Difesa comune europea: una lunga storia

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Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

di Anita Armenise

L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e i timori di un allargamento del conflitto verso ovest hanno riportato il tema della difesa al centro del dibattito politico europeo. L’UE non possiede un esercito comune, inteso come forza militare unificata sotto un unico comando. Ma la spinta delle guerre in Ucraina e in Medio Oriente negli ultimi mesi ha sollevato, più volte, degli interrogativi sull’autonomia strategica europea. La situazione potrebbe cambiare con le elezioni europee.

La Difesa al centro delle elezioni

La difesa UE è sotto i riflettori come uno dei temi decisivi della campagna per le elezioni europee di quest’anno.

Ursula von der Leyen, dopo aver annunciato la prima strategia industriale di difesa, ha enfatizzato l’importanza di istituire una nuova figura all’interno della leadership dell’Unione europea: un Commissario per la Difesa. 

Attualmente non esiste un Commissario incaricato di occuparsi esclusivamente della difesa comunitaria. La sua gestione è infatti suddivisa tra due delegati: l’Alto rappresentante per gli Affari Esteri e la Politica di sicurezza – incarico oggi ricoperto dallo spagnolo Josep Borrell – e il commissario per il Mercato interno – il francese Thierry Breton. 

Una politica di sicurezza comune

Sul piano politico ci sono due grandi incertezze che gravano da sempre sul futuro di una politica di difesa europea. A impedire la realizzazione di un programma di sicurezza, sin dalla nascita del progetto comunitario, sono il grado di integrazione e le relazioni con la Nato.

Negli anni Novanta, il tema della sicurezza europea fu concretamente discusso. Il Trattato di Maastricht fu decisivo in questo senso, oltre che per l’Unione monetaria. Esso portò alla ribalta nuove discussioni sull’unione politica europea: erano gli anni in cui dalla CEE si passava all’UE. 

Maastricht, oltre alla questione economica, introdusse il tema delle politiche securitarie e della cosiddetta PESC. Era la prima volta che si parlava di agire con una Politica Estera di Sicurezza Comune. Nonostante le buone intenzioni, le decisioni all’interno del Consiglio venivano prese con il metodo intergovernativo, che presuppone che ognuno degli Stati membri rappresenti le proprie istanze. La questione della cessione della sovranità all’epoca rappresentava un problema non di poco conto, che contribuì a rallentare il raggiungimento di un obiettivo comune. 

I rapporti con la NATO

Francia e Germania, dopo il tentativo degli Eurocorp del 1992, spingevano per convertire l’Unione europea occidentale nel braccio armato della comunità. L’UEO era nata nel 1948 in seguito al Trattato di Bruxelles con lo scopo di promuovere la cooperazione europea nel campo della sicurezza e della difesa: con essa veniva istituito un patto di autodifesa collettiva tra i 5 Stati contraenti: Belgio, Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi e Regno Unito.

Tuttavia le spinte dei due leader europei più indipendentisti trovarono l’opposizione di Paesi come Gran Bretagna e Olanda che non volevano indebolire la NATO. A frenare gli entusiasmi, fu infatti soprattutto il tema dei rapporti con l’Alleanza atlantica. Che fece virare il progetto verso nuove iniziative e programmi meno “potenti” e più frammentari. 

Nel 1992, sempre in base a Maastricht, l’Unione europea occidentale fece proprie le missioni di Petersberg. Veniva allora approvata la possibilità per l’UE di prendere parte, con truppe dei Paesi membri, ad operazioni di soccorso umanitario e di salvaguardia della pace. Questi aspetti rimanevano in una sfera intergovernativa e richiedevano un ampio consenso tra gli Stati membri, non facile da raggiungere.

Nel 1995 nacque l’Eurofor, una forza operativa di reazione rapida del Mediterraneo di cui facevano parte militari francesi, italiani, portoghesi e spagnoli. Gli fece seguito l’EuromarforForza Marittima Europea – costituita grazie agli accordi tra Francia, Spagna, Portogallo e Italia. L’Euromarfor aveva come compito principale quello di contribuire al mantenimento della pace ed allo sviluppo della sicurezza in ambito europeo. Le forze difensive dipendevano dell’UEO, fino al giugno del ’99 quando il Consiglio europeo di Colonia decise che di lì a poco le funzioni operative – in termini di sicurezza – sarebbero state trasferite dall’UEO all’UE.

Scetticismi atlantisti

Gli Stati Uniti, dal canto loro, ben vedevano – seppur con prudenza – tutte queste evoluzioni europee. Nel vertice di Berlino del ’96 si creò l’Identità di sicurezza e difesa europea. Qualche anno dopo, con gli accordi Berlin Plus, veniva permesso alle forze unitarie di usare strutture, personale e mezzi Nato, di scambiarsi informazioni più assiduamente, e di accedere alla pianificazione atlantica per operazioni a guida UE. 

Nel ’99, con il vertice di Colonia, la PESC divenne PESD e vennero istituiti nuovi organi particolari. Il Comitato politico e di sicurezza (COPS), incaricato della direzione strategica e del controllo delle operazioni militari e dell’attuazione delle decisioni. Il Comitato militare, composto dai Capi di Stato maggiore della Difesa dei Paesi membri, organo di consulenza tecnica del COPS e di direzione dei militari. Lo Stato Maggiore UE, struttura tecnico-militare, responsabile nei confronti del Comitato militare della componente operativa e di pianificazione strategica. 

Separate ma non separabili 

L’intensificarsi di tutti questi progetti vide sopraggiungere l’opposizione degli Stati Uniti, riluttanti rispetto all’indipendenza degli apparati europei rispetto a quelli dell’Alleanza atlantica. 

La segretaria di Stato durante il secondo mandato Clinton, Madeleine Albright, enunciava le tre D – No Duplication, No Discrimination e No Decoupling– con cui limitava di fatto i canali d’azione dell’Europa in materia di difesa e sicurezza. Evitare la duplicazione dell’operato Nato, evitare la divisione strategica da essa, evitare ogni discriminazione dei Paesi NATO non membri UE: Canada, Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Islanda, Norvegia, Turchia e USA. Le forze europee potevano quindi crescere separate ma non separabili dall’Alleanza Atlantica. 

Le speranze comunitarie, però, non si spensero. Nel 2004 fu creata l’EDA (European Defense Agency) con lo scopo di promuovere la ricerca di tecnologie per la difesa e la cooperazione sugli armamenti. Un nuovo slancio lo diede anche la Costituzione europea, dello stesso anno, che assumeva nel nuovo Trattato una dimensione ed una visibilità maggiore. E che prevedeva l’inizio di un processo di graduale definizione della politica di difesa comunitaria. 

Il problema della cessione della sovranità

Pochi tuttavia restarono i progressi, limitati alla standardizzazione delle armi, al campo navale con la fregata europea, ma nulla di più. Negativo fu anche l’impatto della guerra scoppiata nei territori dell’ex Jugoslavia sull’immagine e l’ambizione della neonata Unione europea. Che si rivelò incapace di dare un contenuto alla PESC e di risolvere in maniera concorde un grave conflitto che si manifestava alle porte di casa. 

Se per il pilastro economico gli Stati membri acconsentirono a cedere una parte della loro sovranità, quella monetaria – in cui la Commissione ha potere e non il Consiglio – come evidenzia il passaggio ad una moneta unica, non avvenne lo stesso per la politica di sicurezza comune, che mantenne un metodo intergovernativo.

Il filo rosso che serpeggia in tutte le discussioni sulla sicurezza è la questione dei compromessi tra governi e Comunità europea per la cessione della sovranità. Sovranità che avrebbe dovuto essere progressivamente e parzialmente ceduta da Maastricht a Lisbona. 

Un’evoluzione in positivo dipendeva – e dipende tutt’oggi – dalla capacità dei governi di rendere comuni le politiche e le competenze dell’UE sempre più ampie. Il problema, infatti, oggi come allora, è che sui temi di politica estera, e quindi sui temi di politica securitaria, l’UE non riesce a superare la logica intergovernativa.

 

Fonti e approfondimenti

Baccini, F., “EU Commission ready to present strategy for the European defence industry”, Eunews, 16/02/2024.

Cangelosi, R.A., “Sicurezza e difesa Ue, un problema di autonomia”, L’Eurispes, 22/01/2024.

Fassi, E., 2008. L’Europa in cerca di sicurezza. Sintesi Limiti e prospettive della “nuova” visione strategica dell’Ue. ISPI.

Di Bernardini, L., “La Politica di Sicurezza e di Difesa Comune dell’Unione Europea: a che punto siamo?“, Lo Spiegone, 16/10/2020

Lo Spiegone, “Difesa comune europea: è giunto il momento?“, 7/06/2016

Parlamento europeo. Politica di sicurezza e di difesa comune.