciato a toccare anche gli Stati Uniti, la proposta di riforma sanitaria avanzata dal senatore del Vermont poteva essere uno degli aspetti su cui insistere di più nei giorni prima del voto. Allo stesso tempo, anche alla luce del trend positivo per Biden, alcuni osservatori hanno ritenuto che, rispetto alla messa in discussione del sistema sanitario, quella che si imporrà nei prossimi mesi sarà piuttosto una richiesta di sicurezza e stabilità, più facilmente interpretabile da Biden. 

Una partita chiusa?

Il primo test da front-runner per Joe Biden hanno dato esito positivo: i risultati di ieri lo confermano come il favorito per la candidatura democratica. L’ex vice di Obama sembra avere tutte le carte in regola per portare avanti la sua corsa nel migliore dei modi, forte di un sostegno che spazia su più fronti e che in questo momento non vede grandi ostacoli all’orizzonte. Infatti, diversi Stati al voto nelle prossime settimane condividono una cospicua minoranza afro-americana, in grado di determinare l’esito finale a suo favore. Sul lato opposto, Sanders deve riprendersi in fretta per ristabilire quantomeno un legame con la sua base elettorale; se non dovesse riuscirsi neanche al prossimo appuntamento, la partita potrebbe chiudersi in anticipo. 

Fonti e approfondimenti

Burns A., Martins J., Biden Takes Command of Race, Winning Four States Including Michigan, The New York Times

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